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(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
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IMPEGNO RUMENO

Ciao, sono Cosmina Sanda Talpos, rumena di Zalau. Vivo in Italia, in provincia di Torino, da sei anni, e sono arrivata sperando di cambiare la mia vita e lasciare alle spalle il periodo trascorso nella mia terra, senza dimenticare quello che lì ho vissuto, ma senza dimenticare neppure la mia gente, i nostri bambini e le nostre donne che da sempre subiscono gli insulti di una mentalità che non si è adeguata neppure alla nuova realtà di una Romania entrata a pieno titolo nella Comunità Europea.
I bambini che subiscono violenze fisiche e morali sono il mio desiderio di rivalsa, è per loro che dall’Italia lotto affinché possano vivere a pieno titolo il diritto di essere piccoli. Arrivata in Italia, ho svolto per anni lavori semplici, bar, pulizie negli uffici, ma il mio sogno era quello di operare nel sociale per la mia gente, per la mia terra.
Nel 2005 ho conosciuto una persona speciale, una donna che anche lei è stata vittima di violenze terribili. Insieme abbiamo cominciato a lavorare per un mondo migliore, contro ogni forma di violenza, da qualunque parte arrivi, e lentamente il progetto ha preso corpo, dando vita ad un’Agenzia Giornalistica AG Comunicazione e ad una Onlus, Daphne, contro ogni violenza, di cui sono vice presidente. Ho partecipato ad un progetto europeo, Daphne III, di cui sono la referente rumena, poiché rappresento i sindaci di alcuni centri della Transilavania ed i padri Somaschi che operano a Baia Mare, e sono pronta a presentare altri progetti che coinvolgano la terra ed il popolo che io amo e per cui mi impegno ogni giorno.
Presto opererò proprio sul territorio rumeno, cercando di creare opportunità di lavoro, che diano a tutti una vita migliore. La mia battaglia continua accanto ai deboli, ai più fragili, ai piccoli che non vedono futuro.

Viva la Romania! E Grazie all’Italia che mi da l’opportunità di essere propositiva.

 

Cosmina Sanda Talpos
www.daphneonlus.splinder.com

www.repertoriok.splider.com
www.annamariaaudino.it

 

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UMANISTA, NON ANTILIBERALE
Caro direttore,
in merito all'intervista di Stefano Caliciuri a Douglas Carswell, senza sviluppare 
un discorso che meriterebbe uno spazio molto più ampio, vorrei dire che non 
invidio il sistema di caste, il livello di vita (vedere il Nhs) o la concezione 
mercantilista anglosassone dell'essere umano (da Locke in poi). Non voglio una 
società dove tutto è perfetto se si è ricchi, giovani e in buona salute, senza 
il minimo di solidarietà per il debole, come negli Usa, per esempio. E non mi 
sembra un atteggiamento antiliberale, bensì semplicemente umanista. O 
vogliamo eleggere lo sceriffo, come in America, nonché il capostazione?
Georges Boudron
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GOVERNO, DARE PIU' SPAZIO AL SUD
Gentile Redazione,
sembra che Berlusconi abbia varato il governo della Padania. Dieci ministri su ventidue sono lombardo-veneti, solo due ministri con portafoglio sono del Sud. Fate notare che il meridione non è adeguatamente rappresentato, vedremo se il Sud verrà adeeguatamente rappresentato tra i viceministri e sottosegretari.

Cordiali saluti
Giovanni

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MALATTIE RARE
Le malattie rare sono tante e complesse e se ritardata la diagnosi, aumentano le complicazioni per la salute dei malati, in tanti casi anche gravi. In questo mio semplice scritto vorrei portare l’attenzione in particolare su una di queste malattie rare: la malattia di Behcet. Leggendo le dichiarazioni delle associazioni di questa malattia, pubblicate su siti inernet, e su qualche giornale, i malati rischiano delle complicazioni gravi alla vista, neurologiche, e tante altre. Dicono sia colpa della burocrazia e delle istituzioni sanitarie nazionali che non accelerano i tempi di registrazione del farmaco, per poter poi segnarlo come prescrivibile per la malattia di Behcet. Il farmaco si chiama infliximab.

Ora questo farmaco, non avendo l’indicazione per la malattia di Behcet, non può essere rimborsato all’Asl, agli ospedali, e ai centri universitari. In Italia esistono tre centri clinici in cui viene somministrato questo farmaco, sotto la propria responsabilità e a proprie spese. Questo farmaco secondo medici e malati dà risultati molto buoni, ritardando e bloccando le complicazioni e anche recuperando la funzionalità di tanti organi già lesi, migliorando la salute e la qualità della vita dei malati della sindrome di Behcet. I tre centri sono a Reggio Emilia, Prato e Potenza.

E sì che nella nostra bella costituzione italiana sta scritto che il diritto alla salute deve essere garantito a tutti i cittadini, in uguale misura di trattamento, anche per chi ha una malattia rara,

Le normative che hanno istituito il nostro Servizio Sanitario Nazionale contengono dei principi ottimi, di uguaglianza di trattamento, principi universalistici di solidarietà su tutto il territorio italiano, normative che contengono anche degli obiettivi di prevenzione, cura e riabilitazione per tutti. Questi malati con la sindrome di Behcet incontrano tante difficoltà nel giungere velocemente ad una diagnosi, affrontano tempi di attesa per visite specialistiche impossibili di quattro, cinque, sei, sette mesi. C'è carenza di informazione sul territorio, carenza di cure, costi alti dei farmaci in alcuni casi, disomogeneità della disponibilità di trattamento e di assistenza.

Rivolgo un appello, per un impegno concreto, forte, da parte di tutti, dalle istituzioni sanitarie preposte, sia a livello nazionale, regionale, provinciale, alle Asl, alle Aziende Ospedaliere, ai Comuni. Un forte appello anche ai mezzi di informazione, giornali, televisione, radio, siti internet, di dedicare più tempo, più spazio per la salute dei cittadini, per le malattie rare, per questi malati , per i loro bisogni, di prendersi maggior impegno, invitare a qualche trasmissione televisiva, alla radio, più spazio sui giornali, alle associazioni delle malattie rare, ai malati ai loro famigliari, che purtroppo sono lasciati quasi soli, nelle loro sofferenze, nelle loro richieste, per il diritto alla salute. Un maggiore impegno dobbiamo farlo tutti insieme, per far sì che l’obiettivo di un Servizio Sanitario Nazionale sempre migliore, con meno ostacoli burocratici, con meno tempi di attesa per esami e visite diagnostiche, e le cure efficaci già esistenti siano disponibili gratuitamente per tutti i malati di malattie rare in uguale misura su tutto il territorio nazionale, e i principi di uguaglianza di trattamento sia veramente attuati, e il diritto alla salute per i cittadini, sia veramente raggiunto e garantito. Se faremo questo contribuiremo a costruire e a raggiungere l’obiettivo di una società migliore, più giustizia sociale, e piena di valori veri, dove la salute, la vita siano messi al primo posto nella scala dei valori.

 

Francesco Lena

 

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MOGGI E I GAY

Il mitico Luciano Moggi ha esternato anche sul mondo gay.

Non mi permetto di fare nessuna morale a questo signore, non ne ha bisogno, ma solo alcune domande. Ha affermato che nelle sue squadre non ha mai avuto gay, ma ne è cosi' sicuro? Sottoponeva personalmente al test oppure aveva una equipe di tecnici preposti a questi controlli?

Nello spogliatoio si sta nudi, quindi i gay devono stare fuori. Questo presuppone, dal pensiero celato e velato del signor Moggi, che i gay pensano solo al sesso e si avventano sul primo maschio nudo che incontrano.

Asserisce di essere all'antica, ma solo sulle idee riguardo i gay perché invece all'utilizzo di tecnologia e telefonia di ultima generazione era ben preparato e per nulla all'antica.

Luca Maggioni
Gaylib Lombardia

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ELOGIO DEL DISABILE NORMALE
Esimi, chi Vi verga è un essere vivente che all'ombra di ciò che ebbe già modo di dir il grandemente lungimirante Voltaire "disapprova quello che dite, ma difenderà fino alla morte il vostro diritto di dirlo", nonché volontario di Emergency e congenitamente disabile. La tanto chiacchierata esclusione dalle Olimpiadi di Oscar Pistorius, atleta sudafricano diversamente abile con amputazione bilaterale che si avvale di protesi al carbonio, mi ha instillato una profonda considerazione.
Per questo, innanzitutto, vorrei che mi si chiarisse  un dubbio. Ho la sensazione, vissuta, che la "categoria" (e chiedo venia per tale classificazione) delle persone con disabilità sia alla continua ricerca di una propria identità, che sembra avere smarrito o voler trasformare.
Infatti, le vite, le azioni e le vicende di persone con disabilità narrate e rappresentate dalle tv generaliste e dai media si incentrano quasi sempre, malauguratamente su vittime d'episodi di cronaca nera o su chi rappresenta una "specificità nella disabilità", come a dimostrare la propria "eccezionalità" nella disabilità stessa.
La continua e sola rappresentazione di limiti estremi ad opera di sportivi disabili, di specificità di artisti disabili e altro ancora - sempre all'insegna dell'altisonante - da una parte, certo, mi confortano e mi suscitano grande e profonda ammirazione per tutte le capacità che queste persone riescono a mettere in gioco.
E tuttavia vorrei far notare, nella grande rappresentazione di questa nostra realtà sociale, che la persona con disabilità non deve mostrare le proprie incapacità per avvalorare ed esaltare le capacità eventualmente raggiunte. Senza voler sottacere o nascondere alcunché, mi sembra infatti che sia
dignitoso mostrare la persona con disabilità in tutto la sua umanità,
prescindendo dall'estremizzazione del suo carattere e dei suoi limiti.
Che l'handicap, ossia "l'ineguaglianza delle prestazioni" derivante da      menomazioni o patologie a carico di una persona, sia in realtà commisurato fortunatamente non più e non solo alla valenza di questa menomazione o disturbo, bensì al fatto che la persona viva, operi e lavori in un ambiente sfavorevole o favorevole, è cosa ormai assodata per la quale si può concludere che la disabilità è una determinata condizione in un ambiente sfavorevole.
Oltre a ciò, è generalmente acclarato anche che la non ricchezza e l'handicap creano una sorta di circolo vizioso, tanto che se la povertà è causa di patologie, vale anche il suo opposto. Per le persone che vivono con un handicap, la semipovertà causa insomma una forma secondaria di handicap, legata alle condizioni di vita precaria, agli impedimenti sociali (non solo
architettonici), all'accesso alla salute.
Gli individui con disabilità - come esseri umani e perché esseri umani - hanno diritti primari che non è lo Stato a dover attribuire; diritti naturali che proprio perché tali, sottendono prerogative umane insopprimibili che lo Stato deve solo riconoscere. Sono quei diritti che nascono con l'uomo e con lui muoiono, costituendo la garanzia vitale dei beni insostituibili e inalienabili della vita, dell'integrità fisica e psichica, dell'uguaglianza e della libertà.
Ebbene, in tale contesto la società mostra un'attenzione molto parziale nei confronti di tutti noi persone con "normale disabilità" e soprattutto impotenti o incapaci, forse, a valorizzare, o direi più precisamente, a mostrare, le nostre
non-normalità.
Noi disabili, non di rado siamo circondati da leggi che sembrano di specificità e correttezza impareggiabile, ma che al momento della loro applicazione divengono strumenti quasi devastanti della nostra dignità di vita.
Noi diversamente abili, se non avessimo l'affetto, la vicinanza, l'amore dei nostri familiari e di quelli che con abnegazione si impegnano con noi, certo non troveremmo nello Stato qualcuno che ci permetta di condurre una vita che possa soltanto definirsi tale.
E tornando a quanto si diceva all'inizio, è categoricamente pleonastico   affermare che in realtà tutti hanno in sé delle potenzialità che possono evolversi o essere sviluppate a prescindere dalle proprie condizioni psicofisiche. Anche il mondo della "normalità" è pieno di individui con una spiccata ed emergente sensibilità nell'arte, nella cultura, nello sport e quant'altro. Questo però non significa che la "normalità" sia costituita da tali eccezionalità, altrimenti vorrebbe dire banalizzare la normalità stessa.
Ora, credo che nel mondo della disabilità debba essere applicato lo stesso concetto in maniera più profonda e responsabile. Siamo individui che alle quotidiane difficoltà della vita devono aggiunger quella di un corpo non al top, e di barriere create (non sempre volontariamente) dalla società. È proprio questa, paradossalmente, la "normalità della disabilità".
Mi piacerebbe molto non vedere più la "diversità nella diversità". Vorrei vedere, sentire, vivere il "disabile normale", non discriminato.
La persona che non sempre può frequentare la scuola, che difficilmente      lavora, che a volte non può uscire per le eterogenee barriere: questo è il "normale disabile". E tutto l'amore e l'attaccamento per la nostra vita devono
quotidianamente fare i conti con gli sguardi curiosi degli altri,il dover certificare (nel senso letterale del vocabolo!) per poter veder riconosciuti e tutelati i propri diritti.
Sperticatamente grazie per il tempo dedicatomi,

cordiali saluti
Luigi  Zappa

 


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