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[30 apr 08]
Il Mediterraneo visto da Washington

A marzo del 2008 il Fondo Monetario internazionale ha rilasciato un robusto rapporto sulla dinamica economica dei cinque grandi Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo: Francia, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna. Il titolo è molto eloquente sulle intenzioni degli analisti di Washington: La competizione nel Sud del Mediterraneo. Ed in inglese diventa anche un piacevole calambour: Competitiveness in the Southern Euro Area. Dove l’acronimo finale diventerebbe sea, cioè mare. Gli economisti americani articolano il rapporto in dieci capitoli ed in una robusta serie di dati e rappresentazione grafiche. Il primo capitolo guarda il sistema delle cinque economie dall’elicottero, cioè per grandissime linee. Seguono nove monografie in cui si parla dell’impatto della globalizzazione sui cinque Paesi; della dinamica del valore aggiunto; della capacità di innovare le proprie produzioni; della tendenza a spostarsi su mercati in cui sia minore il livello della competizione; della esportazione di servizi; di importazioni; del ricorso a forme di offshoring ed outsourcing per aumentare la propria competitività; del profilo dei competitori che insidiano i protagonisti della sponda sud dell’Europa. Concettualmente il rapporto intende misurare come abbia giocato su economie molto diverse tra loro l’impatto con mercati esterni e diversi dal proprio mercato domestico. Una esperienza che viene considerata alla stregua di una nuova tecnologia importata: nel senso che vincere, o perdere, nel rapporto con gli altri mercati insegna come sviluppare un salto di qualità, ma la verifica della propria abilità nella realizzazione del salto può anche risolversi nella manifesta incapacità di realizzarlo o compromettere equilibri che non reggono la prova.

Il tasso di incremento sperimentato nel periodo 1996/2006 da parte di Francia e Grecia è interessante. Solo la Grecia, considerando la produttività totale dei fattori aggiustata per le ragioni di scambio, guadagna oltre due punti, la Francia 0,9. Si pensi che Usa e Regno Unito guadagnano nel medesimo periodo 1,3 ed 1,5 punti, mentre il Canada arriva ad 1,8. Il nostro Paese si colloca a 0,1, come la Spagna, ed il Portogallo a 0. La quota di esportazioni, per Francia, Italia e Portogallo scende nei loro grandi mercati di riferimento che nel resto del mondo si espandono. Gli investimenti esteri non hanno contribuito ad incrementare la capacità di competere dei cinque grandi mercati europei. Grecia ed Italia compaiono, per questo genere di interventi, in coda alla lista dei Paesi aderenti all’Ocse. Gli altri tre Paesi sono nella media dell’Ocse. La capacità attuale di esportare per l’Italia è decisamente diminuita rispetto a quella dei dieci anni precedenti. La Spagna è stabile, la Francia scende, la Germania sale. L’Italia è relativamente meno concentrata nei settori che si espandono velocemente ed è più presente, al contrario, in quelli che si espandono più lentamente. Nei settori high tech gli Stati Uniti battono i cinque Paesi mediterranei, mentre essi crescono più dell’economia americana in quelli low tech. L’incremento della intensità tecnologica della produzione nei cinque Paesi Sea è inferiore nei dieci anni considerati a quella dei quindici Paesi inclusi nel nucleo duro dell’economia europea.

Francia, Grecia e Portogallo entrano in mercati con livelli di competizione inferiori a quelli dai quali sono usciti. L’Italia presenta il percorso più basso nella dinamica dell’esportazione di servizi ed in quella di propensione ad esportare servizi. La Germania è il principale Paese dal quale importano Italia, Francia e Grecia. Il principale importatore per il Portogallo è la Spagna, mentre la Francia lo è per la Spagna. In un paper apparso in aprile – Resilient Europe Faces Further Test – di Edda Zoli, una analista del dipartimento europeo del Fondo Monetario, si legge come e perché la previsione sulla dinamica dell’economia, nei prossimi anni, sia stata rivista al ribasso per l’Europa nel suo complesso. Questa ricerca sui cinque Paesi mediterranei dell’Europa, che conta 118 cartelle, e dalla quale abbiamo riportato solo alcuni esempi e ricordato l’impianto analitico, ci spiega abbastanza bene perché in Europa la previsione più pessimistica abbia riguardato l’Italia.

 

Approfondimenti
Il paper curato da Edda Zoli
Il rapporto sull'Europa mediterranea del Fondo Monetario Internazionale


 

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