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Saakashvili vince tra accuse e tensioni
di
STEFANO MAGNI

[23 mag 08] “Saranno le elezioni più libere ed eque della Georgia”, aveva promesso il presidente Mikheil Saakashvili, all’inizio della campagna elettorale per le parlamentari. Avrà mantenuto la promessa? Il presidente Saakashvili, liberale e filo-occidentale, è arrivato al potere nel 2004, con il 96 per cento dei voti, dopo aver sfidato e battuto il post-comunista Eduard Shevardnadze, il penultimo e più famoso ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica. Allora, Saakashvili si presentava come il candidato anti-corruzione e democratico, in contrapposizione al vecchio sistema. Aveva appena guidato e vinto la Rivoluzione delle Rose, contro i brogli elettorali di cui era accusato Shevardnadze. Era visto come un eroe dalla quasi totalità della popolazione e ha capitalizzato il suo successo conducendo drastiche riforme economiche: una serie di liberalizzazioni che hanno fatto della Georgia, da Stato semi-totalitario quale era, uno dei Paesi più aperti dell’area ex sovietica. L’Index of Economic Freedom della Heritage Foundation attribuisce al Paese un punteggio di libertà economica di 69/100, un risultato straordinario considerando che la media europea è di 66/100 e la vicina Russia ha preso un misero 49/100. Vi sono due settori, tuttavia, in cui la Georgia non è ancora libera: la corruzione della burocrazia e la scarsa protezione dei diritti individuali di proprietà. Anche in fatto di diritti politici, Saakashvili è stato più volte contestato dall’opposizione per aver utilizzato metodi intimidatori contro gli oppositori, non molto diversamente da quel che accade in altre repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale e del Caucaso. Le relazioni con la vicina Russia, inoltre, sono rimaste sempre molto tese (come d’altra parte lo erano anche ai tempi di Shevardnadze) a causa delle regioni separatiste a maggioranza russofona di Abkhasia e Ossezia meridionale, protette dal Cremlino, in cui si combatté una violenta guerra civile nel 1992-93.

In questo quadro, confortante solo a metà, Saakashvili ha perso il consenso plebiscitario di cui godeva. Duramente contestato dall’opposizione con una serie di manifestazioni di piazza nel novembre del 2007, ha reagito proclamando lo stato di emergenza, ma non ha condotto una repressione vera e propria. Ha invece accettato di mettersi in discussione con il voto e nel gennaio del 2008 è stato rieletto. Non con il 96 per cento del 2004, ma con un più realistico (e democratico) 52 per cento. Prima di queste elezioni per il rinnovo del Parlamento, Saakashvili ha portato a termine le principali riforme elettorali richieste dall’opposizione. I nuovi membri dell’organo legislativo sono stati votati per il 50 per cento con il sistema proporzionale, con una quota di sbarramento non più del 7 per cento (come era prima e come è tuttora in Russia), ma del 5, in modo da dare più spazio ai partiti minori. Il restante 50 per cento del Parlamento è stato votato con un sistema uninominale secco. Nel corso della campagna elettorale non vi sono state violenze degne di nota e i media hanno cercato di essere imparziali, dando più spazio all’opposizione. Le irregolarità, tuttavia, sono state denunciate in grande quantità. Sia l’ombudsman locale che gli osservatori dell’Osce hanno rilevato forti pressioni e intimidazioni sui candidati dell’opposizione. Sono state denunciate pressioni altrettanto forti esercitate dai membri del partito di Saakashvili, Movimento dell’unione nazionale, su funzionari locali, per assicurare il risultato voluto. A quanto pare è stato distribuito molto denaro per indurre gli elettori a votare dalla parte del presidente, stando alle notizie diffuse da alcune Ong georgiane. Inoltre vi è molta incertezza sulla compilazione delle liste elettorali. Secondo l’opposizione, sono stati inclusi anche i nomi di defunti, giovani di età inferiore ai 18 anni e cittadini in galera che non avrebbero avuto il diritto di voto.

Alla fine, il Movimento dell’unione nazionale ha vinto con il 63,2 per cento dei voti. L’Opposizione unita (che raggruppa i 9 partiti di minoranza) ha preso un misero 14,2 per cento. Entrano anche due partiti più moderati di recente formazione: il Movimento cristiano democratico (8,4 per cento) e il Partito laburista (6,1 per cento). Il leader di Opposizione unita, Levan Gachechiladze, chiama la gente in piazza, denuncia brogli, chiede l’annullamento delle elezioni. Tuttavia l’Osce le considera “regolari”, meglio delle precedenti. “Queste elezioni non sono state impeccabili - dichiara Joao Soares, vicepresidente dell’Osce – Ma dallo scorso gennaio, quando sono arrivato in Georgia per le presidenziali, sono stati compiuti progressi concreti e sostanziali”. Di fatto si conferma la leadership di Saakashvili, che stabilizza il suo potere con una netta maggioranza parlamentare. Le incognite per il futuro sono ancora molte. La Russia vede il presidente come l’uomo dello scontro. In economia Saakashvili ha preso le distanze (almeno nella propaganda elettorale) dalla linea liberista seguita sinora. Ma nel caso dovesse tradurre in pratica la sua retorica populista, inaugurando un maggiore intervento sociale dello Stato, potrebbe fermare il piccolo miracolo economico georgiano. E allontanare il Paese dall’Occidente.


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