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Punto diplomatico.
Bush e Blair, i leader tornano a fare la storia
Chissà se la stampa euro-continentale avrà il coraggio di dipingerli
come due uomini soli, isolati nel bunker di Camp David, a disegnare
strategie di guerra per la conquista del mondo. Ne sarebbe capace se è
stata in grado di descrivere la felice avanzata verso Baghdad delle
armate alleate come una via crucis, emozionandosi ad ogni colpo di coda
delle truppe di Saddam, anche se organizzato con l’inganno di una falsa
resa. Ma Bush e Blair, i due leader di un’Occidente in guerra che
mercoledì e giovedì si incontreranno per la prima volta dopo l’inizio
delle operazioni, si portano appresso le prime briciole di successo, i
primi gradi della vittoria. Si portano il consenso della maggioranza dei
loro elettori, una maggioranza saldamente mantenuta da George Bush (76
per cento gli ultimi polls) e tenacemente riconquistata da Tony Blair
(56 per cento), che solo qualche giorno prima sembrava dover affogare
sotto la marea delle manifestazioni pacifiste e le dimissioni dei suoi
compagni di partito e di governo.
E invece no, Bush e Blair, l’ala destra e l’ala sinistra di uno
schieramento che sa ancora giocarsi con coraggio e determinazione il
proprio destino e i propri valori, si ritrovano per due giorni nelle
stanze della residenza presidenziale di Camp David, nel verde della
campagna del Maryland, a una settimana esatta dall’inizio del conflitto.
Si scambieranno le note informative, faranno il punto della situazione,
parleranno anche del dopo Saddam che si profila complesso ma
affascinante: un’opportunità unica per aprire una nuova fase politica
nel Medio Oriente, una scommessa che Bush e Blair non possono perdere.
L’ultima volta si erano visti nel mezzo dell’Oceano Atlantico, in quel
vertice delle Azzorre in compagnia di José Maria Aznar, la “gamba
latina” del tavolo euro-atlantico. Era il giorno della rottura degli
indugi, il giorno più difficile. Di lì a qualche ora il presidente
americano avrebbe lanciato l’ultimatum definitivo a Saddam e l’attacco
sarebbe stato questione di ore. Adesso la battaglia è in corso, le
truppe sul campo si concentrano attorno a Baghdad, in vista della
battaglia decisiva, di quel momento cruciale che dovrà segnare la fine
del regime. I capi di governo che li avevano appoggiati politicamente
sono scivolati fuori scena, lasciando il campo ai due capi con
l’elmetto. Bush e Blair hanno già affrontato l’onda d’urto dell’emozione
per le prime vittime sul proprio fronte e preparano l’opinione pubblica
a sopportare nuove, drammatiche perdite. Hanno l’aria forte di chi sa
cosa sta facendo e perché. E trasmettono questa sicurezza ai loro
popoli, che sono tornati a determinare il senso della storia. Gli altri
sono rimasti indietro.
(p. men)
26 marzo 2003
pmennitti@ideazione.com |
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