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[11 apr 08]

Guida di celluloide per sinistri astenuti

Nel 2006, alle ultime elezioni politiche, l’affluenza era stata imponente: l’83,6 per cento degli italiani si era recato a votare. Ciononostante, un altrettanto considerevole 16,4 per cento, più di sette milioni e mezzo di persone, aveva deciso di non esercitare il proprio diritto di voto. Sembra che questa volta, almeno secondo i più autorevoli osservatori, gli italiani che si chiuderanno in casa il 13 e il 14 aprile, desiderosi di non sapere nulla sui risultati elettorali, saranno addirittura di più. E pare che la grande maggioranza sia composta da elettori delusi dal centrosinistra. E’ a loro, dunque, che dedichiamo questo “vademecum cinematografico di resistenza” , una lista di film, vecchi e nuovi, per trascorrere due giornate lontano dal marasma politico del Bel Paese. Abbiamo cercato di pensare un po’ a tutti, percorrendo idealmente le molte anime della sinistra italiana, di ieri e di oggi, molte delle quali non riescono a rassegnarsi alla svolta veltroniana. Pellicole vecchie, nuove, in bianco e nero, a colori, drammoni e commedie, capolavori d’autore e successi commerciali. Un pot-pourri di celluloide per sopravvivere, e non è facile, a due giorni lunghi e massacranti.

Cominciamo con i veltroniani pentiti, quelli che l’Africa innanzitutto, quelli che “Ah, se avessimo un Kennedy in Italia”. Per loro JFK e Bobby sono due must. Il primo, diretto da Oliver Stone, è un’accurata opera complottistica, incentrata sulle indagini successive all’assassinio di Dallas. Nel film, che più che celebrare il presidente della “Nuova Frontiera”, cerca la cospirazione tra le pieghe della storia, si respira comunque l’aria di un’America che si era illusa, che sperava in un cambiamento radicale e ora faceva i conti con la frustrazione di un sogno svanito troppo presto. Assassinio a parte, ça va sans dire, questa disillusione è la stessa che provano oggi i veltroniani della prima ora, quelli che credevano davvero nel sogno democratico alla Kennedy e che oggi, forse, hanno visto il tutto svanire nel polpettone cattocomunista del Pd. Ma la pellicola giusta per i kennediani duri e puri è senza dubbio Bobby, film del 2006 diretto da Emilio Estevez. Stavolta il protagonista è Robert Kennedy, il fratello minore che aveva raccolto l’eredità politica di JFK. Il film trasuda ammirazione per il clan più famoso d’America e la cosa non deve stupire, se è vero che Emilio Estevez è il figlio di Martin Sheen, uno degli attori più impegnati sul versante liberal. Bobby morirà come il fratello, e questa è storia nota. Ma gli appassionati italiani troveranno nel film un’aria radical chic che colmerà il vuoto desolante provocato dal profeta del “ma anche”.

Ma la categoria che forse avrà più bisogno di conforto, nei duri giorni elettorali, sarà quella dei comunisti non pentiti, degli orfani del Bottegone, di quelli che non vogliono morire democristiani e neanche seguaci di Bertinotti, così lontano dall’ortodossia dei tempi che furono. Per loro c’è un classico: Berlinguer ti voglio bene, con Roberto Benigni, diretto da Giuseppe Bertolucci. La pellicola (girata nel 1977) è la perfetta incarnazione del comunista di fine anni Settanta, impantanato negli anni più duri della sinistra italiana, quelli dell’eurocomunismo, della via italiana al socialismo, del compromesso storico, della minaccia extraparlamentare. Un film per chi, nonostante siano passati trent’anni, non vuole saperne di riporre nell’armadio il tanto amato eskimo. E per chi vuol far finta che il muro di Berlino sia ancora lì, è d’obbligo la visione di Goodbye Lenin, apprezzabile film tedesco sulla nostalgia dei tempi della Ddr, incentrato sull’ostinata negazione dei progressi della storia.

Per i prodiani-girotondini, ecco a voi l’intramontabile Nanni Moretti e il suo Aprile. C’è poco da dire su questo film, basta una citazione, che riaccenderà lo spirito ulivista anche nell’animo dell’elettore più deluso: “D'Alema reagisci, rispondi, dì qualcosa! Reagisci! E dai! Dai, rispondi! D'Alema dì qualcosa, reagisci, dai! Dì qualcosa, D'Alema rispondi. Non ti far mettere in mezzo sulla giustizia proprio da Berlusconi! D'Alema, dì una cosa di sinistra, dì una cosa anche non di sinistra, di civiltà, D'Alema dì una cosa, dì qualcosa, reagisci!”

Chiudiamo con la categoria più accanita e rabbiosa, quella che negli ultimi 15 anni è venuta su a pane e livore: gli antiberlusconiani integralisti, i tintinnatori di manette, le anime belle della legalità ad ogni costo, i pasionari del conflitto di interessi. Gli amici di Marco Travaglio, per intenderci. Per loro, che tanta frustrazione provano nei confronti di chi, oggi, vuole addirittura dialogare con l’odiato despota di Arcore, c’è un capolavoro della cinematografia mondiale: Quarto potere, di Orson Welles. Manifesto della lotta al capitalismo senza cuore, all’inumana natura di chi accumula ricchezze e le utilizza per raggiungere il potere, questa pellicola del 1941 è la Bibbia di un’intera generazione di antiberlusconiani, quelli che credono che Orson Welles, più di mezzo secolo prima, avesse già tracciato alla perfezione la figura del Cavaliere. Kane è Berlusconi, c’è poco da fare. E in molti sperano che anche il leader del centrodestra finisca i suoi giorni da solo, abbandonato da tutti, pensando alla sua vita e pentendosi amaramente di non avere apprezzato a sufficienza le cose semplici.

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