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Punto diplomatico.
Powell a Bruxelles, torna il dialogo fra occidentali
Se dopo nemmeno due settimane di guerra le attenzioni della diplomazia
sono già centrate sul dopo Saddam, qualcuno deve averci raccontato un
altro conflitto. Ancora tre giorni fa poco ci mancava che i bollettini
dal fronte annunziassero la vicina sconfitta delle truppe alleate. Tra
le inevitabili propagande che offuscano la corretta lettura di una
guerra, la gran parte della stampa europea aveva privilegiato le veline
di Baghdad. L’impasse degli eserciti della coalizione, la fiera
resistenza dei soldati iracheni, l’ostilità manifesta delle popolazioni
civili, gli errori della strategia militare, il caldo incombente, i
piani sballati, le truppe depresse, i generali arrabbiati… tutto si è
dissolto al sole della Mesopotamia e le Cassandre del catastrofismo
hanno trasportato armi e bagagli sulle ipotesi del dopoguerra.
Powell-Rumsfeld, divergenze non divisioni
In quest’ottica i lettori europei potranno assistere al prossimo
giochino, che ricalca tracce già disegnate durante le settimane delle
trattative con l’Onu. Colin Powell il buono, l’uomo della diplomazia, la
colomba pronta a ricucire i rapporti con Onu e Unione Europea da un
lato. Donald Rumsfeld il cattivo, l’uomo degli eserciti, il falco pronto
a governare per interposti generali (americani) l’Iraq dall’altro. Ma è
uno schema che non risponde alla vera rappresentazione
dell’Amministrazione di Bush. Divergenze di strategia sono certamente
presenti, e non da oggi, su come affrontare la lunga guerra al
terrorismo, iniziata con l’attacco agli Stati Uniti dell’11 settembre.
Ma le diverse posizioni si sono sempre confrontate all’interno
dell’Amministrazione sotto l’attento sguardo di Bush, pronto a decidere
sempre di testa sua, privilegiando ora una ora l’altra parte. Le
differenze, perché di questo si tratta non di divisioni, sono dunque
funzionali a una strategia che si adatta tatticamente a seconda delle
necessità.
USA-UE primo incontro dall’inizio della guerra
Ora Powell il buono, il fine diplomatico che ha però fatto saltare il
tavolo dell’Onu una volta accortosi che il Palazzo di vetro era
diventato un Palazzo degli specchi, è giunto in Europa. Prima tappa ad
Ankara, dove ha incontrato il nuovo premier Tayyip Erdogan e gli alti
ufficiali dell’esercito per smussare le incomprensioni delle ultime
settimane che hanno portato all’inattività del previsto fronte Nord
(vera causa dei rallentamenti dell’azione militare alleata dei primi
giorni) e per rassicurare i turchi sull’inutilità di un loro intervento
nel Kurdistan iracheno. Poi breve stop a Belgrado, per valutare le
conseguenze della crisi serba dopo l’assassinio del premier Djindrjic.
Infine Bruxelles, nella tana dell’Unione Europea. In programma c’è
l’incontro con i ministri degli Esteri dei Quindici, che dovrebbe però
tenersi in territorio neutro, alla Nato. Per il momento è previsto
l’incontro con l’omologo russo Ivanov e quello con la cosiddetta troika
europea: Papandreu (ministro degli Esteri greco: il semestre di
presidenza attuale è affidato ad Atene), Patten (Commissario per le
relazioni esterne) e Solana (rappresentante politica estera Ue).
Roma alla ricerca di un ruolo di mediazione
C’è chi dà molta importanza ai colloqui bruxellesi, immaginando che si
parlerà del dopoguerra e del progetto di transizione politica in Iraq
che secondo gli auspici europei dovrebbe essere affidato all’Onu. Ma il
significato di questi colloqui sta soprattutto nel fatto che ci saranno.
Perché è difficile che ci si possa addentrare in confronti così
approfonditi se l’Europa stessa resta divisa al suo interno. Per ora è
già un buon risultato che siano ripresi i contatti ufficiali tra i
partner dell’Unione che hanno espresso posizioni divergenti sulla
guerra. Molto attivo in questi giorni il ministro degli Esteri francese,
de Villepin, che ha appoggiato la richiesta dell’Italia di allargare la
riunione a tre (Francia, Germania, Belgio) sul futuro della forza
militare europea a tutti i rappresentanti dei Quindici. Un gesto
distensivo soprattutto verso Londra. L’Italia spera di ritagliarsi un
ruolo di mediazione, in vista del suo semestre di presidenza. I contorni
dell’azione di Roma nel prossimo semestre cominciano a prendere forma.
(p. men)
3 aprile 2003
pmennitti@ideazione.com |
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