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Punto diplomatico. Rumsfeld: obiettivo Saddam
Diplomazia di
guerra in primo piano nella giornata di ieri. Sugli scudi il ministro
della Difesa americano Donald Rumsfeld, in una conferenza stampa
attesissima, tenuta un paio d’ore dopo l’avvio dell’A-Day, la massiccia
offensiva di bombardamenti contro l’Irak. Rumsfeld ha fatto il punto
sulla situazione militare del momento evidenziandone anche le
conseguenze di ordine politico. Innanzitutto la caccia a Saddam Hussein,
sul quale si susseguono indiscrezioni che lo vorrebbero ferito. La tv
irachena lo ha mostrato mentre incontrava il figlio Qusay che comanda la
Guardia repubblicana ma ufficiali dell’Intelligence americana sospettano
che quelle immagini siano state registrate prima dell’inizio del
conflitto. Poi Rumsfeld ha sottolineato come si intensifichino le
diserzioni dei militari iracheni e soprattutto dei comandanti. Fonti del
Pentagono confermano che sono in corso contatti fra membri
dell’Intelligence e alcuni generali dell’esercito iracheno con
l’obiettivo di accelerare una resa incondizionata e risparmiare al paese
arabo bombardamenti a tappeto.
Tensione fra
Washington e Bruxelles. Aspro scontro verbale tra il segretario di Stato
Colin Powell e il presidente francese Jacques Chirac. Quest’ultimo, nel
corso della conferenza stampa mattutina al termine del Consiglio
europeo, si era dichiarato contrario a una risoluzione delle Nazioni
Unite che “affidi ai belligeranti americani e britannici i poteri di
amministrazione dell’Iraq”. La Francia, ha detto il presidente, “non la
accettera”. “Non sono affatto sicuro di aver ben capito a cosa si
riferisse Chirac”, ha ribattuto Powell “stiamo andando in Irak in quanto
liberatori, e che la Francia voglia essere uno dei nostri partner rimane
tutto da verificare”. Il segretario di Stato Usa ha poi ribadito che il
lavoro diplomatico prosegue, che sono aperti contatti con tutti i paesi
che fanno parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu (e dunque anche con
la Francia) per mettere a punto un programma di aiuti per affrontare
l’emergenza alimentare in Irak e per elaborare una nuova risoluzione.
Quindi ha confermato che si sta studiando il dopo-Saddam: “Lavoriamo per
un governo che rappresenti, democraticamente, gli interessi degli
iracheni”.
Si è infine concluso il vertice europeo di Bruxelles. Il risultato è
piuttosto modesto e d’altronde non sarebbe potuto essere diversamente
visti i profondi contrasti tra i Quindici. Un accordo generico sul ruolo
dell’Onu nel dopoguerra, sulla necessità di ricucire l’unità dei paesi
europei e su quella di recuperare i rapporti tranatlantici. Ma il
premier inglese Tony Blair è stato chiaro su quest’ultimo punto: le
dichiarazioni generiche non bastano, bisogna che le relazioni fra Europa
e Stati Uniti siano oggetto di una riflessione profonda se davvero si
vuole superare la frattura di questi mesi. Un superamento che non può
avvenire secondo le direttive del cosiddetto asse franco-tedesco.
L’impressione è che il vertice delle Azzorre abbia rappresentato il
punto di partenza di un nuovo equilibrio dei rapporti transatlantici e
che le sue conseguenze saranno molto più profonde di quanto non appaiano
oggi. (p. men)
22 marzo 2003
pmennitti@ideazione.com |
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