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Rifiuti e mozzarella, ma dov’erano le procure?
di ENRICO GAGLIARDI

[28 mar 08] La Campania sempre più protagonista nelle cronache degli ultimi mesi, protagonista non certo per situazioni meritorie: dopo il “ciclone spazzatura” è la volta della mozzarella. In alcune zone, campioni di latte di bufala sono risultati positivi all’analisi sulla diossina. Il terreno inquinato da sostanze tossiche ha colpito anche gli animali, come già era successo per interi greggi di pecore letteralmente sterminati dalla diossina. Un territorio prima salubre e con il tempo violentato dalla corruzione e dal malaffare, reso inservibile ed anzi addirittura dannoso per la salute di chi ci abita. Inutile sottolineare come la cosa stia avendo ripercussioni fortissime in termini economici; per quanto le autorità ministeriali si siano affrettate a minimizzare il problema, il danno patrimoniale è fin troppo evidente ed in queste situazioni la cattiva pubblicità amplifica, e di molto, la percezione negativa da parte dei Paesi esteri. Alcune nazioni, grandi importatrici di questo prodotto, hanno già bloccato gli ordini e l’Unione Europea segue con molta attenzione lo svolgersi dei fatti. Si parla, ad oggi, di un danno di circa trenta milioni di euro e siamo solo all’inizio. Ennesima mazzata, dunque, ad una regione che già con il problema della “munnezza” aveva subito perdite ingenti in termini di turismo. In tal senso le immagini di una Pasqua spettrale nei principali luoghi di villeggiatura del napoletano parlavano praticamente da sole.

La vicenda campana, dalla spazzatura alla mozzarella, rappresenta un affresco triste e al contempo terribile di come quelle zone siano state governate per tanto tempo: la situazione di oggi è il prodotto di scelte sbagliate, suicide quando non addirittura illecite da parte delle istituzioni locali. La critica nei confronti del malgoverno locale è stato un po’ il filo rosso che ha unito e caratterizzato tutti i commenti da parte dei principali giornali del Paese; pochi però hanno messo l’accento su un altro elemento forse anche più importante: l’assenza marcata di qualsiasi controllo giurisdizionale e di legalità. Balza agli occhi la condotta dissennata di certe amministrazioni locali che hanno messo in crisi e rovinato forse irrimediabilmente un’intera economia. Ma dove erano le Procure quando gli appalti di smaltimento dei rifiuti venivano dati sempre alle stesse società a fronte di nessun tipo di risultato pratico? Dove era la magistratura quando “ecoballe” inservibili si accumulavano rendendo arduo qualsiasi tipo di smaltimento? Dove era il controllo da parte dei giudici inquirenti quando particelle di diossina massacravano uomini e animali? Qualche maligno risponderebbe: ad intercettare Berlusconi e Saccà in un’inchiesta che probabilmente non avrà nessun seguito processuale ma solo un forte dispendio di tempo e denaro.

Se si è arrivati a questo punto non può essere solo per colpa della politica, che certamente ha la responsabilità principale ma non unica. Anche l’improvviso interessamento della procura di Napoli non può non generare qualche perplessità: in altri termini, perché solo adesso si è messa in moto l’indagine che vede sotto processo il numero uno della Regione Campania, ovvero Antonio Bassolino, insieme ai vertici di alcune società del nord? Bisogna accogliere con favore il fatto che la magistratura si sia mossa ipotizzando reati anche piuttosto seri a carico degli indagati (per i quali vige comunque il principio di non colpevolezza), ma allo stesso tempo resta il rammarico sul fatto che forse maggiore tempestività avrebbe ridotto i danni. L’opera della funzione giudiziaria non dovrebbe mai esorbitare le proprie competenze e tracimare in quelle della politica ma senza dubbio, proprio in ossequio alla divisione dei poteri, dovrebbe vigilare sul giusto svolgimento della vita istituzionale per impedire il compimento di illeciti di ogni sorta: la situazione odierna campana sembra contrastare con questo principio.


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