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Il noir in tv: alla ricerca della verità
di GIAMPIERO RICCI

[28 apr 08] Il nesso che lega la letteratura noir al cinema e alla televisione è da sempre ben visibile. Ma cosa accade se avviene il contrario? Cosa accade se sono il cinema e la tv ad imprimere alla letteratura una nuova ondata di noir? Data per scontata (come per fortuna non è) la banalizzazione della letteratura nell’epoca dell’immagine, a chi giova questa deriva da crime story cui si assiste in tanta parte dell’estetica popolare contemporanea? Tra il grande e il piccolo schermo sembra avvantaggiarsene soprattutto quest’ultimo. E’ infatti lei, la tv, a vivere una nuova giovinezza, pazienza che sia una giovinezza “criptata”, ma le serie che appaiono sulla tv satellitare, da Lost a Desperate Housewifes e Dexter, raccontano senza tanti fronzoli e spesso in modo tecnicamente più sofisticato di tanto postmodernismo romanziero di ritorno.

Su Foxcrime va in onda Dexter, un tipo che, classico dei classici, conduce una doppia vita. Lavora per la polizia di Miami e nel tempo libero va a caccia. E le prede sono tutti coloro che sono riusciti a sfuggire alla giustizia. O meglio, alla sua visione di essa. In teoria Dexter cerca giustizia, in pratica è un serial killer, un tipo mentalmente disturbato, uno che colleziona vetrini con il sangue delle vittime. Un personaggio che sembra uscito dalle fantasie macabre di Bret Easton Ellis. Ma la serie maggiormente rappresentativa del sentimento che agita la versione di questa nuova ondata di irrazionale è Lost. Dannati perduti sull’isola, gente che, fino a quando l’aereo su cui volava  non era precipitato ne aveva commesse di cotte e di crude. Gli autori e i produttori J.J. Abrams, Jeffrey Lieber e Damon Lindelof, attingono alla Bibbia e si barcamenano tra immagini e suggestioni sacre. In una celebre scena si improvvisa un battesimo per il bimbo nato tra i naufraghi mentre per qualche fotogramma gli attori posano come icone di un quadro rinascimentale. E se ciò non bastasse si aggirano su un’isola equatoriale orsi bianchi, cinghiali, campi magnetici, tutto talmente disorientante e complesso (chi ha detto che le cose belle devono essere semplici?) da ridurre lo spettatore impotente e capace di cogliere solo l’essenza del personaggio che è molto spesso una sfaccettatura del male di vivere. Una serie che incarna al meglio questa indefinita voglia di superamento che sembra agitarsi nella cultura popolare.

Sul versante televisivo, meritevole di una menzione particolare per la nostra speciale classifica delle serie noir da evitare, abbiamo un Gabriel Garko nei panni di un sacerdote in Io ti assolvo, film tv prodotto dalla Janus per Rti. C’è tutto quello che serve: un serial killer che uccide prostitute dopo averle torturare, droga, torbidi sessuali. Ma muore anche un parroco ed ecco che entra in scena padre Francesco (Garko). Il bel Gabriel dirà: “Pensavo di essere troppo bello per impersonare un prete, ma ho accettato la sfida. Spero di essere credibile”. No. Non lo è stato. Garko a parte, una cosa è certa: il genere noir finisce di essere un genere dal momento che il villaggio globale diventa sempre più stretto. Pare semplicistico a questo punto parlare di fenomeno indotto dall’11 settembre. Le immagini che arrivano sulla rete, i tv satellitari ed in chiaro propongono quotidiani sgozzamenti, assassinii apocalittici e violenza a buon prezzo, per noia, per sesso, per denaro, da abbrutimento, in un feed-back mediatico che ci propone giovani squilibrati in armi contenti di andare incontro alla “bella morte” perché darà loro una notorietà di cui non potranno godere, visto che sanno di finire suicidi o “sparati” prima ancora che siano entrati in azione. Il realismo diventa l’assurdo, la morte, la violenza.

Secondo Deleuze, nell'antica concezione del romanzo poliziesco, c’è “un geniale investigatore che dedica tutta la sua potenza psicologica alla ricerca e alla scoperta della verità”. Una verità filosofica, “prodotto dello sforzo e delle operazioni dello spirito”. Da questo modello, dalla ricerca filosofica, promanerebbe l'inchiesta poliziesca. Di fronte ad essa ci sarebbe l’approccio francese alla Descartes (intuizione) o quello inglese alla Hobbes (il vero è sempre indotto da altri elementi). Generalizzando, seguendo queste categorie, potrebbero dividersi e suddividersi tutti gli eroi e gli antieroi, tutta la letteratura che noir si autodefinisce o che  come tale viene definita. La ricerca del crimine e la sua nuova attenzione assumono il carattere quindi di una metafora della ricerca della verità. Dentro l’indagine che si accompagna a questa estetica oggi leggiamo il nostro bisogno di filosofia. Un bisogno che appare quasi come la necessità di un salto evolutivo dello spirito verso una dimensione individuale più consapevole e libera da condizionamenti esterni.


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