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Obama vicino alla meta, ma Clinton non si arrende
di ALESSANDRO MARRONE

[21 mag 08] Tra i due candidati democratici si registra ancora un pareggio, che conserva intatto il margine di Obama su Clinton ma non gli consente ancora di proclamarsi ufficialmente vincitore a poche giornate dalla fine della corsa. Obama ha prevalso in Oregon con circa il 58 per cento dei voti, mentre Clinton ha stravinto in Kentucky con il 65 per cento dei consensi. Nel primo Stato erano in palio 65 delegati tra pledge, con vincolo di mandato determinato dalle primarie, e unpledge, senza vincolo, mentre nel secondo se ne assegnavano 80. Il risultato di sostanziale pareggio si riflette nell’assegnazione dei delegati, che non muta dunque significativamente il vantaggio di circa 150 delegati che il New York Times attribuisce ad Obama nella conta degli eletti con vincolo di mandato. Sempre secondo il giornale newyorkese, considerando i superdelegati espressione dei vertici del partito che si sono finora schierati con l’uno o con l’altro candidato, a Obama servono ormai solo altri 70 delegati per avere la maggioranza nella Convention, mentre a Clinton ne occorrerebbero 250. Ciò vuol dire che al senatore dell’Illinois basta anche solo perdere di misura le ultime due primarie in calendario all’inizio di giugno per assicurarsi la maggioranza assoluta, sia calcolando i delegati pledge che il complesso dei convocati.

Solo eventi alquanto improbabili come una sua sonora sconfitta negli ultimi appuntamenti, la riammissione dei delegati di Michigan e Florida vinti da Clinton in primarie non autorizzate dal partito, o un cambiamento di fronte di un numero sostanzioso di superdelegati, possono arrestare la corsa di Obama verso la nomination democratica. Non è un caso che il senatore dell’Illinois, nel suo primo discorso dopo l’esito delle primarie in Oregon e Kentucky, abbia affermato che la vittoria è a portata di mano, e che ha ormai ottenuto la “maggioranza dei delegati eletti dal popolo americano”. Tuttavia la stessa situazione di pareggio ha spinto Clinton a non effettuare quel passo indietro che una parte sempre più consistente dell’establishment e dell’opinione pubblica democratica le chiedono. La senatrice di New York continua a ripetere che può ancora vincere, e che combatterà fino in fondo e fino all’ultima scheda elettorale. Benché le sue probabilità di rimonta si affievoliscano primarie dopo primarie, sembra dunque che il momento di fare i conti con la probabile sconfitta sia rimandato per Clinton al 4 giugno. Tuttavia non si può escludere che i due contendenti trovino prima un accordo che permetta a lei di uscire di scena con l’onore delle armi – e forse anche con qualche altra cosa – e a lui di iniziare in un clima di maggiore coesione la battaglia democratica contro il candidato repubblicano John McCain.

L’esito di tale battaglia non si annuncia affatto scontato, anche alla luce dei risultati delle ultime due primarie. In Kentucky, conquistato dalla Clinton, Obama ha perso in tutte le contee tranne nelle due maggiori città, Lexington e Louisville. Anche in Oregon, dove ha vinto, il senatore di colore ha perso nella metà delle contee che non vedevano al loro interno grandi centri urbani. La frattura tra grandi città e piccoli centri, che si interseca con quella tra upper class e working class e in genere tra l’anima liberal e quella moderata del partito democratico, sembra non solo permanere ma anzi accentuarsi col passare delle settimane. Sembra cioè che gli elettori americani posizionino Obama, a torto o a ragione, a sinistra dello schieramento politico: posizione che il candidato afroamericano era riuscito ad evitare nelle prime fasi delle primarie, ma che suoi errori e la campagna della Clinton hanno finito per imporgli. L’argomento di fondo su cui oggi punta Clinton è questo: come può un candidato che fatica a conquistare la metà moderata del Partito democratico riuscire a conquistare quella parte della metà conservatrice degli Stati Uniti necessaria per arrivare alla Casa Bianca? Tale argomento probabilmente cederà in Convention di fronte alla legge dei numeri, che vede Obama probabile vincitore delle primarie grazie all’allungo compiuto a febbraio, tuttavia rimarrà un tema di fondo della campagna elettorale a disposizione dei repubblicani. Questo punto debole di Obama potrebbe essere attenuato da una pronta, completa e profonda ricomposizione del fronte democratico all’indomani delle ultime primarie, ma ciò dipenderà in gran parte proprio dalle decisioni di Clinton nei prossimi giorni o settimane.


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