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L'Europa scopre l'Asia Centrale
di STEFANO GRAZIOLI

[24 apr 08] “L’Asia centrale è una regione sempre più importante per l’Ue e noi possiamo unire i nostri sforzi in numerosi settori. La nuova strategia dell’Ue per l’Asia centrale porta già i suoi frutti: il dialogo e la cooperazione si sono intensificati in un vasto ventaglio di settori e nuovi progetti sono stati avviati per promuovere lo sviluppo commerciale, l’educazione e lo Stato di diritto. Nel corso delle nostre riunioni, passeremo in rassegna tutti i settori, dal commercio ai diritti umani, passando dalle questioni internazionali che riguardano tanto l’Ue che l’Asia centrale, come l’evoluzione della situazione nel vicino Afghanistan e la lotta contro il traffico di stupefacenti”, parole di Benita Ferrero Wladner, commissario europeo per le Relazioni con l’estero in visita la settimana scorsa ad Asghabad, capitale del Turkmenistan.

Fino a poco tempo fa nessuno a Bruxelles si era preso la briga di occuparsi di Asia centrale. Sotto la spinta della Germania, che durante il semestre di presidenza nei primi sei mesi dello scorso anno ha avviato appunto quella che è stata denominata la nuova strategia della Ue, le cose sono cambiate. Naturalmente, oltre ai problemi caldi relativi all’Afghanistan (terrorismo e traffico di droga), il tema principale è quello energetico la relativa differenziazione delle vie di trasporto. Ecco perché in Turkmenistan, in sostanza ancora una dittatura dopo la sua indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991, i rappresentanti europei (con Ferrero Waldner sono arrivati il ministro degli Esteri sloveno Dmitry Rupel, l’inviato speciale Pierre Morel e il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner) si sono presentanti in grande stile e promettendo lauti finanziamenti (750 milioni di euro fino al 2013, con progetti specifici per tutti i Paesi). Sul tappeto, anche se appena accennata, la questione di un gasdotto che dal Caspio arrivi direttamente in Europa senza passare dalla Russia. Il progetto favorito dall’Unione sembra per ora trovare ostacoli insormontabili e non è ancora chiaro quale sorte avrà il Nabucco, la cui costruzione dovrebbe partire entro il 2010. L’Ue deve fare i conti con Mosca, ma anche con tutti i Paesi che sono interessati alle risorse energetiche della regione, Cina in primo luogo.

La visita in Turkmenistan è servita anche a fare il punto sulle relazioni tra Bruxelles e Tashkent: l’Uzbekistan, isolato e sanzionato dopo il massacro di Andijon (maggio 2005, centinaia di morti, roba da far impallidire l’ultima repressione cinese in Tibet), sembra aver trovato la strada della riconciliazione, con il presidente Islam Karimov arrivato senza nessun clamore al recente vertice Nato di Bucarest. “Ci sforziamo per una politica costruttiva, per avvicinare di nuovo l’Uzbekistan e per chiedere che si facciano passi in avanti verso la democrazia”, ha detto Benita Ferrero Waldner in un’intervista al servizio russo della Deutsche Welle. Prossimamente verrà aperto a Tashkent un ufficio della Commissione europea, proprio per facilitare il processo di dialogo. L’Uzbekistan, come il Turkmenistan non certo una democrazia in fieri ma una solida dittatura, cerca dunque un nuovo posizionamento, non del tutto appiattito su Mosca. A Bucarest Karimov ha addirittura proposto per l’Afghanistan una modifica della formula del 6+2 (i Paesi confinanti Cina, Iran, Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan più Usa e Russia) in 6+3 con l’aggiunta della rappresentanza Nato. Come dire, veniamoci incontro, Andijon è lontana.

 


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