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La strana disputa sulle fattorie di Shebaa
di RODOLFO BASTIANELLI

[31 mar 08] Quella per le fattorie di Shebaa è una disputa che risulta difficile da decifrare, viste le limitate dimensioni del territorio ed il loro irrilevante peso economico. Situate tra le alture del Golan e la frontiera israelo – libanese, quest’area di 25 Kmq è contesa da Siria e Libano e rappresenta uno dei maggiori punti di attrito tra i governi di Gerusalemme, Beirut e Damasco. Le origini della disputa risalgono alla fine del primo conflitto mondiale quando, con il crollo dell’Impero Ottomano, alla Francia venne affidato dalla Società delle Nazioni il mandato sulla Siria ed il Libano ed alla Gran Bretagna quello sulla Palestina. In seguito, nel 1923, le due potenze si accordarono segnando una demarcazione riconosciuta nel 1949 come linea armistiziale da Israele, Siria e Libano dopo il primo conflitto arabo–israeliano, mentre nessun confine venne tracciato tra la Siria ed il Libano, essendo entrambi mandati francesi. E da ciò deriva la contesa per il possesso delle fattorie di Shebaa. Infatti, anche se per alcune carte georgrafiche la zona si situerebbe in territorio siriano, il governo libanese ha sempre contestato questa affermazione, tanto che negli anni Sessanta i due Paesi istituirono una commissione tecnica incaricata di studiare il problema. E forse sarebbe rimasta solo una disputa giuridica se gli eventi accaduti in Libano non avessero fatto emergere il problema sulla scena politica mediorientale.

Quando il Paese dei Cedri sprofonda nella guerra civile, nel 1978 Israele decide l’operazione “Litani” in risposta ad alcune azioni terroristiche partite dal Libano meridionale e nel 1982 avvia una più vasta azione militare, denominata “Pace in Galilea”, con lo scopo di eliminare l’attività dei gruppi armati palestinesi e far ritirare le truppe siriane. L’impegno militare israeliano si protrarrà fino al 2000, quando il governo di Ehud Barak decise il completo ritiro dell’esercito dal Libano, non solo per porre termine ad un conflitto divenuto impopolare ma anche per compiere un gesto distensivo verso il mondo arabo alla vigilia dell’importante conferenza di pace di Camp David. Da questo momento la questione di Shebaa diventa un rebus per la diplomazia internazionale. Se le Nazioni Unite, appoggiate da Washington e Gerusalemme, dichiararono che Israele aveva completato il ritiro dal Libano rispondendo a quanto contenuto nella Risoluzione 425, al contrario il governo di Beirut, sostenuto in questo dalla Siria, affermò che le forze israeliane continuavano ad occupare l’area delle fattorie di Shebaa, allegando a sostegno delle sue rivendicazioni una mappa in cui l’area rientrava all’interno del territorio libanese.

A queste dichiarazioni l’Onu rispose sottolineando come altre mappe, tra le quali una del ministero della Difesa di Beirut, mostrassero invece le fattorie di Shebaa situate in territorio siriano, ribadendo inoltre che l’area rientrava sotto il mandato della missione Undof, la forza di interposizione dispiegata sul Golan, e non invece in quella dell’Unifil, presente in Libano fin dal 1978. In realtà la questione è essenzialmente politica. Ignorata dai libanesi, la disputa sulle fattorie di Shebaa rappresenterebbe solo uno strumento di pressione della Siria nei confronti di Israele che si servirebbe in questo degli Hezbollah. Per risolvere il problema, due anni fa il premier libanese Fouad Siniora propose una soluzione per cui Israele si sarebbe dovuto ritirare lasciando la zona sotto il controllo delle Nazioni Unite fino a che Siria e Libano non avessero raggiunto un accordo. Ma per gli Hezbollah un eventuale ritiro israeliano presenterebbe però dei rischi politici non indifferenti, in quanto, senza l’esistenza di alcun pretesto, i libanesi non sarebbero più disposti a tollerare le loro azioni contro lo Stato ebraico, cosa che per il movimento sciita si tradurrebbe in una forte perdita di popolarità. Evenienza, questa, che nessuno si augura tra gli Hezbollah.


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