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Caccia al gatto, la Cina si prepara alle Olimpiadi
di TIZIANA LANZA

[04 apr 08] Strano modo di prepararsi alle Olimpiadi quello dei Cinesi. Prima bloccano tutte le spedizioni sull’Everest fino al 10 maggio, e c’è chi ha sostenuto che tale iniziativa sia stata intrapresa per paura che il “tetto del mondo” potesse essere utilizzato dalle associazioni a favore dell'indipendenza del Tibet per protestare contro l'occupazione cinese. Ma sappiamo bene che niente sta fermando i tibetani. Le violenze continuano e nonostante i tentativi di minimizzare da parte del governo cinese, arrivano gli echi e partono dimostrazioni in diverse parti del mondo. Le televisioni se ne occupano. La Cina rischia il boicottaggio delle Olimpiadi. Tuttavia, in tutto questo trambusto, ci sono altri esseri viventi che stanno subendo violenze e maltrattamenti, che passano sotto silenzio. Sono i gatti cinesi, soprattutto quelli della capitale. Piccoli e indifesi, non rimane loro che tentare di scappare. Poi però vince il più forte e, abbassata la testa, vengono infilati in gabbie orribili, ammassati l’uno sull’altro, impossibilitati persino a muovere la testa. Tanto che importanza ha? Devono morire… Sembra che il motivo di questo accanimento contro i gatti sia una serie di notizie false e pregiudizievoli messe in giro da campagne governative, il cui scopo è quello di presentare Pechino alla vigilia delle Olimpiadi come una città in cui regna l’ordine supremo. E così si spingono i cittadini a credere che i gatti portino malattie e che siano stati in parte responsabili della Sars. I cittadini esasperati se ne liberano, le strade si riempiono e scattano anche reazioni estreme, quasi da panico, come quella nei pressi di un asilo, dove gli insegnanti hanno preso a bastonate fino a farli morire sei gatti, per paura che contagiassero i bambini.

Poi arrivano i “rastrellatori” e li portano in veri e propri campi di concentramento nella parte alta della città, dove vengono letteralmente abbandonati e lasciati al loro destino di morte: senza cibo, né acqua, in preda alle malattie che, in queste condizioni, si diffondono velocemente. Le sofferenze possono durare anche giorni e non si prendono la briga neanche di sopprimerli con un’iniezione letale. Per fortuna esistono anche in Cina persone caritatevoli: la signora Hu Yuan, 80 anni, ha aperto un vero campo per gatti rifugiati e sta cercando di intercedere con le autorità cinesi affinché cessi questo oltraggio. Sostiene che molte famiglie si liberano volentieri dei propri gatti, in questa situazione, perché non hanno soldi sufficienti a mantenerli e per questo ha suggerito di distribuire cibo per gatti gratis. Ma il governo non ne vuole sapere e alla signora Yuan e ai suoi collaboratori è stato vietato l’accesso nelle “zone lager”. Insomma, per noi sembra un vero e proprio incubo. Ma da quelle parti sembra normale. Già, perché in fondo in Cina gli animali sono meno che niente. Sono ben conosciuti i maltrattamenti nei loro confronti e in Cina non esiste neanche una legislazione sui loro diritti. Nel 2006, come ha riportato recentemente l’Economist, qualcuno aveva presentato una proposta di legge sui diritti degli animali, conclusasi con un nulla di fatto.

La strada da fare è ancora molta, in un Paese in cui si mangiano i cani, si deportano i gatti, si tengono gli orsi in gabbie minuscole perché la loro bile serve per la fabbricazione di alcuni medicinali. E non dobbiamo dimenticare quanto sono “speciali” gli zoo cinesi. Le famigliole vanno lì con tanto di bambini al seguito per assistere a spettacoli crudeli come leoni affamati che sbranano mucche calate dall’alto, proprio come nella scena dei raptors in Jurassic Park. Ora, nel mirino ci sono soprattutto i gatti, perché così vuole il governo cinese. Ma per loro non ci sono grandi manifestazioni. Le televisioni non se ne occupano e soltanto in rete si può trovare qualche articolo o raccolta di firme contro questo atroce rastrellamento dei poveri felini in Cina. Una cosa, però, è certa: chi ama gli animali ha un motivo in più per boicottare queste Olimpiadi.


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