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[18 feb 08]

Memorie di una geisha con i baffi


Kabukicho è per Tokio quello che Soho è per Londra o Pigalle per Parigi. Un angolo della capitale zeppo di locali privati, strip club, love hotel e paradisi artificiali dove perdersi sperando che i propri sogni si trasformino in realtà. O in incubi, a seconda dei gusti. Non sorprende, quindi, che Kabukicho sia affollato perlopiù da impiegati con ancora in mano la valigetta dei documenti, che prima di tornare a casa si concedono qualche ora di svago e di relax e scarichino lo stress del lavoro, enorme da queste parti, conversando con una giovane ragazza e sorseggiando una qualche bevanda alcoolica. Sì, perché come al solito, le abitudini nipponiche sono sovrapponibili solo fino a un certo punto a quelle occidentali. E accade così che nella maggior parte degli hostess club di Kabukicho il sesso non sia assolutamente contemplato nel menù proposto al visitatore. Questi luoghi sono invece i veri continuatori della tradizione locale delle geishe, arte antichissima e sempre morbosamente fraintesa dalle nostre parti.

Erroneamente paragonate alle prostitute nostrane, le geishe erano invece donne di raffinatissima educazione. In grado di padroneggiare le arti più nobili, il canto, la musica, la recitazione, e di eseguire alla perfezione la cerimonia del tè, le geishe intrattenevano e ammaliavano i clienti. Dovevano essere in gradi di dilettarli, ascoltarli, conversare amabilmente con loro con tutta la pudicizia e la dolcezza che si conviene a una donna. Si esibivano truccate con perfezione maniacale in base a tutti i crismi della tradizione e avvolte nei loro elegantissimi e preziosi kimono, che però di sexy hanno ben poco. Insomma, di offrire prestazioni sessuali ai clienti non se ne parlava nemmeno e infatti le più abili fra le geishe lavoravano fino ad età venerabili e senza che questo “svalutasse” il valore della loro compagnia. Ecco, negli hostess club accade una versione moderna e meno raffinata della tradizione descritta. Ragazze carine siedono con i clienti, cercando di farli bere il più possibile (perché è nell’alcool che i clienti spendono i soldi), flirtando con loro e cantando un po’ di karaoke. E poi, ognuno a casa sua. Se si vuole altro, bisogna frequentare altri posti, quelli sotto il controllo diretto della Yakuza.

Ma anche la tradizione conosce le sue evoluzioni, persino nella rigida e maschilista società giapponese. E allora a Kabukicho può succedere che i ruoli si invertano e che ci si trovi improvvisamente davanti a una geisha con i pantaloni e i baffi. E’ quello che succede negli host club, locali che si stanno moltiplicando con grande velocità soprattutto a Tokio o nei quartieri Umeda e Namba di Osaka. Qui le geishe sono giovani ragazzi, di solito non hanno più di 26 anni, vestiti elegantemente e con improbabili chiome cotonate e decolorate, che offrono le loro abilità a una clientela tutta femminile. Pronti a colmare le mancanze dell’uomo medio giapponese, gli host ce la mettono tutta per fare sentire la loro cliente ascoltata e apprezzata, flirtando in maniera vistosa, colmandola di attenzioni e intrattenendola con abili trucchi da prestigiatore o qualche strofa di karaoke. La cliente, che di solito è una donna giovane e bella in cerca di affetto, sceglie il suo host seguendo una rigida etichetta. Alla sua prima visita nell’host club, le viene presentato un menù con una varietà di ragazzi disponibili. Lei ne sceglierà uno che sarà, diciamo, il suo host di riferimento, ma nel corso della serata avrà modo di passare del tempo anche con tutti gli altri ragazzi del locale. Solo dopo questa prima serata, dovrà compiere la sua scelta definitiva e indicare il ragazzo che sarà la sua geisha permanente e che riceverà una percentuale su tutte le future spese (in bottiglie, ovviamente) della cliente. Si può cambiare host solo per motivi molto gravi che devono essere discussi con il club. Insomma, quasi un matrimonio.

Al contrario delle loro controparti femminili, i ragazzi-geisha ricevono una paga base irrisoria e gran parte del loro guadagno proviene dalle percentuali sulle consumazioni delle clienti, soprattutto di quelle fisse. La competizione è comprensibilmente spietata e molti ragazzi si ritirano dopo pochi mesi. I prezzi delle consumazioni, invece, sono esorbitanti e raggiungono i tre milioni di yen (poco meno di 20mila euro) per una bottiglia di champagne, la cui richiesta di solito viene salutata come una vera e propria epifania da tutti i ragazzi del locale.  Le clienti possono anche consumare a credito, riservandosi di pagare a fine mese. Se però non lo fanno, anche dopo tutte le sollecitazioni del caso, sarà il loro host permanente che dovrà saldare il conto ai gestori del club. A complicare ulteriormente il tutto, si aggiunge il fatto che le clienti donne tendono a bere molto meno degli uomini e quindi i ragazzi-geisha si vedono costretti a trangugiare in fretta gran parte dell’alcool ordinato e dal quale dipende la parte più cospicua del loro compenso. Questo, però, a lungo andare ha delle serie ripercussioni sulla salute degli host, che dopo alcuni anni di questa vita, per evitare la cirrosi epatica, sono costretti a lasciare la professione. Quando si dice i lavori usuranti.

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