Questo sito è ottimizzato
per Internet Explorer.

(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Redazione: piazza Sant'Andrea della Valle, 6 - 00186 Roma
Tel: 0668135132 - 066872777 - Fax: 0668135134
Email: redazione@ideazione.com

Mercato e democrazia secondo Ken Arrow
di
LORENZO BETTONI

[16 giu 08] In due parole, mercato e democrazia, c’è tutta una vita. Kenneth Joseph Arrow, uno dei maggiori economisti viventi, ha dedicato gran parte della sua esistenza di studioso e ricercatore a questi due temi. Considerato tra i fondatori della moderna economia neoclassica, Arrow fu uno dei primi ad aggiudicarsi il Nobel dopo che la Banca Centrale di Svezia nel 1968, per festeggiare il suo terzo centenario, decise di allargare il premio all’economia. Era il 1972 e la Sveriges Riksbank, nell’insignirlo del prestigioso premio, gli riconobbe il merito di aver conseguito due risultati epocali sulla comprensione di ciò che si nasconde dietro queste due parole: il mercato e la democrazia. Il primo risultato, negativo, fu formulato nel 1951 nel libro Social Choice and Individual Values ed è noto come “Teorema dell’impossibilità”. Arrow cercava un sistema di votazione che evitasse il paradosso di Condorcet, consentendo dunque di preservare l’ordine lineare delle preferenze: se A vince su B, e B vince su C, allora A deve vincere su C. Finì per dimostrare che “la democrazia non esiste”, nel senso che una piccola serie di condizioni, apparentemente irrinunciabili per la democrazia, risultano essere incompatibili fra loro.

Il secondo risultato, positivo, dimostra invece che “la mano invisibile del mercato esiste”, nel senso che sotto certe condizioni naturali la domanda e l’offerta del mercato raggiungono un equilibrio. L’arena competitiva riveste, date le circostanze, un ruolo maieutico; è lo spazio necessario al coordinamento catallattico delle pretese individuali. Le conoscenze degli attori economici emergono, si diffondono e si fondono e la competizione diviene un “gioco a somma positiva”, una forma di razionale ponderazione collettiva tra fini e mezzi, tra obiettivi e vincoli, tra valori e risorse scarse. Il sistema dei prezzi, fulcro di questo meccanismo, possiede alcune virtù autentiche, dice Arrow: “non solo permette di raggiungere allocazioni efficienti, ma richiede relativamente poche conoscenze a quanti partecipano all’attività economica. Gli attori devono conoscere soltanto i loro bisogni. L’individuo non deve preoccuparsi degli effetti sociali delle sue azioni: se fa qualcosa che interferisce con qualcun altro ne paga il prezzo; se si appropria di risorse che un altro avrebbe potuto impiegare, ne viene informato dal prezzo che deve pagare per esse”. In questo modo, sottolinea l’economista, gli attori del mercato hanno un bisogno di conoscenza limitato, “devono conoscere soltanto le cose che ci si aspetta conoscano meglio”.

In queste parole c’è tutta la forza della “mano invisibile” di antica memoria. Di Adam Smith, sebbene pochi abbiano letto il libro, tutti ricordano la metafora, dalla forte carica espressiva, che deriva proprio dal fatto che il termine di partenza e il termine metaforico sono molto lontani nel campo semantico. Scozzese, presbiteriano, uomo positivo, pratico, induttivo, Adam Smith era il primo a pensare che non ci fosse nessuna “mano invisibile” a muovere gli scambi tra individui, niente di metafisico. La mano è invisibile proprio perché non esiste come una intelligenza autonoma dal comportamento delle parti coinvolte nello scambio. Osservatore attento della realtà, Smith aveva semplicemente colto che chi va per negozi solitamente trova quel che cerca; senza che nessun pianificatore abbia stabilito di comprare e di vendere. A volte la merce che gli individui desiderano, e cercano, è il risultato dell’azione di centinaia di produttori sparsi in tutto il mondo, che nemmeno ci conoscono e si conoscono di persona. Ognuno si prodiga per soddisfarci perché è nel suo interesse. Direttamente o indirettamente.

Il mercato non è la sola organizzazione spontanea sorta ad opera di uomini liberi ed indipendenti. La lingua è un altro esempio. Per comunicare, utilizziamo parole e regole di grammatica plasmate nei secoli da persone per lo più sconosciute. Milioni di individui, con loro e dopo di loro, contribuiscono a cambiare, un poco ogni giorno, queste regole. Certi neologismi si conservano, altri si modificano; altri ancora si spengono dopo vita effimera. I grammatici “codificano” le regole del linguaggio. Ma non le inventano. Anche il mercato è un dialogo. Tra diversi che scambiano. Non deve stupire allora che Arrow nell’indagare le condizioni di equilibrio del mercato, in cui incertezza e tempo rappresentano il denominatore comune di tutte le scelte, si sia concentrato sul ruolo svolto dall’informazione aprendo, di fatto, la via per capire quei processi economici che non sono “puramente” competitivi. L’attenzione di Arrow si sposta sulle gerarchie. Dinamicamente complementari al mercato, le gerarchie rappresentano un mezzo “per conseguire i vantaggi dell’azione collettiva in situazioni in cui il sistema dei prezzi non funziona”. Anche le gerarchie sono un dialogo, ma tra diversi che cooperano. Il mercato resta il meccanismo allocativo primario purché se ne riconoscano, di volta in volta, i difetti di funzionamento e, in parallelo, si ponga attenzione a evitare che gli interventi istituzionali “di riparazione” siano peggiori dei difetti stessi.

Col senno di poi, tutto ciò non appare così sorprendente. E’ pur vero che, prima di Arrow, nessuno aveva realizzato quanto il funzionamento delle istituzioni economiche e, andando oltre, di qualunque gerarchia, potesse essere spiegato in termini di mancanza di informazione. Ken, come lo chiamano i suoi colleghi alla Stanford University, comprese che la mancanza di adeguata informazione, unita al comportamento opportunistico della burocrazia, impediscono una pianificazione efficace anche in presenza della decentralizzazione, soprattutto a lungo termine. Un discorso che non vale soltanto per lo Stato, ma anche per le imprese. Democrazia e mercato che, in apparenza, sembrano andare in direzioni opposte, rimangono allo stesso tempo complementari. Il mercato fa della competizione tra individui la sua linfa vitale, mentre la democrazia si costituisce come procedura della composizione dei conflitti. “La definizione di democrazia nella teoria delle scelte sociali – spiega il premio Nobel - è così debole, che il teorema si applica a qualunque sistema per conciliare preferenze individuali. Comprese le dittature, perché anch’esse ammettono una pluralità di centri di potere”.

Nell’economia di mercato ogni individuo è un sovrano, assoluto e singolare, che lotta contro altri sovrani, assoluti e singolari, cioè simili a lui, se il mercato è competitivo. L’individuo vale come il tutto. Nella democrazia l’individuo è parte di un gruppo che fa suo un sistema di regole che si è liberamente dato sulla base di valori condivisi. C’è però un fatto nuovo. Il mercato globale sta sgretolando il potere di controllo degli Stati nazionali. La dimensione dell’arena competitiva alla scala globale è tale da entrare in competizione con la stessa forma di governo democratico. Ed è su questi temi che un nutrito gruppo di economisti italiani e stranieri, insieme con storici e filosofi, sociologi ed esperti della comunicazione, imprenditori ed esponenti di governo di vari Paesi, si sono confrontati in occasione della terza edizione del Festival dell’Economia a Trento dal 29 maggio al 2 giugno. L’evento, promosso da Provincia autonoma, Comune e Università e organizzato da Il Sole 24 Ore e dall’editore Laterza, ha visto tra i relatori Paul Krugman, professore ed editorialista del New York Times, Paul Collier, docente a Oxford, Benjamin Friedman di Harvard, Luisa Diogo, primo ministro del Mozambico. E, tra gli italiani, Mario Monti, Guido Rossi, Francesco Giavazzi, Emma Marcegaglia, Carlo De Benedetti, e diversi esponenti politici.

L’attenzione mediatica dedicata a questo evento prova che il nuovo scenario offertoci dal mercato globale ed i risultati di Arrow non hanno diminuito l’appeal del concetto di democrazia: la portata e l’emozione che i valori evocati da quella parola suscitano. Ed è stato lo stesso Arrow a spiegarne i motivi: “Il significato profondo del teorema è che non possiamo escludere la possibilità di conflitti irresolubili. Anche se questa è solo una possibilità, rimane comunque una profonda verità sul mondo sociale”. Sarebbe stato bello se Ken fosse stato a Trento.

Approfondimenti
La pagina di Arrow, dal sito dell'Università di Stanford
Social Choice and Individual Values
La home page del Terzo Festival dell’Economia
Intervista a Kenneth Joseph Arrow di Piergiorgio Odifreddi


Le riflessioni di un filosofo
sul mondo che cambia.

_____________

Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere.
_____________

_____________
IL POST

I migliori post del giorno selezionati dai blog di Ideazione.

_____________
IDEAZIONE DOSSIER
Analisi, approfondimenti
e reportage.

IDEAZIONE VINTAGE
Il meglio dei primi quattordici anni della rivista bimestrale.
_____________
I BLOG DI IDEAZIONE

---

---

---

---



Il Pd deve smarcarsi dall'Idv
di Daniele Capezzone



Pianeta Balcani, eppur si muove
di Pierluigi Mennitti



Milano commenta Napoli

di Massimo Lo Cicero



Sul web arrivano i manichini virtuali
di Barbara Mennitti



Manolete, ricordi di una Spagna sparita
di Domenico Naso



Sergio Calizza: coordiniamo le politiche giovanili
di Stefano Caliciuri