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PSICOLOGIA ED ECONOMIA, L'ANALISI DEL SENTIMENT
Quanto conta il “sentimento” nei consumi e nelle abitudini dei cittadini? L’irrazionale a volte è importante quanto il razionale. Anche in economia.
di PAOLO PASSARO

[27 mag 08] Teresa ama comprare le scarpe. Sono la sua passione. Non passa giorno che non veda delle nuove, belle, smaglianti, scarpe fare capolino in una qualche vetrina del centro e che riesca a passare oltre senza fermarsi e comprarle. E’ una sensazione di sottile profondo appagamento. La pulsione di possedere l’oggetto del desiderio. La psicanalisi spiega i motivi sottesi a questo genere di pulsioni con illustri pareri che riempiono giornali e riviste. Ma quanto contano i fattori psicologici profondi nelle scelte economiche degli individui che si riflettono, a livello collettivo, in fenomeni sociali? Si tratta di un fronte di ricerca poco esplorato che parte da una considerazione articolata delle decisioni individuali circa le scelte di allocazione delle proprie (scarse) risorse tra più usi alternativi. La teoria economica ha fatto grossi passi in avanti, rispetto alla marginalità della scuola austriaca, con le aspettative (razionali) che gli individui hanno sul futuro e, rispetto alle quali, prenderebbero le loro decisioni. Per tutti si può ricordare il lavoro svolto dal Nobel Modigliani che fu l’ideatore dell’ipotesi del ciclo vitale. Una teoria che spiega come il risparmio ed il consumo cambino nell’arco di vita di un individuo. I consumatori tendono ad effettuare le loro scelte di consumo non in base al loro reddito corrente, ma in base alla loro aspettativa di reddito e consumo totale futuri. Corollario non meno importante: generalmente le persone consumano in base al reddito cui sono state abituate. Quindi, se in un dato momento della vita il potere di acquisto si riduce, vuoi perché diminuisce il reddito o per effetto di fenomeni inflazionistici gravi, gli individui tendono a mantenere lo stesso livello di consumo. Il che spiega, in tempi attuali di forte riduzione del potere di acquisto della classe media, l’esplosione delle società finanziarie che prestano piccole somme di denaro utilizzate, spesso, per godere di vacanze in luoghi esotici.

Anche lo svago è una pulsione non meno importante del consumo dei beni voluttuari. Anzi, la nostra appare una società sempre più affamata di svago, assediata dai problemi epocali della competizione globale e del sorgere dei nuovi competitors a livello mondiale (Cina e India) in grado di sopravanzare Europa e Stati Uniti. Il modello occidentale degli ultimi quarant’anni, che parte dall’utopia di una costante e praticamente infinita crescita delle economie, si scontra sempre di più con risorse energetiche e ambientali scarse e contese tra giganti. Il costo del petrolio che schizza verso i 200 euro a barile è il sintomo di una malattia incurabile e non la congiuntura occasionale di una tensione speculativa. Può la Terra assicurare le risorse necessarie al nostro sistema di vita, quello occidentale, anche per un altro miliardo e mezzo di persone? Solo a pensarci tremano i polsi. Attualmente, facciamo un esempio, a Roma vi sono circa 3 milioni di residenti e due milioni e mezzo di auto. Se anche cinesi e indiani volessero da una a tre auto per famiglia, all’inquinamento del pianeta e al consumo di idrocarburi dovremmo aggiungere un altro miliardo di auto. Si tratta di una situazione paradossale. Forse, è il nostro modello che deve essere rivisto.

E se l’economia si occupasse meno delle aspettative razionali e di più di quelle irrazionali? Sembra una contraddizione in termini; eppure anche in campi ferocemente razionali e matematici come quelli che presiedono alle scelte finanziarie ed al funzionamento delle borse si fa strada tra gli operatori l’analisi del sentiment, una metodologia che ricerca sistematicamente gli errori degli investitori, più o meno evoluti, nella valutazione e nella previsione dei mercati finanziari. E’ una teoria sviluppata da Daniel Kahneman matematico e psicologo (guarda caso) premio nobel per l’economia nel 2002. A parte il termine anglosassone che è sempre chic, il sentiment è l’equivalente dell’euforia che prende il giocatore quando, bramoso, gratta il suo biglietto della lotteria istantanea sicuro di vincere. Euforia alla quale subentra uno stato depressivo derivante dalla delusione. Perché a volte gli operatori acquistano in massa quando dovrebbero vendere e viceversa? Agli scettici amici della ragione sembrerà improbabile che si possa configurare un sistema economico e sociale basato su scelte non razionali, inconsce, potremmo osare. Ma sono davvero razionali le scelte di Teresa di comprarsi centinaia di paia di scarpe per seguire suoi impulsi di compensazione di una profonda insoddisfazione esistenziale che deriva dall’assecondare un’immagine esterna che non corrisponde a quella interna? Consumare, comprare, consumare, gettare via milioni di tonnellate di ogni genere di merce, spesso non del tutto inutilizzabile, ci sta portando alla felicità o alla depressione collettiva?

Dai rapporti di scambio delle merci ai rapporti di scambio… delle persone il passo è breve. Se analizziamo le pagine dei quotidiani per due o tre giorni di seguito potremmo lucidamente constatare che le sindromi individuali sono sempre più di tipo depressivo – maniacale o paranoico con tendenza all’onnipotenza. Cresce e si diffonde la sensazione di estraniamento della parte più profonda di noi stessi, chiamiamola inconscio per semplicità espositiva, rispetto ad un meccanismo di stritolamento che ci siamo costruiti nell’allegra illusione che saremmo stati felici. Ciò non significa che ci sia un’alternativa ai meccanismi di mercato. A Cuba i cittadini non sono certo più felici di noi, né lo erano coloro che vivevano nei regimi totalitari dietro la cortina di ferro (un perfetto spaccato di quella società appare nel recente film Le vite degli altri). Non di meno, la sopravvivenza del modello non può prescindere da una rivoluzione. Rivoluzione nel senso di rovesciamento pacifico dei paradigmi che sono sottesi all’attuale società. Ci vorranno decenni prima che accada, se accadrà, ma l’insoddisfazione che alberga in moltissimi che vivono nel nostro mondo, anche quando non se ne accorgono razionalmente, perché reagiscono alla depressione con il comportamento nevrotico (vedi l’acquisto compulsivo, l’abuso di alcool, droga e anche farmaci, per non parlare del consumo di sessualità, spesso distorta), fa pensare che siamo vicini all’inizio di una svolta. Non credo si possa pensare di tornare all’Arcadia, al mondo bucolico delle campagne e ai valori della società contadina (che pure nascondevano miserie non meno terrificanti). Si tratta di pensare che “l’altro” da sé, semplicemente esiste. Addirittura partendo dai rapporti affettivi e familiari che per loro natura dovrebbero essere tipicamente l’espressione più autentica di noi stessi e che sono anch’essi annullati dall’anafettività che ci circonda, ci ghermisce, ci avvolge come un mare di ghiaccio. Passare dalla bramosia della pulsione di possesso, alla cooperazione solidale tra persone che si rispettano nei reciproci ruoli… Sogno di un pomeriggio di primavera?


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