Punto diplomatico. Vertice Ue, l’Europa in stallo

Se l’Irak ribolle per l’intensificarsi del conflitto bellico, l’Europa gela per i rapporti ormai compromessi fra i suoi principali leader. Convocato ieri sera a Bruxelles il Consiglio europeo si è svolto in un clima di forte tensione. Francia, Germania e Belgio, i paesi che si sono spinti in là verso la rottura della solidarietà atlantica da un lato. Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Italia, Olanda dall’altra, i paesi che hanno mantenuto una posizione filo-atlantica, rafforzata dall’appoggio di gran parte dei paesi dell’Europa dell’allargamento. In mezzo la Grecia, presidente di turno della Ue, che ha tentato un’opera di mediazione, formalmente riuscita. Il documento finale, approvato dal Consiglio, considera “assolutamente imperativo ritrovare l’unità della comunità internazionale”. Sembrerebbe profilarsi per l’Unione Europea un ruolo di mediazione. Ma politicamente questa soluzione pare estremamente debole, anche perché a sua volta risultata da una mediazione. D’altronde bastava osservare il gelo tra Blair e Chirac che si sono ignorati per gran parte della seduta, dopo che per l’intera giornata le due diplomazie si erano scambiate accuse di fuoco.

Non era questo il momento di riprendere il discorso sull’Europa, anche se il presidente Romano Prodi, evidentemente consapevole del baratro scavatosi con gli Stati Uniti, si era detto preoccupato dell’incomprensione tra i due vecchi alleati e auspicava la costruzione di una dimensione estera della politica europea non in contrasto con quella americana. Preoccupazione recepita dal documento elaborato dai greci che ribadiva “la necessità di rafforzare la partnership transatlantica, che rimane una priorità strategica fondamentale per l'Ue”. L’impressione è però che Bruxelles continui a sottovalutare quanto accaduto in questi mesi, non guardi in faccia alla realtà: dal documento franco-tedesco all’appello degli otto, sino al vertice delle Azzorre, la divisione non corre tra Stati Uniti ed Europa ma all’interno della stessa Europa. Tra la Vecchia e la Nuova Europa.

Che il vertice Ue si sia concluso dando un colpo al cerchio e uno alla botte è testimoniato anche da un’altra parte della dichiarazione finale nella quale si richiede un rafforzamento del ruolo dell’Onu nel dopoguerra iracheno. “Pensiamo che l'Onu deve continuare a svolgere un ruolo centrale durante e dopo la crisi attuale”, afferma il documento “il sistema Onu ha una capacità e una esperienza uniche per coordinare l'assistenza negli Stati in situazioni di dopo conflitto. Il consiglio di sicurezza dovrebbe dare all'Onu un mandato forte per questa missione”. Una posizione sulla quale Bush aveva fatto due giorni fa qualche concessione ma che difficilmente può sostenere un consesso come quello europeo profondamente diviso al suo interno.

Lo stesso presidente americano, in una dichiarazione giunta in Europa nella serata, aveva detto di “apprezzare l’aiuto che i paesi alleati stanno dando all’azione complessiva della lotta al terrorismo”. Ma la giornata era iniziata, dal punto di vista diplomatico, dal fuoco di fila delle reazioni all’attacco militare che all’alba di Baghdad gli americani avevano lanciato contro obiettivi specifici del regime iracheno. Dure nella forma, meno nella sostanza, quelle di Russia e Cina, due paesi schierati sul fronte del no. Putin, che nei giorni scorsi aveva spalleggiato la Francia sino a minacciare l’utilizzo del veto in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu ha parlato dell’attacco all’Irak come di “un errore politico” ma non ha usato la parola condanna. Nello stesso tempo fonti del Cremlino hanno confermato per l’inizio di maggio l’incontro moscovita fra Putin e Bush: i due leader hanno in agenda molte questioni delle quali discutere, dunque nessun annullamento.

Ancora maggior prudenza da parte di Pechino che ufficialmente ha deplorato l’azione americana, ma niente più. In Cina è atteso fra qualche tempo il vicepresidente Usa Dick Cheney e le autorità comuniste non hanno alcun interesse a drammatizzare la divergenza sull’Irak. Chirac, dal canto suo, aveva auspicato una rapida conclusione del conflitto per evitare il rischio di una catastrofe umanitaria. Da segnalare anche la nuova presa di posizione del Vaticano che ha espresso “dolore” per l’abbandono di ogni trattativa e per l’avvio dell’azione militare. (p. men)

21 marzo 2003

pmennitti@ideazione.com
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