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[18 apr 08]

W, il film anti-Bush di Oliver Stone

“Bene o male, purché se ne parli”. E’ ne Il ritratto di Dorian Gray che Oscar Wilde regala al mondo il suo aforisma più noto, successivamente ritoccato, riadattato e reinterpretato. Il succo, insomma, è che è sempre meglio essere oggetto di discussioni (positive o negative che siano) piuttosto che venire completamente ignorati. Forse è quello che pensa, ormai da otto anni, anche George W. Bush, quarantatreesimo presidente degli Stati Uniti, personaggio controverso e discusso, amato o visceralmente odiato, grande statista o rozzo ignorante figlio di papà. E nella quasi decennale lotta tra “bushiani” e “antibushiani” sta per fare irruzione l’ultima bomba, ovviamente ad orologeria, che farà certamente discutere. Stiamo parlando di W, il nuovo film di Oliver Stone sull’inquilino della Casa Bianca. Le riprese devono ancora iniziare (il 21 aprile il primo ciak in Louisiana) e già il polverone è bello che pronto, mediaticamente creato ad arte per lanciare quello che si preannuncia come uno dei film più attesi degli ultimi anni.

Michael Moore aveva provato a distruggere Bush con i documentari, riscuotendo molto successo in prevalenza fuori dai confini statunitensi e deliziando i circoli intellettuali radical chic del Vecchio Continente (basti pensare alla Palma d’Oro immeritata per Fahreneit 9/11). Ora il cinema lancia un’offensiva più tradizionale, una vera e propria biografia di celluloide per un uomo che, in fondo, è ancora contemporaneo, vivo e vegeto, tutt’altro che anziano. Perché, dunque, l’ultraliberal Oliver Stone ha deciso di anticipare i tempi? I motivi possono essere molteplici ma uno di questi (ovviamente prettamente politico) sembra essere più accreditato. Le elezioni di novembre si avvicinano e l’imponente macchina cultural-mediatica dei Democrats è in pieno assetto da guerra. Il regista di film come Platoon o Alexander, dunque, vuole entrare a gamba tesa nella campagna elettorale, forzando i tempi di lavorazione e montaggio pur di far debuttare la pellicola prima del giorno in cui gli americani sceglieranno il successore di Bush.

Ma quale George Bush verrà fuori dall’opera di Stone? Lo stesso regista ha più volte dichiarato che intende presentare “un ritratto verace di un alcolizzato che è diventato l’uomo più potente della Terra”, un ritratto che “sorprenderà sia i sostenitori che i detrattori del presidente”. Il cineasta amico di Cuba e amante della dietrologia complottistica (basti pensare a JFK), dunque, dice tutto per non dire nulla, preoccupandosi solo di creare il caso e far salire la già febbrile attesa. Chi ha letto la sceneggiatura, però, ha le idee abbastanza chiare: si tratterebbe di un mix di realtà e fiction, un melange dai confini labili e pericolosi che descriverà Bush in manierà fortemente critica e negativa. Alcool, odio verso il blasonatissimo padre, interessi privati, droga, accecante conversione religiosa, inettitudine, il tutto completato da un entourage di consiglieri e ministri senza scrupoli e dediti alla nefanda arte di organizzare guerre in giro per il globo. Non sono voci provenienti da ambienti repubblicani. Robert Draper, autore di Dead certain: the presidency of George Bush, è perentorio: “La sceneggiatura dà l’impressione che la Casa Bianca sia stata amministrata con la goliardia di una confraternita universitaria”. E ancora, Jacob Weisberg, autore di The Bush Tragedy, ha dichiarato di dubitare che “Stone voglia presentare un ritratto veritiero del presidente”.

I presupposti per il caso politico-cinematografico ci sono tutti. E anche i candidati democratici alla Casa Bianca Obama e Clinton attendono con ansia il risultato di tanta scientifica strategia antibushiana. Nessuno dei due, però, ha fino ad oggi cavalcato le discussioni sul film. E’ molto probabile che prima vogliano rendersi conto di quanto Oliver Stone si è spinto in là nella sua invettiva di celluloide. Conoscendo le posizioni del regista, in effetti, non ci stupiremmo se il risultato risulterà indigesto e eccessivo persino al più antibushiano e radicale dei democratici americani.

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