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Sudafrica, il rischio di un ritorno al passato
di ANGELO M. D'ADDESIO

[23 mag 08] Il vento della paura torna a soffiare in Sudafrica con un impeto simile agli anni Ottanta e prima ancora, gli anni della “caccia al nero”, dei machete e delle torce umane nelle strade in pieno centro nelle grandi città. E’ quello che capita in molti Paesi dell’Africa Australe, ma il Sudafrica dal 1994 non vedeva scene così cruente. Il Mail&Guardian, il maggiore quotidiano del Paese, ha mostrato in prima pagina uomini in fiamme, poliziotti che tentano invano di salvarli, aziende devastate. Si è scatenata una guerra fra poveri, non bianchi contro neri (anche se alcuni ministri del governo sudafricano hanno già parlato di un pericoloso terzo potere che arma le mani), ma cittadini sudafricani di colore contro immigrati fuggiti a migliaia dalle crisi in Zimbabwe, sconvolto dagli scontri che sono seguiti ai risultati elettorali fortemente contestati, in Malawi, attraversato in questi mesi da numerosi colpi di Stato e perfino dalla Somalia e dagli altri Paesi sconvolti dalle guerre e dal carovita. Le violenze sono scoppiate nello scorso fine settimana nella periferia di Johannesburg, in particolare nel sobborgo di Alexandria, ormai presidiato da poliziotti, giorno e notte. Le vittime prescelte sono state soprattutto immigrati, compresi donne e bambini, in piccola parte giunti in fuga dalle pesanti vicende politiche delle loro terre, in misura maggiore stabilitisi nelle periferie delle città più grandi, dove hanno intrapreso piccole attività di artigianato o hanno trovato posto di lavoro nelle imprese sudafricane con una paga minore.

Ecco perché il governo ha subito smentito la tesi xenofoba, parlando di un conflitto sociale degenerato, dopo le forti avvisaglie di inizio anno, a causa della disoccupazione che colpisce le giovani generazioni, soprattutto quelle che dal dopo-Apartheid e dal grande sviluppo sudafricano non hanno tratto le certezze che attendevano. Sono infatti soprattutto giovani, i 300 violenti arrestati per i numerosi incendi a Johannesburg, ma anche per i disordini in tutto il Guateng, la regione più colpita al confine con il Botswana, dove perfino gli imprenditori bianchi sono stati accusati di tradimento per aver assunto immigrati e tolto lavoro alla gente sudafricana. Gli appelli alla calma e le denunce di sdegno del presidente Mbeki e di Mandela potrebbero non bloccare il degenerare della situazione che ha causato sinora 22 morti. Potrebbe aver ragione Gwene Matashe, segretario generale dell’African National Congress, che ha chiesto l’impiego dell’esercito. Richiesta, a quanto pare,accolta ieri da Mbeki. Ma contro chi? C’è veramente un “terzo potere” coinvolto negli scontri o si tratta solo di episodi di razzismo di carattere sociale? C’è di vero che il Sudafrica, uno dei Paesi più ricchi dell’Africa, con una crescita prevista in questi anni intorno al 5 per cento e con investimenti sempre più grandi in vista dei Mondiali di calcio del 2010, presenta il 40 per cento della popolazione ancora al di sotto della soglia di povertà e le popolazioni più ricche bianche, sparite politicamente, restano molto forti industrialmente, soprattutto nel sud del Paese.

I neri, poi, non hanno ancora del tutto abbandonato i vecchi retaggi delle divisioni etniche. Le accuse più gravi per gli scontri di questi giorni sono rivolte ai militanti politici ed ai giovani di etnia Zulu, diventati più forti anche in seno all’Anc, dopo l’elezione a presidente del partito del loro leader Jacob Zuma, che si appresta a diventare il primo presidente Zulu nelle elezioni del 2009. Il leader ha gettato acqua sul fuoco, ma la denuncia di aggressione subita da chi cantava gli inni di quella gente fa riflettere. Fa pensare anche la dura contestazione alla politica moderata di Mbeki verso i Paesi vicini proprio da parte di Zuma, la riforma agraria annunciata dal governo che dovrebbe consegnare ai neri il 30 per cento delle fattorie confiscate dopo gli anni bui della repubblica e l’episodio di Bloemfontain, dove in una scuola, a febbraio, un gruppo di studenti afrikaneer ha costretto alcuni impiegati di colore ad ubriacarsi per poi umiliarli, urinando su di loro. Nelle scuole c’è ancora chi afferma che i bianchi preferiscono stare con i bianchi ed i neri di ceto alto isolano i figli di immigrati. E’ un brutto colpo per il Sudafrica, un Paese che compete con India e Brasile per un posto fra le grandezze emergenti mondiali, scoprire di essere tornato improvvisamente indietro di venti anni.


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