Questo sito è ottimizzato
per Internet Explorer.

(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Redazione: piazza Sant'Andrea della Valle, 6 - 00186 Roma
Tel: 0668135132 - 066872777 - Fax: 0668135134
Email: redazione@ideazione.com

E adesso completiamo la legge Biagi
di
PAOLA LIBERACE

[01 mag 08] La sedicesima legislatura appena iniziata rappresenta un’occasione importante per la liberazione della classe lavoratrice italiana. No, non stiamo parlando della speranza che la lotta di classe, appena sfrattata dal Parlamento con tutta la sinistra radicale, venga reintrodotta per vie oblique; e neppure della minaccia che possa trasformarsi in lotta armata extraparlamentare, come pure è stato paventato all’indomani del voto. Più semplicemente, si tratta dell’auspicio che i deputati e senatori della maggioranza, appena insediati, abbiano la volontà e la lungimiranza per proseguire nell’opera di Marco Biagi e completare la legge 30, approvata nella scorsa legislatura di centrodestra. Questo vuol forse dire mettere mano al testo, stralciando i provvedimenti che - secondo i suoi detrattori - avrebbero precipitato il Paese nella spirale della precarietà, e ritornando al “posto fisso”? Tutt’altro. La legge Biagi non è rimasta incompiuta perché nel mondo del lavoro ci sia bisogno di meno flessibilità, ma perché ce ne vuola molta, molta di più. 

Facciamo un passo indietro. La legge 30 ha meritoriamente inaugurato una serie di nuove forme contrattuali “atipiche”,  con lo scopo di agevolare l’ingresso dei neoassunti nel lavoro dipendente. Lo scopo era quello di facilitare l’assunzione della manodopera necessaria, a diverso titolo, da parte delle imprese, moltiplicando nel contempo le possibilità di emersione del sommerso per i lavoratori. La legge ha in effetti offerto ai dipendenti una gamma di assetti lavorativi diversificata e più dinamica che in passato. A partire dal telelavoro: che contempla la possibilità di svolgere attività tradizionalmente confinate tra le pareti di un ufficio da postazioni remote, utilizzando gli strumenti tecnologici – ormai perfettamente adeguati - a disposizione di aziende ed enti. Per proseguire con il rapporto di lavoro part-time, con tre possibilità di organizzazione del tempo: orizzontale (distribuito su tutti i giorni lavorativi con meno ore per ciascuno), verticale (distribuito su pochi giorni a orario intero) e misto (con una mescolanza dei due sistemi). Per finire con il job sharing, che prevede l’assunzione in coppia per due lavoratori che si dividono un compito, e quindi un obiettivo e una responsabilità, oltre a un orario.

Purtroppo, la riforma, che ha funzionato egregiamente per sbloccare l’accesso al mondo del lavoro, non è stata altrettanto efficace per trasformare questo stesso mondo nei suoi assetti preesistenti: in altre parole, non ha toccato in profondità la struttura del rapporto lavorativo, ma si è limitato a offrire possibilità che non sempre sono state sfruttate come meritavano. Nonostante il telelavoro sia diventato realizzabile tecnologicamente e legalmente, sono ancora in pochissimi ad avvalersene; malgrado l’adozione di questo tipo di contratto, influendo sull’utilizzo dei trasporti privati, sulle risorse aziendali e sull’inquinamento atmosferico, comporti benefici sempre più largamente riconosciuti sui costi a carico dell’azienda e sulla vivibilità delle città (oltre che sul benessere dei lavoratori). Allo stesso modo, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto part-time, la cui facoltà è riconosciuta e teoricamente incentivata (in particolare nel caso delle lavoratrici madri), resta pur sempre una facoltà; e non un diritto, nemmeno quando alle impenetrabili “esigenze organizzative” che motivano il rifiuto si oppone una situazione familiare e personale difficile da gestire. In generale, quel che è spesso accaduto è che le nuove forme contrattuali, come il job sharing, siano state adottate limitatamente alla fase iniziale del rapporto lavorativo, e riservate a lavori di fascia medio-bassa o poco qualificanti; rimanendo invece del tutto escluse nel caso di mansioni di responsabilità, altamente professionalizzanti. Proprio quelle che, paradossalmente, potrebbero più agevolmente essere disancorate dalla presenza fisica, per misurarsi con il raggiungimento di obiettivi e con i risultati ottenuti.

A tutt’oggi in Italia, per la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti, l’occupazione quotidiana di un ufficio per un numero stabilito di ore rappresenta l’unico criterio oggettivo per il riconoscimento della retribuzione di base; anche quando le attività previste non la richiederebbero necessariamente, né per garantire l’esecuzione dei propri compiti, né per garantire che la performance sia adeguata. Chi lavora, insomma, viene tuttora pagato sulla base di una presenza, non sulla base del suo lavoro: per quanto inconcepibile possa sembrare, nel ventunesimo secolo, invaso di gadget e strumentazioni per la comunicazione a distanza, si lavora ancora nelle modalità che un comico come Paolo Villaggio aveva avuto facile gioco a ridicolizzare più di trent’anni fa. Ma per quale motivo le aziende sono così restie ad aprirsi alla flessibilizzazione, o addirittura personalizzazione, dell’orario e della sede di lavoro?

Una delle obiezioni più consistenti rimanda in ultima analisi alla struttura dell’organizzazione, che richiederebbe una partecipazione concreta, non solo immateriale, da parte del lavoratore. Si tratta tuttavia di un’obiezione del tutto superabile, in particolare da qualche anno a questa parte. Non solo e non tanto perché le stesse organizzazioni - il cui principale asset sono spesso le persone, non i mezzi o i beni - si fondano su relazioni del tutto immateriali. Ma perché, anche a voler prendere sul serio la necessità impellente di confronto costante e non altrimenti pianificabile tra l’individuo e l’organizzazione, questa può essere ormai pienamente soddisfatta attraverso gli strumenti di social networking. E’ la base, divenuta ormai pratica quotidiana, del cosiddetto Web 2.0: espressione con la quale sinteticamente si indica il complesso di applicazioni e soluzioni online – come i blog, i portali di condivisione dati, i siti di elaborazione collettiva delle informazioni - che si fondano sulla partecipazione in rete degli utenti, trasformati da semplici navigatori in commentatori, contributori e autori. La maturità raggiunta dai principali sistemi di condivisione delle informazioni rende del tutto obsoleta la preoccupazione di “isolamento” dei lavoratori, che solo una visione estranea all’evoluzione tecnologica potrebbe ancora pensare “confinati” nelle loro case, soli davanti al computer.

La nuova maggioranza di governo dovrebbe non esserne del tutto inconsapevole: se è vero che si tratta della stessa maggioranza, o poco diversa, che sostenne nel 2004 la cosiddetta legge Stanca per la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Anche in questo caso, dunque, l’opera iniziata va proseguita e completata, estendendo i benefici attesi - come l’alleggerimento delle procedure, o la raggiungibilità delle informazioni a prescindere dalla vicinanza fisica – al mondo dei servizi, non solo quelli pubblici, che si avvalgono degli strumenti telematici. Qui non si tratta di abbracciare acriticamente la promessa dell’ennesimo Eden che arriva dai guru informatici, o di farsi promotori di chissà quale utopica (o grillesca) “democratizzazione” telematica delle aziende; ma di utilizzare il buon senso, insieme a qualche cognizione economica di base. Politica e imprenditoria, insieme, hanno la possibilità e la necessità di realizzare il pieno sfruttamento dei mezzi di comunicazione, interazione e condivisione online, che rappresenta un valido sostegno e per le aspirazioni vitali dei dipendenti e per gli imperativi di “cost-saving” delle imprese; e così facendo, possono e devono adoperarsi per l’incontro tra la legge Biagi e la legge Stanca, a beneficio del mondo del lavoro e del Paese in generale.


Le riflessioni di un filosofo
sul mondo che cambia.

_____________

Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere.
_____________

_____________
IL POST

I migliori post del giorno selezionati dai blog di Ideazione.

_____________
IDEAZIONE DOSSIER
Analisi, approfondimenti
e reportage.

IDEAZIONE VINTAGE
Il meglio dei primi quattordici anni della rivista bimestrale.
_____________
I BLOG DI IDEAZIONE

---

---

---

---



E adesso
la legge elettorale

di Daniele Capezzone



L'ultimo volo
di Tempelhof

di Pierluigi Mennitti



Il Mediterraneo visto dagli Usa

di Massimo Lo Cicero



Italians
do it better

di Barbara Mennitti



Cannes si ricorda del pubblico
di Domenico Naso



Marco Casella, l'importanza della politica estera
di Stefano Caliciuri