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Amburgo e Berlino, i laboratori per uscire dalla crisi
dal nostro corrispondente PIERLUIGI MENNITTI

[26 feb 08] Berlino chiama e Amburgo risponde. Passa dai laboratori politici di queste due città il tentativo di offrire alla politica tedesca strade nuove che facciano uscire il Paese intero dallo stallo politico nel quale pare caduto. Berlino è la città della svolta a sinistra, socialdemocratici più sinistra radicale, benedetta dal sindaco in carica Klaus Wowereit. Amburgo può diventare la prima città a dare vita a un esecutivo tra Cdu e verdi, un’alleanza insolita che può aprire la strada a nuove alternative per il versante conservatore, finora relegato solo all’opzione liberale. Cristianodemocratici e verdi insieme, il partito fondato da Adenauer su solide radici tradizionaliste e cristiane e l’allegra e variopinta brigata dei verdi, gli ex sessantottini che immisero vivacità e trasgressione nella politica tedesca proprio in opposizione alla rigidità dello schema conservatore della Repubblica di Bonn. Oggi, per la prima volta in una grande città, questi due partiti hanno la possibilità di aprire una nuova era nella irrequieta Repubblica di Berlino che non si riconosce più nel paludato ma stabile cliché della tradizione tedesca.

Come Wowereit ha scongelato nella capitale i voti della sinistra radicale e mostra il progetto di un governo tutto a sinistra capace di gestire le contraddizioni di una complessa metropoli europea, Ole von Beust, il borgomastro di Amburgo cui i cittadini hanno confermato il sostegno popolare, può scongelare lo schema delle alleanze ereditato dagli anni di Bonn e dare corpo a un progetto che tenga assieme le ragioni dell’economia di mercato così forti in una realtà portuale globale come Amburgo e quelle di uno sviluppo equilibrato e attento all’ambiente e alla qualità della vita. Di questo si discute nella politica tedesca già da qualche settimana, quando i sondaggi per le elezioni comunali di Amburgo avevano evidenziato il rischio di un ennesimo risultato nullo. Amburgo come Berlino e Brema è città-Stato nel complesso meccanismo del federalismo tedesco. Il voto comunale dunque assume, proprio come nelle altre due città, un valore politico più generale. E le urne hanno confermato i sondaggi: come era accaduto tre settimane prima in Assia, nessuna coalizione tradizionale è possibile: né cristiano-democratici e liberali, né socialdemocratici e verdi hanno la maggioranza.

Rispetto a Wiesbaden, tuttavia, dove ancora si attende che i politici protagonisti di una campagna elettorale insolitamente accesa depongano i risentimenti e diano vita a un esecutivo in grado di amministrare la regione, il voto di domenica ad Amburgo ha anche fatto giustizia di un’altra illusione che serpeggiava in Germania. E cioè che la ragione della sopravvenuta instabilità fosse un mero problema di numeri, del fatto che una quinta forza politica fosse stabilmente entrata nel panorama nazionale. Nella città anseatica entrano in parlamento solo quattro forze, come ai vecchi tempi, ma l’instabilità resta la stessa. Perché è entrata la sinistra radicale e sono rimasti fuori i liberali. Il problema dunque non sta nel dato numerico (cinque partiti invece di quattro fanno saltare lo schema della stabilità tedesca) ma in quello qualitativo. E’ nell’ingresso della Linke a livello federale. In una parola l’ingresso dell’Est (si potrebbe dire la vendetta dell’Est) nella vita politica dell’Ovest, attraverso il sostegno a quella forza politica che più di ogni altra sembra in grado di raccogliere delusioni e rabbia per le conseguenze della riunificazione. Quella che la Sueddeutsche Zeitung chiama con un eufemismo “turbolenta stabilità” non è altro che una sorta di “fattore K” piombato sulla politica tedesca con cinquanta anni di ritardo. Sulle risposte da dare a questa irruzione si intrecciano ad un tempo i destini generali del sistema politico tedesco e le guerre per la leadership all’interno dei singoli partiti.



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