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Una classe dirigente sotto rifiuti e avvisi di garanzia
di ENRICO GAGLIARDI

[28 mag 08] Proprio mentre l’emergenza rifiuti, anche se tra mille difficoltà (con i blocchi stradali non ancora eliminati completamente) andava risolvendosi, l’azione della magistratura napoletana arriva a smuovere una situazione già sufficientemente ingarbugliata. Nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione dei rifiuti in Campania sono state coinvolte personalità di spicco in tutta la regione. Ben 25 gli ordini di custodia cautelare in forma domiciliare diretti, tra gli altri, a Marta Di Gennaro, responsabile del settore sanitario del Dipartimento della Protezione civile, e a Michele Greco, dirigente della Regione Campania. Tantissimi altri sono i nomi di rilievo ma forse il provvedimento di maggiore gravità o comunque di maggiore risonanza mediatica è l’avviso di garanzia nei confronti del Prefetto di Napoli Alessandro Pansa. Inutile sottolineare come l’inchiesta abbia provocato un vero e proprio terremoto nella politica nazionale con reazioni di tutti i tipi. Ferma restando l’assoluta fiducia nell’operato della magistratura e soprattutto la presunzione di innocenza garantita dalla nostra costituzione, è innegabile come alcune riflessioni si impongano in tutta la loro attualità.

Per prima cosa non si può trascurare come l’attuale inchiesta di fatto coinvolga i vertici degli organismi che dovevano risolvere un’emergenza divenuta in pratica permanente. Se poi a questi elementi si affianca la precedente indagine avviata nei confronti di Antonio Bassolino per questioni analoghe, il quadro dimostra come qualche intoppo (più di “qualche” in realtà) nello smaltimento dei rifiuti si sia verificato. A prescindere dai futuri sbocchi dell’indagine, l’operato della magistratura inquirente rappresenta solo la punta di un iceberg molto più grande legato ad una gestione paradossale che dura ormai da tempo immemorabile: per anni si è scelto di gestire il problema in maniera raffazzonata, superficiale ed ora le conseguenze esplodono in tutta la loro drammaticità. E’ sempre molto pericoloso cavalcare l’onda delle iniziative giudiziarie soprattutto perché troppo spesso queste sono generate da fattori esogeni rispetto al dato squisitamente giuridico e probatorio e si risolvono in un nulla di fatto; certo però le parole utilizzate dai due pm titolari dell’inchiesta non sono di basso profilo. Quando i magistrati (fonte Corriere.it) parlano di “colossale opera di inquinamento del territorio, posta in essere anche grazie a connivenze presenti ai più alti livelli e perseguita confidando nella possibilità di nascondere, proprio sotto le tonnellate di quei rifiuti che si dovrebbero smaltire correttamente, la pessima gestione degli stessi” e di “vicende che dimostrano la persistenza di un modello di gestione piegato esclusivamente a interessi economici e quindi incline, anzi aduso a violare qualsiasi interesse collettivo, compresi quelli della salute e dell’ambiente”, tratteggiano la situazione drammatica che da parecchi mesi è sotto gli occhi di tutti.

Non è necessario leggere le parole dei magistrati per capire che nel corso degli anni una gestione scellerata dello smaltimento ha violentato e rovinato un territorio con danni incalcolabili sia sulle persone che sull’ambiente circostante. Se in quelle zone l’incidenza dei tumori è aumentata esponenzialmente rispetto alla media nazionale, questo dovrà necessariamente essere indicativo di un comportamento “patologico”. Sotto le ordinanze di custodia cautelare e sotto i cumuli di rifiuti campani, dunque, viene politicamente seppellita un’intera classe dirigente locale totalmente incapace di smaltire i rifiuti semplicemente in maniera normale. Tralasciando il giudizio della magistratura, ci si chiede quando arriverà quello politico, degli elettori campani da tempo sotto il tallone di una classe dirigente incapace di qualsiasi analisi sul proprio operato.


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