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Lavoro: dall’Ue via libera alle 60 ore settimanali
di STEFANO CALICIURI

[11 giu 08] Il Consiglio dell’Unione europea ha dato il via libera alla direttiva che estende a 60 ore l’orario di lavoro settimanale su scelta volontaria e individuale. In sostanza, il tetto collettivo rimane ancorato a 48 ore, ma il libero arbitrio individuale di ogni lavoratore può far sì che il tetto vengo innalzato di ulteriori dodici ore, per un massimo di diciassette nel caso in cui si tratta di un contratto a chiamata e l’impiego preveda turni di guardia, come ad esempio i medici e le professioni legate alle emergenze. La norma vale per i contratti di lavoro eccedenti le dieci settimane. Riunitisi a Lussemburgo, i 27 ministri dell’Unione Europea competenti in materia di welfare, hanno così raggiunto un accordo inseguito ormai da anni. Fondamentale il voto dell’Italia che ha consentito alla sessione di raggiungere la maggioranza qualificata. Si sono invece astenuti dal votare il provvedimento Spagna, Belgio, Cipro, Grecia e Ungheria. La direttiva ora dovrà andare al vaglio del Parlamento europeo dove sarà passibile di emendamenti. Il dibattito, comunque, non avverrà prima dell’estate in sede di seduta plenaria.

Maurizio Sacconi, ministro con delega al Lavoro, si è espresso con favore circa il compromesso raggiunto a Bruxelles. Le proposte inserite nella direttiva “rappresentano un modesto ma importante passo avanti nella costruzione di uno spazio sociale europeo che valorizzi le specificità di ogni Paese, eviti la perdita di molti posti di lavoro, garantisca maggiori sicurezze per i lavoratori”. Il sottosegretario Francesca Martini, soddisfatta della maggioranza raggiunta, è convinta che la norma comunitaria possa “tutelare il mercato del lavoro italiano dalla concorrenza in ambito europeo, tutelando anche le nostre imprese”. Anche se in un primo momento la posizione italiana era scettica, a guidare il voto di Sacconi è stata la consapevolezza che nell’ambito dell’Unione europea servano poche regole ma chiare. Limitare l’orario di lavoro significherebbe proprio limitare la libertà del lavoratore. “Abbiamo lanciato un’ancora a quei Paesi che sono più indietro – ha commentato Martini al termine della votazione - per evitare che non esista alcuna limitazione all’orario di lavoro. Non avere regole implica esporre i lavoratori e le imprese italiane a una maggiore concorrenza intra-Ue. L’Italia ha una normativa molto più avanzata, ma abbiamo dato il nostro appoggio per trovare un terreno comune di dialogo per progredire”.

Buone notizie anche sul versante dei lavoratori interinali: il Consiglio ha esteso anche a circa 8 milioni di lavoratori atipici interinali gli stessi diritti dei dipendenti a tempo indeterminato. Ovvero: diritto ad accedere alla malattia e alla maternità. Eccezioni potranno essere concesse soltanto in caso di accordo tra Stato e sindacati, come ad esempio è accaduto in Gran Bretagna proprio in materia di orario di lavoro. Vladimir Spidla, commissario europeo agli Affari Sociali, si è dimostrato molto soddisfatto per essere riuscito a traghettare i ventisette ad un accordo: “E’ un compromesso importante e rappresenta un netto progresso sociale perché fornisce maggiori garanzie ai lavoratori”. Più scettici i rappresentanti della Confederazione europea dei sindacati che hanno definito l’accordo “inaccettabile e retrogrado”; in sede parlamentare saranno rappresentati e sostenuti dalla sinistra socialista spagnola, per voce di Elena Valenciano, responsabile esteri Psoe: “A parte l’equiparazione degli interinali con gli indeterminati, tutto il resto è da buttare”.


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