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Intercettazioni, il governo prepara un ddl
di ENRICO GAGLIARDI

[16 giu 08] Il governo, dunque, dopo tante polemiche non ancora sopite, si prepara ad elaborare un ddl sul tema delle intercettazioni telefoniche: l’argomento è di particolare delicatezza e lo si evince chiaramente dalle aspre discussioni che tengono banco in questi giorni tra maggioranza ed opposizione. Nel corso della settimana in tanti hanno espresso opinioni differenti sulla questione; certo, è innegabile come nel nostro Paese si sia arrivati ad un punto di non ritorno sul questione delle intercettazioni: probabilmente in Italia si è spiato troppo e per troppo tempo a scapito di un’insicurezza diffusa dal punto di vista della tutela della privacy e della riservatezza delle comunicazioni. Come lo stesso Stefano Caliciuri ha messo in luce proprio sul numero di Ideazione del 9 giugno, viene da chiedersi spontaneamente se fino ad oggi in molte occasioni la diffusione di conversazioni riservate, totalmente ininfluenti per le indagini, non fosse indirizzata al solo fine di gettare fango sui soggetti interessati onde arricchire quell’ormai famosa gogna mediatica che tanto piace ai nostri cari giornali. Se questo genere di problema esiste (ed è drammaticamente attuale), allo stesso modo è innegabile come le intercettazioni abbiano dato nel corso degli ultimi anni, un contributo fondamentale per la risoluzione di alcune importanti indagini: senza intercettazioni molto probabilmente la vicenda degli ormai celeberrimi “furbetti del quartierino” avrebbe preso tutt’altra piega. Allo stesso modo, questo strumento, è stato fondamentale nella vicenda della clinica Santa Rita.

Perché alcune conversazioni vengano pubblicate in un dato momento piuttosto che in un altro è cosa certe volte sospetta se non addirittura poco professionale ma attiene ad un differente discorso. Il Consiglio dei ministri in questo clima nella giornata di venerdì ha dato via libera al ddl sulle intercettazioni: un provvedimento che Berlusconi ha definito urgente per il Paese. La struttura, fatti salvi gli emendamenti che ci saranno nel corso dell’iter parlamentare, riprende in larga parte la bozza dell’ex Guardasigilli Clemente Mastella. Confermata la struttura iniziale: vengono ammesse le intercettazioni solo per reati che prevedono una pena di almeno 10 anni. Il provvedimento però contempla anche alcune deroghe alla disciplina generale: le intercettazioni sono autorizzate per i reati contro la Pubblica Amministrazione che non prevedono pene così alte, come la corruzione. Fugati dunque i dubbi di presunte normative ad personam ad uso e consumo esclusivo del premier. Carcere da uno a tre anni per chi pubblica le intercettazioni coperte da segreto. Probabilmente è proprio questo il punto debole della nuova normativa: sanzionare penalmente la divulgazione di conversazioni riservate, in un Paese come il nostro, vuol dire condannare il provvedimento all’inapplicabilità perpetua. Questa norma, esattamente come quella relativa a fattispecie analoghe, avrà la stessa sorte del reato di “rivelazione di segreto d’ufficio” frequentemente integrato e di fatto mai perseguito da nessuna Procura d’Italia.

Per affrontare l’annoso problema sarebbe stato molto più logico prevedere un’ingente sanzione amministrativa ai danni del quotidiano colpevole della pubblicazione vietata. Solo prevedendo infatti a carico del giornale un danno economico maggiore del beneficio recato dalla pubblicazione delle intercettazioni, si può tamponare l’emorragia di notizie alla quale si deve assistere ogni giorno. C’è dunque da sperare che tale lacuna venga colmata in Parlamento: in tal senso sarà importante anche l’azione del Pd (l’opposizione preconcetta dell’Italia dei valori è noiosamente scontata): in tal senso si giocherà “la partita” tra chi vuole collaborare per un sistema più equo ma che non comprima le sacrosante prerogative della magistratura inquirente e chi della difesa senza se e senza ma delle Procure della Repubblica ne ha fatto una sorta di feticcio privo di contenuto sostanziale perché in definitiva il problema vero non è l’uso piuttosto che l’abuso dello strumento in questione quanto chi colpevolmente ne consente la divulgazione.


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