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Vertice Nato: Europa, Usa e Mosca pronti a mediare
di STEFANO GRAZIOLI

[03 apr 08] Il vertice Nato di Bucarest è una delle ultime apparizioni sulla scena politica internazionale di Vladimir Putin da presidente della Federazione Russa. Fra poco più di un mese, il 7 maggio, sarà sostituito da Dmitry Medvedev al Cremlino. Ma è chiaro che la posizione della Russia nei confronti dell’Occidente, critica per quel che riguarda l’estensione a oriente dell’Alleanza atlantica, non subirà sbilanciamenti. A Mosca le posizioni del presidente in carica e di quello designato collimano perfettamente: alla vigilia del summit in Romania, Medvedev ha affermato in un’intervista al Financial Times che “non siamo felici della situazione di Georgia e Ucraina e la consideriamo estremamente problematica per l'attuale struttura della sicurezza europea”, esattamente come Putin ha detto di che “nessun Paese può essere felice di avere vicino ai propri confini i membri di un’alleanza militare di cui non fa parte”. Insomma, la questione dell’allargamento e la cooptazione di altre repubbliche ex sovietiche (dopo quelle baltiche) sotto l’ala statunitense rimane un elemento di attrito tra Mosca e Washington. Di questo e dei progetti di scudo spaziale in Polonia e Repubblica Ceca, discuteranno direttamente domenica prossima a Soci Putin e Bush. Non ci saranno scintille, solo dichiarazioni obbligate per risolvere le differenze in maniera possibilmente consensuale.

Intanto l’attenzione è puntata su Bucarest dove il capo di Stato russo sarà presente per il consiglio Nato-Russia: dato che le decisioni sull’espansione della Nato devono essere prese all’unanimità, è probabile che la posizione di Mosca contro un futuro ingresso nell’Alleanza di Tbilisi e Kiev e, ancor prima, la loro partecipazione al Map (Membership Action Plan), trovi terreno fertile. Il veto della Germania, con la cancelliera Merkel che si trova de facto sulla stessa linea di Putin-Medvedev opponendosi all’entrata di nuovi membri che abbiano conflitti in corso, appare un ostacolo insormontabile per i piani di Washington; il tentativo di Bush di smuovere le acque al Kanzleramt la settimana scorsa in videoconferenza è andato a vuoto. La strategia tedesca è comunque condivisa, più sommessamente nella forma, non nella sostanza, anche da Italia, Francia, Spagna, Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e Lussemburgo. Gli Stati Nato della nuova Europa, dalle repubbliche baltiche alla Bulgaria, dalla Polonia alla Repubblica Ceca, sono invece per un immediato accoglimento delle richieste di ingresso delle due repubbliche che si affacciano sul Mar Nero. Visto lo stallo, per salvare capra e cavoli gli Usa potrebbero proporre un nuovo piano di avvicinamento che non determini automaticamente un futuro ingresso e rimandi di fatto la decisione definitiva. Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha definito una tale possibilità “spazzatura”.


Al Cremlino, di fronte al congelamento dell’allargamento, non sarebbero restii a fornire appoggio alla Nato in Afghanistan, dove non mancano problemi. Si delinea quindi una specie di accordo teso non ad acuire la tensione tra Mosca e Washington, anche al di là della retorica da Guerra Fredda utilizzata spesso e volentieri dai media, ma a riportare il dialogo per la risoluzione degli impegni più impellenti che la comunità internazionale deve affrontare. Non solo la Nato. Il recente incontro preparativo in Russia tra le coppie Lavrov-Serdyukov e Rice-Gates ha dato segnali di cauto ottimismo. Il resto si vedrà a Bucarest e a Soci.


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