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L'ULTIMO ADDIO DI ROMANO PRODI
Due volte nella polvere due volte sull'altar: così si conclude l'epopea politica dell'unico uomo che ha battuto Berlusconi. Che intanto dialoga con Walter.
di STEFANO CALICIURI

[17 apr 08] Romano Prodi lascia il partito Democratico, lascia la politica, lascia insomma tutto quello per cui ha lavorato, tessuto e tramato per vent’anni. Fondatore dell’Asinello, embrione dell’attuale Pd, passando per l’Ulivo, Prodi è stato l’unico uomo politico ad aver sempre vinto contro Berlusconi nelle due occasioni in cui si sono confrontati, seppur a dieci anni di distanza: prima nel 1996 e poi nel 2006. Via dall’agone politico, dunque. Ma senza polemiche. Anzi, usando una locuzione tanto cara al suo successore Veltroni, lo ha fatto “pacatamente” da New York, dove è pronto ad intervenire ad un’assise delle Nazioni Unite. “Ora i posti di responsabilità spettano ad altri”, ha precisato di fronte le insistenze dei giornalisti che gli chiedevano del suo futuro. Afferma anche che la decisione è stata comunicata ai vertici del Pd nel giorno di Pasqua, lo scorso 23 marzo. Ma perché dirlo proprio adesso? Dal loft, infatti, non sono in pochi a giudicare l’intervento “fuori tempo”. Prodi ha spiegato che “la decisione di comunicare con largo anticipo l’intenzione di lasciare la presidenza del partito, è stata presa per evitare che questa potesse essere messa in relazione con l'andamento della campagna elettorale o con il risultato delle elezioni”. Dimenticando però che in ballo ci sono ancora poltrone importanti all’interno di varie municipalità. Roma su tutte.

Prodi e Veltroni si incontreranno ufficialmente al rientro da New York per confrontarsi sui successori alla Presidenza. L’ex premier vorrebbe che il suo posto fosse occupato da un’esponente della componente moderata-cattolica: Rosy Bindi. Veltroni però sarebbe perplesso, perché la considererebbe una scelta “se non di divisione” almeno “di appartenenza”. Aggiungendo poi che proprio l’ex ministro della Famiglia fu l’avversario più ostico durante le primarie del Partito democratico. Fuori gioco Enrico Letta (anche nei suoi confronti sono forti le resistenze per lo stesso motivo della Bindi), Veltroni vorrebbe che a guidare il neo partito di centrosinistra fosse un giovane “rampante” senza condizionamenti culturali legati al passato. La scelta non è semplice, anche perché a parte qualche tecnico fortemente voluto da Veltroni, la rosa appare limitata. Qualcuno dai piani alti del loft ha anche nominato Anna Finocchiaro, a cui verrebbe riconosciuto “il sacrificio profuso nella campagna elettorale siciliana”.

In questi giorni, intanto, Veltroni sarebbe anche impegnato a dialogare con Silvio Berlusconi per dare corpo a quelle “intese politiche” di cui tanto si è parlato in campagna elettorale. Alitalia ed Unione europea sarebbero stati i primi due argomenti su cui si sarebbero concentrati. Berlusconi avrebbe fornito garanzie circa l’esistenza dell’annunciata cordata italiana intenzionata all’acquisto della compagnia di bandiera. Sul fronte europeo, invece, l’accordo non si è trovato. La sostituzione di Frattini è contesa sia da Berlusconi che da Prodi, entrambi sostenendo la propria responsabilità di nomina. Se l’ex presidente dell’Iri ha gettato sul tavolo il nome di Emma Bonino e di Massimo D’Alema (lasciando così l’Italia completamente nelle mani di Veltroni), Berlusconi non si è sbilanciato, anche perché al momento la partita dentro il Pdl è tutta aperta. Paradossalmente, tutto è legato alla scelta che farà Formigoni. Se lascerà il Pirellone per un incarico di governo qualcuno dei big dovrà rinunciare alla carica ministeriale: la Commissione potrebbe diventare così una utile controproposta. Tra i nomi più gettonati: Renato Brunetta, Antonio Tajani, Claudio Scajola.


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