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Digital Divide: l'handicap del terzo millennio
di CLAUDIA POLLIO

[24 apr 08] “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità”. Così recita il Manifesto del Futurismo pubblicato, nel 1909, da Filippo Tommaso Marinetti, esaltando la fiducia illimitata nel progresso e decretando violentemente la fine delle vecchie ideologie. E’ nato il mito della velocità. Agli inizi del Novecento ci si riferiva essenzialmente alle tecnologie messe al servizio dei trasporti di merci e persone - “Noi canteremo le locomotive dall'ampio petto, il volo scivolante degli aeroplani” - che consentivano grazie alla velocità degli spostamenti di accorciare le distanze. Oggi, che le distanze sono virtualmente coperte grazie a tecnologie come la video-conferenza, che consente, allo stesso tempo, di stare seduti nel proprio salotto a Roma e di lavorare in un ufficio a Londra, oppure come la Playstation che permette di giocare e comunicare con i propri amici (o con dei perfetti sconosciuti) tramite internet senza dover fare lo sforzo di condividere il divano, il mito della velocità è legato alla possibilità di accesso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. In particolare ci si riferisce alla banda larga ed ultralarga (oltre i 20 Megabit). La disponibilità di tali tecnologie rappresenta, infatti, uno dei fattori cruciali dell’espansione della società dell’informazione.

In Italia il fenomeno del digital divide, ovvero il divario esistente tra chi può disporre di tecnologie di comunicazione avanzate e potenti e chi non vi ha accesso, risulta molto più massiccio della media degli altri Paesi europei. Sebbene i dati forniti dall’Osservatorio Banda Larga indichino come nell’arco di tre anni, dal 2004 al 2007, la quota di popolazione “affetta” da digital divide in Italia sia calata dai 9,8 ai 3,4 milioni di persone, questo di per sé non è un dato confortante. Prima di tutto perché questi dati si riferiscono alla diffusione dell’Adsl, tecnologia che ha consentito in modo geniale di potenziare la rete telefonica in rame già esistente, ma anche perché per poter accedere ai servizi maggiormente innovativi che richiedono un’ampiezza di banda ancora maggiore serve la fibra ottica. Mentre oramai il 94 per cento degli italiani ha la possibilità di avere l’acceso ad internet con la tecnologia Adsl, se si fa riferimento al parametro dei 20 Megabit di banda la situazione di svantaggio è di proporzioni più vaste e l’Osservatorio Banda Larga segnala che il 33 per cento della popolazione si trova in posizione di divario digitale. Le tre variabili principali che determinano la posizione di svantaggio della popolazione sono: l’area geografica in cui l’utente risiede o esercita la propria attività, l’età dell’utente e la natura della sua professione.

Per quanto riguarda il digital divide di seconda generazione, cioè quello relativo alla disponibilità di velocità almeno pari a 20 Megabit, la variabile cruciale è quella dell’area geografica, e dipende essenzialmente dal fatto che nel territorio sia stata posata o meno la fibra ottica. Per colmare il cosiddetto digital divide infrastrutturale, l’Osservatorio Banda Larga prevede che dovranno essere investiti 700 milioni di euro in tre anni, al fine di rendere omogenea sul territorio nazionale la possibilità di connettersi a 20 Megabit. Dovranno giocare un ruolo fondamentale come investitori anche gli enti locali, oltre che gli operatori di telecomunicazioni. Tuttavia, le politiche infrastrutturali e regolamentari, volte alla diffusione della copertura della banda larga, non sono da ritenersi sufficienti se non vi si affiancheranno interventi per la rimozione degli ostacoli culturali e sociali che, tutt’oggi, limitano l’utilizzo e la diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione. L’appartenenza a ceti sociali differenti, ad esempio, rappresenta ancora un handicap nell’utilizzo di tali tecnologie. Infatti l’Istat rivela che mentre le famiglie di dirigenti, imprenditori e liberi professionisti accedono ad internet con un tasso del 71,7 per cento, le famiglie di operai registrano un tasso d’accesso pari al 33,8 per cento. Inoltre, tra il 2006 ed il 2007 il divario tra i due ceti è aumentato dello 0,7 per cento, per quanto riguarda l’accesso ad internet, mentre per quanto riguarda l’accesso alla banda larga il gap registrato è addirittura del 9 per cento.


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