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Iran-India, come cambiano gli equilibri mondiali
di ANDREA GILLI

[05 mag 08] La scorsa settimana, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è andato in India per un’importante visita di Stato. Al centro dei colloqui vi era soprattutto un condotto petrolifero e di gas che dovrebbe unire il Medio Oriente e l’Asia. E in particolare Iran e India. La visita, di per sé, non è molto importante, in quanto i due Paesi hanno sempre avuto buoni rapporti. Il dato rilevante riguarda piuttosto il modo nel quale questi rapporti si collocano all’interno della piú grande alleanza tra India e Stati Uniti. Come avevamo giá ricordato tempo fa, India e Stati Uniti avrebbero progerssivamente intensificato i loro rapporti economici ma soprattutto politici e miltiari. Nel corso degli ultimi anni abbiamo infatti osservato questa evoluzione. Gli Stati Uniti, secondo la vecchia legge di Kautilya (un Machiavelli indiano, guarda caso), sono amici dei nemici dei loro nemici. Di fronte alla poderosa crescita cinese, il riposizionamento strategico di Washington è stato abbastanza deciso, e forse anche scontato verso l’India – l’unico bastione possibile per contenere l’egemonia cinese in Asia.

Il problema è che se la Cina si rafforza, l’India non è da meno. Insieme alla sua crescita economica, il mondo sta infatti osservando anche la sua crescita politica e quindi militare. Detto in altri termini, l’India ha dei suoi interessi e li vuole difendere ad ogni costo. I buoni rapporti con l’Iran servono quindi per assicurare l’approvvigionamento di risorse naturali, essenziale per la crescita economica indiana, ma anche per contrastare le ambizioni pakistane, oltre che per permettere all’India di focalizzare l’espansione della sua influenza sul sud-est asiatico. Esattamente come le relazioni con Washington servono allo sviluppo tecnologico del Paese e alla sua difesa dalla minaccia cinese. L’India non può permettersi di sacrificare nessuno di questi interessi. Non stupisce, ma certo non lascia indifferenti, dunque, la risposta arrivata da Nuova Dehli ai mugugni di Washington seguiti all’incontro con l’Iran: “Non abbiamo bisogno di lezioni per condurre le nostre relazioni bilaterali”. Detto in altri termini, l’India sa condurre la propria politica estera e, soprattutto, individuare i suoi interessi senza supporto di terzi, specie se poco disinteressati.

L’intera faccenda ha attirato la nostra attenzione perché la risposta dell’India riflette fondamentalmente il cambiamento in atto nella geopolitica mondiale. Nuova Dehli sa di aver bisogno di Washington, per confrontare Pechino (dato importante: questa settimana l’India ha deciso di rafforzare i suoi presidi militari al confine con la Cina). Ma sa anche che Washington non é intimamente votata alla protezione degli interessi geostrategici indiani e soprattutto che l’America non ha meno bisogno dell’India per bilanciare la Cina. In un mondo nel quale i forti fanno ciò che vogliono, e i deboli subiscono ciò che devono, chi è forte impone le sue decisioni sugli altri. Chi non lo è, subisce quelle altrui. Il fatto che l’India abbia sonoramente respinto le istanze statunitensi indica dei profondi cambiamenti nel panorama politico mondiale. Conviene tenerne conto. E sarà meglio che lo faccia anche il prossimo inquilino della Casa Bianca, se vuole che la sua politica estera conservi un minimo di efficacia.

 


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