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[20 mag 08]

Il villaggio della serie A

C’è la comunità evangelica, duecento anime fra bimbi e genitori, che si riunisce in preghiera due volte alla domenica, alle dieci del mattino e alle sei della sera, nella piccola chiesetta al numero 6 della Sinsheimer Strasse. Una scalinata, il corpo antico della chiesa con l’interno invece bianco di calce e al soffitto le travi di legno, un campanile. Il pastore Thomas Bock è uno smilzo signore, alto e stempiato, che sembra l’immagine classica del curatore d’anime protestanti. Non fosse per le lenti vezzose con la montatura leggera che tradiscono una certa accondiscendenza ai tempi moderni, padre Bock potrebbe essere appena uscito da una vecchia stampa del Seicento fiammingo. Invece siamo a Hoffenheim, Germania profonda, e in pieno inizio di Ventunesimo secolo. Pochi chilometri dalla cittadina di Sinsheim, una ventina dalla più famosa Heidelberg, nel ricco Land del Baden-Wüttemberg. Una macchia urbana in mezzo alla foresta, un pugno di case e un dedalo di strade all’interno delle quali dormono, mangiano, lavorano e si spostano poco più di tremila abitanti. Per la precisione: tremila e duecento.

Più una trentina di sportivi. Per l’esattezza calciatori, fra titolari, riserve, rincalzi e uomini del settore tecnico. Sono gli eroi del 1899 Tsg Hoffenheim, compagine fondata nell’ultimo giro di calendario del Diciannovesimo secolo e ancora tre anni fa sprofondata nella serie dei dilettanti. Da domenica scorsa, l’Hoffenheim è nella prima serie della Bundesliga, la nostra serie A. Una favola che replica e amplifica quella italiana del Castel di Sangro, squadra abruzzese dall’equivoca composizione societaria che alcuni anni fa approdò in serie B. Qui ad Hoffenheim, la società è invece limpida come l’entusiasmo dei suoi sparuti ma invidiatissimi tifosi. Assieme ai giocatori, l’artefice del miracolo è il signor Dietmar Hopp, imprenditore del software, tra i fondatori della Sap, una delle aziende mondiali più importanti del settore con sede a Walldorf e laboratori sparsi in tutto il globo, dalla Cina agli Stati Uniti, dal Canada a Israele e l’India.

Ma il cuore di Dietmar Hopp batte in questo villaggio del Baden-Wüttemberg, per la squadra nelle cui fila tirò da giovane qualche calcio al pallone. Lo stadio che contiene più spettatori degli abitanti di Hoffenheim e che porta il suo nome, domenica era zeppo come un uovo: 5mila tifosi impazziti di gioia per la vittoria che ha regalato la storica promozione. E il paese c’era tutto, compreso il pastore Thomas Bock e la sua comunità di fedeli, più qualche rinforzo accorso dai dintorni e un intero plotone di giornalisti. La squadra non si è risparmiata, bastava un punto, ha travolto gli avversari del Führt per 5 a 0. E poi doccia di birra per tutti, dai boccali grandi un litro, come nella tradizione delle vittorie calcistiche tedesche.

Il sito internet della società proietta le foto del nuovo stadio in costruzione: per i sogni di grandeur di Hopp non possono bastare 5mila posti a sedere e i lavori proseguono a ritmo serrato. Il progetto è bello e l’inaugurazione è prevista per il 2009. E per la squadra, niente paura. L’allenatore, Ralf Rangnick, è uomo esperto: ha guidato in passato Schalke e Stoccarda. I giocatori sono stati messi insieme con una strategia di lungo respiro. Dal 2005 grandi investimenti nel vivaio, crescita costante delle speranze locali più promettenti e saggio inserimento di elementi di maggiore classe ed esperienza. Ne è venuta fuori una squadra compatta e giovane che potrà solo crescere, magari con qualche innesto appropriato in più. La favola di Hoffenheim è destinata a proseguire, a non essere una meteora. Il patron lo ha promesso a fine partita. E’ un uomo dalle emozioni forti. Ma forte, fortissimo è il suo portafoglio. E intelligente la sua strategia. Una nuova stella è nata nel firmamento della Bundesliga. Ne sentiremo parlare a lungo.

 

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