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[10 giu 08]
Sergio Calizza: coordiniamo le politiche giovanili

Sergio Calizza, 32 anni, è assessore alle politiche giovanili nel comune di Magliano de’ Marsi. Sin dalla più tenera età ha sempre voluto impegnarsi nel sociale: per molti anni educatore nell’Azione Cattolica Ragazzi, organista dall’età di 9 anni, attualmente direttore e primo organista della Schola cantorum presso il Convento di San Domenico, per molti anni è stato anche educatore dell’Azione cattolica. E’ laureando in Medicina e Chirurgia e segue con particolare interesse le problematiche giovanili, soprattutto sul fronte della prevenzione al disagio.

Cosa l’ha spinta ad affrontare e, diciamo così, specializzarsi nelle problematiche dello sviluppo e dell’integrazione giovanile nell’ambito della pubblica amministrazione?
Dare concrete soluzioni politiche a concreti problemi sociali. La necessità, cioè, di innovare profondamente il welfare della realtà locale in cui vivo ma soprattutto colmare l’assoluta assenza di politiche giovanili nel vero senso del termine. C’è una totale ignoranza del mondo giovanile che oggi vive di esteriorità: c’è un bisogno di apparire, di essere visti. Bisogna comprendere le ragioni dei comportamenti, anziché limitarsi alla semplice osservazione degli stessi.

In una locuzione: questione generazionale. Ma è vero che i giovani in politica sono un valore aggiunto oppure la loro inesperienza è una zavorra?
E’ necessaria una generazione di terzo millennio per risolvere i problemi del terzo millennio. La politica di oggi ha perso il suo fascino perché non indica la strada, non parla al futuro del Paese ed in particolare al cuore delle giovani generazioni. Il travolgente successo di Barack Obama ci insegna che è necessario non perdere mai la capacità di credere in ciò che ancora non si vede, non perdere mai la capacità di accendere la speranza di scaldare i cuore, di far sognare. Ideali e visione uniti a concretezza e pragmatismo. Da qui può venire la linfa di vita nuova capace di aiutare il nostro Paese a superare la crisi morale e sociale in cui è caduto.

In concreto, cosa significa occuparsi di politiche giovanili?
Fino ad oggi sono state concepite politiche giovanili completamente sbagliate rispetto ai veri problemi che offuscano la bellezza di questa età. L’Italia è stracolma di sportelli “Informa giovani” e di osservatori che non fanno altro che “osservare” da lontano gli stessi giovani quando basterebbe ascoltarli, dare loro la parola ed affiancarli nella difficile transizione verso l’età adulta. In questo settore c’è bisogno di interventi più corposi che non sono mai stati fatti. Purtroppo tutti parlano di noi evidenziando solo le negatività come le stragi del sabato sera, la droga o l’alcool, ma nessuno cerca di trovare soluzioni a questi problemi. E’ necessario un piano di interventi concreti per chi ha un’età compresa tra i 14 ed i 30 anni. Si tratta di costruire luoghi in cui sia possibile dare la parola ai giovani, interpellarli, stimolarli, renderli protagonisti. Non cogliere questa sfida educativa da parte delle istituzioni vuol dire non investire per i propri figli. Solo se si dimostrerà un effettivo interesse verso i giovani sarà possibile riaccostarli alla vita civile riducendo la loro sfiducia nelle istituzioni.

Ha citato le stragi del sabato sera, l’alcool e la droga. Sono questi i problemi delle nuove generazioni?

Purtroppo sono molti di più; giustamente si parla di aiuti alle giovani coppie, di incentivi all’inserimento lavorativo, ma non c’è solo questo. E’ ora di finirla con la facile demagogia e con le elemosine. Ogni anno assistiamo a remake di film già visti: l’età del primo contatto con le droghe e con l’alcool si abbassa sempre di più, oggi siamo già a 11 anni; il bullismo che sembra inarrestabile, violenze, abusi. Siamo ancora frastornati dai dati relativi al consumo di cocaina, ma non ci si è accorti che l’eroina sta tornando sempre più in auge. E’ impressionante il numero di suicidi: 3096 l'anno, quasi pari quelli invece sventati o non riusciti. Il suicidio è la seconda causa di morte per i ragazzi tra i 14 e 24 anni. Si deve investire nel settore dei giovani con conoscenza, precisione ed efficienza. Assistiamo inermi alla continua evoluzione, o forse involuzione, dei nostri ragazzi. Ad esempio, siamo a conoscenza del dramma sottovalutato dell’anoressia maschile in vertiginosa ascesa? Ne soffre un decimo dei ragazzi under 30. Nella fascia 14-17 arrivano al 20 per cento, se includiamo i quarantenni arriviamo ad un terzo della popolazione. Non se ne parla perché è sempre stata una malattia tipicamente femminile, ma ora non più. Per non parlare dei tantissimi giovani che muoiono negli incidenti stradali: 832 morti, significa quattro al giorno, e di questi oltre 100 erano bambini. Durante le notti del fine settimana registriamo un morto ogni 75 minuti.

Caduti i muri idelogici, sono caduti anche quelli delle sezioni di partito, luogo del dibattito e dell’approfondimento. Forse l’attuale “leggerezza generazionale” deriva anche da questo.
Certamente, ed è anche per questo che vorrei lanciare al ministro Meloni una proposta definita “Mille centri di aggregazione giovanile”, affinché in ogni Paese possa nascere una struttura pubblica di aggregazione ed incontro. Servirebbe a dimostrare che le istituzioni ci sono, non con le parole, ma con i fatti.

Il problema è che i giovani non hanno la forza di conquistare il loro spazio oppure sono i poteri acquisiti che non lo mollano?
Non ho dubbi: la risposta esatta è la seconda.

E allora tocca anche a lei, da giovane, mettersi in gioco. Proponga come si potrebbe invertire la rotta.

Commissariando le politiche giovanili per una decina di anni. Nel senso che è necessaria una sorta di regia unica che si occupi di minori, adolescenti e giovani e che possa coordinare, tutte le iniziative pubbliche messe in atto per evitare che ogni regione o comune improvvisi in maniera autonoma. Inoltre sarà utile realizzare una mappatura di tutte le disposizioni di legge che vanno ad incidere sulla vita del ragazzo: dai finanziamenti destinati alla lotta alla droga, all’alcool, alla prevenzione degli incidenti stradali. Insieme a questo è utile creare una rete di collaborazione tra tutti i movimenti giovanili di partito, da destra a sinistra, cattolici e non, e le grandi associazioni che si occupano di difesa dei minori per redigere un protocollo d’azione unitario.

Sarà sufficiente?
No. Dei mille centri di aggregazione giovanile ho già parlato. A cui potrebbero aggiungersi task force di prevenzione sulle strade, una unità di analisi comportamentale composta da professionisti altamente specializzati, psichiatra, psicologo, criminologo, educatore, con il compito analizzare bullismi e delitti che hanno come protagonisti i minori; dovrebbe fare una sorta di “autopsia psicologica”, una fotografia delle loro anime, compiendo un viaggio a ritroso nella vita di questi ragazzi, che possa permettere di scrutare eventuali eventi traumatici subiti e che magari hanno a che fare con la violenza perpetrata. Anche da parte dei cosiddetti “idoli giovanili”, siano essi attori o cantanti, dovrebbe esserci la responsabilità di capire che rappresentano un modello per migliaia di ragazzi. Ecco che sarebbe opportuno che rappresentassero esempi di vita concreta e “non eroi di plastica” o modelli “maledetti” da imitare.

Tutti suggerimenti all’indirizzo della politica. Niente da dire all’indirizzo del ministro Meloni?
Nutro una speranza. Ovvero che lei, da giovane, sappia vestire i vestiti dei giovani, leggere quel che loro leggono, studiare dove loro studiano, mangiare quel che loro mangiano, ascoltare quel che loro ascoltano, vedere quel che loro vedono, diventare fibra di “Fabri Fibra” e magari anche amica del programma televisivo “Amici”. Vivere, insomma, la nostra età per trasmetterle nelle istituzioni.

Quest’ultima tornata elettorale ha inserito un discreto numero di volti nuovi, qualcuno anche giovane, in Parlamento.
Sono molto contento della loro presenza. Con alcuni di loro sono in contatto, anche se ancora non li conosco personalmente.
 

Scelte di merito o di opportunità?
Siamo in piena emergenza educativa: in questo momento storico poco importa il motivo per il quale sono in Parlamento. L’importante è che ci siano e che ci sappiano rappresentare.

 

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