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SOLO UN LEADER DI PARTE PUO' RILANCIARE L'ITALIA
Secondo Newsweek, solo un esperimento di eugenetica, il Veltrusconi, può tirarci fuori dalla palude. Ma abbiamo davvero bisogno di questo Frankenstein?
di ANTONIO FUNICIELLO

[04 apr 08] Solo a vederla, la copertina dell’ultimo numero di Newsweek mette paura. Già presi singolarmente, Berlusconi e Veltroni non sono proprio due Paul Newman, ma l’esperimento di genetica politica che li vuole fusi insieme nel monstrum Veltrusconi, produce effetti ancora più disperanti. Sullo sfondo, il Colosseo illuminato a mo’ di festa di patrono, rende ancora più inquietante, quasi spettrale, il tutto. Nell’antica Roma il dio bifronte Giano presiedeva alle porte della città. Duemila e più anni dopo un nuovo protettore bicefalo dovrebbe salvare l’Italia dai suoi guai: “If Berlusconi and Veltroni came together they just might be able to save Italy” è l’occhiello dell’articolo del settimanale di New York. ’approfondimento di Newsweek sullo stato di salute dell’Italia in vista delle prossime elezioni è l’ennesimo segno di come all’estero, è in particolare negli Stati Uniti, è visto il nostro Paese. Il punto di osservazione è quello della più robusta democrazia d’Occidente. La nazione che, a dispetto dei tanti profeti dell’imminente catastrofe - ambientale o finanziaria che sia - prospera, integrando al meglio le diverse etnie che ne compongono il tessuto sociale, facendo più figli che in nessun altro Paese occidentale, armonizzando le diverse religioni che concorrono ad animarne il dibattito culturale, producendo il pensiero politico più stimolante, scrivendo i libri più belli, eccetera, eccetera, eccetera. Una democrazia tanto in salute, da poter allevare nel proprio seno gli oppositori più agguerriti, che ogni giorno in virtù di una delle più ampie forme di libertà d’espressione mai conosciute, ne contestano le radici e il progetto di futuro. Questo il punto d’osservazione.

L’osservato è la nazione che, tra le grandi democrazie avanzate, cresce e si sviluppa meno. Non solo in termini di pil, che è senz’altro l’indicatore principale e propedeutico a ogni altra sorta di indicatore. Ma anche considerando tutti gli aspetti dello sviluppo complessivo di un sistema-Paese: dai salari insufficienti ai sacchetti d’immondizia come forma postmoderna di arredo urbano, dal bassissimo tasso di occupazione femminile alle università inadeguate e, ogni giorno che passa, sempre meno riformabili. Un Paese in decadenza. In cui Roberto Benigni è l’unico candidato possibile al Nobel per la letteratura e Roberto Saviano è l’autore del libro che Time Magazine definisce il più importante pubblicato nel nostro Paese negli ultimi anni. Una volta, oltre Atlantico, esportavamo Calvino e Montale - e non che la mafia non ci fosse. Oggi il nostro prodotto culturale più venduto è Gomorra.

E’ sul versante politico, comunque, che lo sguardo verso l’Italia è più preoccupante e sintomatico dell’idea profonda, ormai radicata, che negli States si ha di noi. A guardar bene, difatti, le difficoltà italiane non sono diverse, per genere, da quelle che i vari processi di modernizzazione hanno imposto in passato alle altre democrazie occidentali e all’Italia stessa. Sopraggiungono momenti, che esplodono come il crollo di Wall Street nell’ottobre del ’29, ma sono prodotti da processi storici lenti e compositi, in cui il governo di una nazione si ritrova nell’emergenza di dover esercitare un passaggio di discontinuità, pena il peggioramento delle condizioni. Questo passaggio in situazioni di “normalità” politica (che non cede, cioè, alla tentazione della guerra) è sempre stato prodotto da una singola parte politica e mai da un concorso di intenti trasversale, o come usa dire oggi: bipartisan. Da Roosevelt a Reagan, negli States sono sempre stati o i Democratici o i Repubblicani a far uscire il Paese fuori da uno stato emergenziale. E in Europa, da Adenauer a Gonzales, alla Thatcher e a Tony Blair, le cose non cambiano. In Italia stessa, dopo la seconda guerra mondiale, il riscatto della nazione fu operato da una singola forza politica, la Democrazia Cristiana, e da un grande leader “di parte” come Alcide De Gasperi.

Veltrusconi, così, è solo un equivoco: una specie di rivisitazione italiana del mito di Frankenstein, il moderno Prometeo, che nascerebbe dalle spoglie di Berlusconi e Veltroni. I due, sia detto, godono entrambi di buona salute e a entrambi si augura lunghissima vita, ma per la stampa anglosassone (si veda quanto scritto spesso da Economist) rappresentano due cadaveri politici, incapaci, presi singolarmente, di tirare fuori l’Italia dal pantano in cui è finita. Ecco perché per l’anomalia Italia ci sarebbe bisogno di un esperimento genetico sui loro corpi politici, per dar vita a Veltrusconi, l’uomo nuovo di cui l’Italia ha bisogno. Un equivoco, per l’appunto. Di cui è difficile stabilire quanto siano consapevoli gli osservatori americani e quanto lo siano, invece, gli osservati italiani, che infatti cedono alla lusinga “veltrosconiana” a ogni piè sospinto. Sta a chi, tra Berlusconi e Veltroni, vincerà le elezioni, provare a smentire la sfiducia internazionale nei confronti dell’emergenza italiana, dimostrando che l’Italia è una nazione che reagisce alle difficoltà come le altre e che solo un leader “di parte” può rilanciare.


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