Punto diplomatico. L’Iraq libero parte da Umm Qasr

E’ questione di giorni. Il primo embrione di governo ad interim per il nuovo Iraq dovrebbe formarsi a Umm Qasr, il porto nel sud del paese liberato dalle truppe anglo-americane nei primi giorni di guerra. E mentre a Baghdad gli americani combattono strada per strada e a Bassora l’assedio premia la tattica determinata degli inglesi, l’Iraq democratico prende le sue prime forme. La politica si sostituisce alle armi laddove la situazione è saldamente sotto il controllo degli alleati. A tracciare le linee guida del dopo-Saddam è stato il consigliere per la Sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, che ha annunciato la scelta dell’Amministrazione di avviare la fase politica prima ancora che la guerra sia conclusa. Un governo nuovo nella zona liberata dell’Iraq può accelerare la ricostruzione morale e economica del paese e l’arrivo e la distribuzione dei primi aiuti. Ma può soprattutto fornire al resto del paese un esempio concreto per abbandonare le armi e avvicinare la fine del regime.

Quel che è apparso chiaro dalle parole della Rice è che gli Usa hanno già delineato i contenuti e le forme dell’Iraq liberato. Il governo del dopoguerra spetta alle nazioni che si sono assunte la responsabilità e gli oneri della guerra: Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia. Inutile pensare a un ruolo di primo piano dell’Onu. D’altronde la pace e la ricostruzione sono fasi fondamentali quanto la guerra nel dispiegamento della strategia americana: annullare un regime dittatoriale e terrorista come quello di Saddam e provare a inserire nel contesto mediorientale un’esperienza democratica. Difficile pensare che chi non ha supportato la prima (e più difficile) fase di questo progetto possa subentrare per gestire la successiva. Su questo punto non appare così forte il contrasto in seno all’Amministrazione Bush. Powell, a Bruxelles nei giorni scorsi, aveva forse usato toni più sfumati, ma aveva detto le stesse cose: i paesi vincitori gestiranno il dopo Saddam, l’Onu e le nazioni europee che hanno osteggiato la guerra potranno giocare un ruolo marginale.

Bush e Blair tornano a incontrarsi in un secondo vertice di guerra. L’appuntamento è questa volta in Europa, nell’Ulster. Rispetto al primo vertice di Camp David, lo scenario bellico è molto più chiaro e sebbene la guerra non sia per nulla finita e gli alleati si trovino di fronte a quello che appare il momento più delicato, l’assedio e la presa di Baghdad, i due leader potranno approfondire alcuni aspetti legati al dopoguerra. Il vertice dimostrerà se ci sono davvero forti divergenze tra Washington e Londra. Per il momento queste divergenze appaiono più desideri delle cancellerie europee, rimaste spiazzate dalla rapida e felice conduzione della guerra nell’ultima settimana. Chi puntava sugli anglo-americani in difficoltà, bisognosi di una sponda europea per superare l’impasse con il mondo arabo, è rimasto deluso. I rapporti di forza dopo questo conflitto saranno ben diversi da quelli esistenti alla vigilia. Bisogna che l’Unione Europea se ne faccia una ragione e s’interroghi se ha ancora qualcosa da dire nello scacchiere internazionale. (p. men)

7 aprile 2003

pmennitti@ideazione.com
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