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abbiamo bisogno di questo sindacato?
Mentre l'Italia tenta di uscire dalla crisi con un inedito piglio decisionista, alcune forze sindacali continuano a ostacolare il cambiamento per difendere privilegi e rendite di posizione. E il rischio è di perdere un Paese malato.
di MATTEO GUALDI

[30 mag 08] E’ da un po’ di anni che si parla dell’Italia come di un Paese malato, in declino, inesorabilmente diretto verso l’abisso. Sono lontani i tempi del boom economico, della bella vita e del miracolo italiano, il nostro Paese sembra entrato in una spirale di autodistruzione, incapace di reagire alle crisi che si susseguono. I segni della malattia sono evidenti, ma i medici sono divisi sulla cura da applicare, e così nessuno interviene, mentre la fine si avvicina, lenta ma inesorabile, perché incontrastata. A questo punto il problema maggiore non è tanto la malattia in sé, quanto piuttosto l’incapacità di applicare una cura. Sembra uno di quei film dell’orrore, quando l’assassino si avvicina, la vittima è lì, cosciente, vede avvicinarsi il proprio carnefice ma non riesce a muoversi, la mente è lucida, vorrebbe reagire ma i muscoli non rispondono e così resta fermo, nell’angoscia terribile della consapevolezza. L’Italia è praticamente nelle stesse condizioni. La crisi peggiora di giorno in giorno, i problemi si acuiscono, ma non si riesce a fare nulla per risolverli. Attenzione: non è che si fa qualcosa ma quello che si fa non funziona o non dà i risultati sperati, non si riesce a fare proprio nulla, non si riescono a prendere decisioni.

La legislatura precedente, stretta tra veti di forze politiche con visioni inconciliabili sulle scelte da compiere, non è stata di in grado di proporre alcuna soluzione ai problemi che contraddistinguono la realtà italiana, e proprio per questo le forze politiche che hanno caratterizzato quella stagione non ci sono più. Alcune hanno capito per tempo che quella era un’esperienza fallimentare ed hanno saputo modificarsi e scegliere una strada diversa, altre sono rimaste vittima delle proprie ideologie. Nel 2006 l’Unione vinse le elezioni perché gli italiani, o almeno una parte di essi, non erano contenti delle scelte prese dal governo Berlusconi. Nelle successive elezioni i cittadini hanno deciso che sono meglio delle scelte sbagliate che delle non-scelte, ed infatti hanno premiato quelle forze politiche che sembrano garantire una maggiore capacità decisionale. In sostanza è questo che gli italiani chiedono al governo oggi: decidere. Naturalmente questo non significa che il governo non debba anche sapere ascoltare, che non ci debba essere alcun dialogo o mediazione, con le opposizioni e con le forze che rappresentano, in altri ambiti, la società, ma la scelta finale spetta solo ed unicamente al governo (ed al Parlamento). Persino le forze dell’opposizione hanno capito questa necessità.

Chi invece sembra non aver capito quest’esigenza sono i sindacati. La Cgil in particolare da diversi anni incarna il potere della conservazione, del veto ideologico ad ogni costo, del rifiuto di qualsiasi cambiamento. Viene respinta a priori qualsiasi modifica delle posizioni esistenti, dei privilegi acquisiti, degli interessi stratificati. Ogni proposta, del governo o degli industriali, viene bocciata, rifiutata, sdegnata. Certo, non si può chiedere al sindacato di limitarsi a mettere il proprio “bollino” sulle scelte dolorose imposte da altri senza avere la possibilità di proporre delle soluzioni alternative o degli aggiustamenti alle proposte ricevute, ma si può e si deve chiedere di condividere la visione generale nella consapevolezza che oggi un intervento è necessario nell’interesse di tutti. Persino il sindacato, infatti, sa che occorre rendere più efficiente la macchina statale, se possibile, o prendere atto del suo fallimento ed agire di conseguenza. La sua classe dirigente dovrebbe avere la capacità di guardare in faccia la realtà ed accettare una mediazione con il governo per cercare di trovare il migliore punto di equilibrio possibile, nella consapevolezza che occorre fare in fretta, perché il tempo stringe.

Bisogna abbandonare i vecchi riti dilatatori, i bizantinismi del passato, pensare alla sostanza prima che alla forma. E’ inutile offendersi se non vengono rispettate abitudini ormai obsolete, e non vi può essere spazio alcuno per il delitto di lesa maestà. Il governo deve comunicare le proprie proposte, ricevere delle controproposte su cui discutere, e prendere una decisione, il tutto in tempi brevi. Non ci sono alternative, altrimenti rischiamo di perdere il paziente. A questo punto la vera domanda è: il sindacato è davvero pronto a mettere in discussione i privilegi ormai insostenibili dei propri rappresentati? Ha capito che la malattia di cui è affetto il nostro Paese è l’inefficienza ed il peso di una macchina statale che con i suoi tentacoli strangola le forze vitali italiane? La risposta sembra proprio essere no ed è tempo che il governo ne tragga le dovute conseguenze.


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