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[04 apr 08]

Mannacio: i mali del consumerismo di Stato

Stefano Mannacio, classe 1969, è stato il portavoce della Associazione Nazionale degli Esperti di infortunistica stradale. Attualmente è titolare di un blog di tendenza per tematiche assicurative e consumeristiche. Si definisce un economista eterodosso, ed in effetti è una voce fortemente critica nei confronti del mondo delle associazioni dei consumatori italiane.

Le associazioni dei consumatori sono molte e variegate. Come si può scegliere quella più “adatta” a ciascuno?
Un elemento fondamentale per valutare una associazione dei consumatori è l’indipendenza. Per essere chiari: se vengo a sapere che l’associazione cui mi rivolgo ha sottoscritto intese con l’impresa che mi ha danneggiato comincerei a diffidare.

Succede davvero?
L’accordo che la maggior parte delle associazioni appartenenti al Consiglio nazionale consumatori e utenti hanno sottoscritto con l’Associazione delle imprese assicuratrici, prevede che le compagnie stesse finanzino la formazione e le strutture tecniche dei conciliatori ovvero delle loro stesse controparti. Inoltre, sulla scorta dell’allarme premi delle polizze Rc Auto, partito nel 2000 con il famoso decreto blocca-tariffe, le associazioni del Cncu hanno firmato due intese con le assicurazioni dove, in cambio di una promessa non mantenuta di riduzione dei prezzi, hanno dato l’avallo a misure che hanno ridotto per legge i risarcimenti per le vittime della strada e quindi i costi delle imprese. Risultato: da una parte i profitti delle compagnie negli ultimi sei anni sono esplosi e dall’altra i danneggiati hanno visto ridursi i risarcimenti.
In seguito, era stato istituito l’indennizzo diretto per chi ha subito un incidente, che ha abolito il diritto all’assistenza professionale, una conquista “consumeristica” di derivazione anglosassone che, però, le associazioni dei consumatori italiane hanno invece voluto cancellare. La cosa più sconcertante è che, nonostante tutto, i premi assicurativi sono ancora in aumento e i presidenti delle associazioni dei consumatori protagoniste di tale disastro sono diventati delle fastidiose quanto onnipresenti star televisive. Tre nomi su tutti: Landi dell’Adiconsum, Trefiletti di Federconsumatori e Lannutti dell’Adusbef.

Una lobby nella lobby…
Il Cncu, l’organismo che raccoglie le maggiori sigle del consumerismo italiano, è stato creato nel 1998 per volontà del ministro Bersani, il “grande liberalizzatore”. Qui di liberale c’è ben poco. Infatti l’istituzione è presieduta per legge dal ministro dello Sviluppo Economico o da un suo delegato. Il ministero dello Sviluppo Economico ha erogato negli ultimi anni decine di milioni di euro alle associazioni dei consumatori per progetti di “utilità sociale” sulla cui efficacia mi limito ad avanzare qualche riserva. Quando vedo i rappresentanti delle associazioni, di fatto governative, nella tv di Stato per garantire la bontà del gioco pacchi oltre a rilevare una sottile ma palese contraddizione mi viene da sorridere, anche se amaramente.

Succede anche che qualche associazione sia presente in Parlamento. Non è un controsenso voler difendere i consumatori ma poi difendere una sola bandiera?
L’esperienza dei consumatori in politica ha sempre dato risultati infinitesimali. Il problema non è solo la politicizzazione delle tematiche consumeristiche ma anche la qualità e lo spessore dei personaggi che si candidano. Elio Lannutti, per esempio, candidato al senato con Di Pietro, è sicuramente noto come il fustigatore dello strapotere di banche e assicurazioni. Però è anche stato il massimo teorico dell’indennizzo diretto e quindi uno dei principali responsabili del suo fallimento, è membro del Cncu, è presidente di un comitato tecnico ministeriale per la certificazione ambientale e la sua associazione ha sottoscritto un accordo di conciliazione con una grossa banca. E’ credibile tuonare contro il “sistema” e poi, di fatto, farne parte?

Si risponda.
Il consumerismo a partecipazione pubblica può andare anche bene in Paesi ad alta coesione sociale e produttiva come quelli scandinavi. In Italia, dove tutto è frammentato e particolarista, le vere conquiste consumeristiche sono sempre venute dalla giurisprudenza, dall’alleanza tra professionisti indipendenti e consumatori. Io credo al consumerismo diffuso dal diritto vivente. Il consumerismo governativo è la negazione di tale spirito.

Un giudizio sulla class action?
Di class action ha il nome, infatti è una beffa per i consumatori ma, forse, un potenziale business per le associazioni che l’hanno sostenuta come chissà quale grande conquista. A cosa serve infatti un sistema dove alla condanna dell’impresa non fa seguito il risarcimento se non dopo l’attivazione di una ulteriore ed estenuante causa? Forse solo ad intimidire, non certo ai singoli consumatori. Ma c’è un aspetto della norma della cui portata si è parlato poco. Posto che tra i soggetti legittimati ad attivare la procedura ci sono le associazioni del Cncu, il fatto che lo stesso sia presieduto da un ministro rende la norma soggetta a controllo politico. E’ una aberrazione che potrebbe avere effetti devastanti, da correggere con urgenza.

E su mister Prezzi?
Una trovata di Bersani dal sapore dirigista e demagogico. Sull’attuale Garante registro solo che sin da quando era capo di gabinetto del ministro Letta e, allo stesso tempo, primo presidente del Cncu, è stato uno dei principali attori delle politiche di accordi tra consumatori e assicurazioni. Quando mr Prezzi convoca le assicurazioni come garante dovrebbe convocare anche se stesso come uno dei responsabili di politiche del tutto inefficaci.

Ha proposte alternative?
Potenziare e pubblicizzare il ruolo delle agenzie governative ad hoc sarebbe un passo avanti senza inventarsi inutili taumaturghi. I prezzi, soprattutto quelli soggetti a tariffa, scontano le vischiosità e le inefficienze dovute ai piccoli e grandi oligopoli, pubblici o privati, di cui è fatta l’economia italiana. Qui il discorso sarebbe lungo. Comunque non ho ancora visto le associazioni dei consumatori occuparsi seriamente di concorrenza e di concentrazione sul mercato delle grandi imprese. Una cosa molto strana, perchè sottoporre all’antitrust fascicoli del genere sarebbe proprio uno dei loro compiti naturali per la salvaguardia del nostro potere di acquisto e la realizzazione di un mercato veramente concorrenziale.

Che strumenti abbiamo per difenderci dalla crisi economica globale?
Un grande economista austriaco diceva che l’essenza del capitalismo passa per distruzioni creative, da cui nascono nuovi equilibri. Le crisi negli ultimi anni si sono succedute con cadenza pressoché quinquennale. Il consumerismo di stampo anglosassone è riuscito, anche grazie alla class action, quella vera e con il danno punitivo, ad ottenere risultati importanti nel migliorare la sicurezza dei prodotti, la trasparenza dei contratti assicurativi e bancari, nella tutela dei danneggiati. Il consumatore sembra ora sempre più scoperto nei confronti dei prodotti finanziari, le asimmetrie informative si sono allargate e il movimento dei consumatori si misura a fatica con questi mercati perché avrebbe bisogno di dotarsi strutture costose e, lo ripeto, assolutamente indipendenti. Questa è la sfida del consumerismo del Ventunesimo secolo.

La politica come può reagire?
Bisognerebbe abolire il Cncu e trasferire il parlamentino dei consumatori in una sede più indipendente, magari premiando più la qualità delle associazioni che il numero delle tessere. Le prime interessate a modificare l’attuale assetto dovrebbero essere le stesse associazioni. Ma quando si diventa governativi, si partecipa ai tavoli con le rappresentanze imprenditoriali, si fanno intese e concertazioni con le imprese, forse passa la voglia di fare le barricate accontentandosi magari di fare la voce grossa sui media o svegliare gli italiani la mattina per consigliare, con un odioso tono paternalistico, come acquistare la frutta di stagione.

 

Riceviamo e pubblichiamo

L'aver ridimensionato - tramite l'istituto dell'indennizzo diretto - l'importanza degli esperti di infortunistica stradale, costituisce per Mannacio una grave colpa delle associazioni dei consumatori e mina la loro credibilità. Ma vediamo cosa è condivisibile, e cosa meno, delle affermazioni del portavoce dell'ANEIS.

E' vero, le associazione dei consumatori vanno scelte sulla base della loro indipendenza che, però, non deriva dall'assenza di intese con le controparti - necessarie quanto meno per "limitare i danni" che subiscono quotidianamente i consumatori - ma dagli atti concreti che ciascuna pone in essere a tutela dei cittadini e, forse, dall'assenza di sponsor palesi o occulti. La presenza di star consumeriste sui media non è colpa di difende con più calore (astuzia?) gli interessi dei consumatori, ma forse degli stessi media che ne rimangono affascinati. IL CNCU non è stato creato da Bersani - anche se da questi è stato sfruttato a fini essenzialmente propagandistici - bensì da una legge dello stato. La sua collocazione presso il Ministero dello Sviluppo Economico è, in effetti, impropria per garantire la sua indipendenza e lo stesso Rutelli si impegnò prima delle elezioni del 2006 a trasferirlo presso la Presidenza del Consiglio. A mio avviso andrebbe collocato presso l'Autorità Antitrust - l'unica istituzione che si occupa seriamente di tuela dei consumatori - in analogia al Consiglio Nazionale degli Utenti radiotelevisivi e, più in generale di tutti i media, allocato presso l'Agcom.

In Parlamento sono presenti tutte le lobby, da quelle degli avvocati, dei notai, dei medici, dei professori universitari, di Confindustria, ecc. ecc. Non sarebbe male se fosse presente anche la lobby dei consumatori. La class action italiana è, in effetti, un sistema alquanto limitato per ottenere una giustizia collettiva veloce e significativa. Ma è un necessario inizio verso un principio sacrosanto già riconosciuto da vari paesi, in particolare da quelli di cultura anglosassone. Mister Prezzi, come le lenzuolate, è più "fumo negli occhi" che altro, ma come si fa ad ottenere dai governanti qualcosa in più, se dall'altra parte della barricata non ci sono i rappresentanti dei consumatori? Contro il caro benzina, ad esempio, sono anni che le associazioni chiedono inutilmente di consentire agli ipermercati di aprire dei distributori.

E' vero, bisognerebbe premiare le associazioni di qualità. Ma questo non è possibile farlo senza la collaborazione dei rappresentanti dei media che, spesso e volentieri, trascurano proprio quelle meno appariscenti, ma più radicate nella società civile e meno disposte a compromessi. Potrei citare innumerevoli casi di comunicati stampa emessi dalle associazioni contro qualche "potere forte" (uno per tutti: la Rai), sistematicamente ignorati dalle stesse agenzie di stampa.
 
Remigio del Grosso

 

 

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