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Maroni lancia le linee guida sull’immigrazione
Il ministro ha annunciato strategie e progetti su clandestinità e sicurezza.
A cominciare dalla battaglia per fermare la piaga dei bambini-mendicanti.

di STEFANO CALICIURI

[26 giu 08]
“Chi è entrato in Italia in maniera illecita è clandestino, punto e basta”. Lo ha affermato il ministro agli Interni, Roberto Maroni, nel corso della relazione sulle linee programmatiche del ministero di fronte alla commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati. E subito dopo ha annunciato il piano per tamponare l’emergenza rom: “Prenderemo le impronte digitali dei bambini cosicché, a censimento completo, possano essere tolti dalla strada”. Chi non rispetta il divieto di mandare i bambini ad esercitare l’accattonaggio sarà sollevato dalla patria potestà. Una misura estrema ma che intende finalmente scrivere la parola fine allo squallido mercato dei minori, troppo spesso considerati semplicemente come una merce da “buttare sulla strada per attirare l’elemosina dei passanti”. Dall’opposizione si sono sollevate voci di protesta, e qualcuno ha anche gridato alla schedatura etnica. “Non è così – è stata la pacata reazione di Maroni - sarà un censimento vero e proprio svolto all’interno dei campi nomadi per garantire a chi ha il diritto di rimanere di poter vivere in condizioni decenti”.

Si è poi accennato alla proposta di sanare la posizione delle badanti, idea lanciata l’altro ieri dal ministro Mara Carfagna in collaborazione col collega Maurizio Sacconi. In sostanza, attraverso il provvedimento “salva-badanti”, potrà ottenere il permesso di soggiorno soltanto chi assiste “persone che abbiano compiuto il settantesimo anno di età, oppure siano affette da gravi patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza e dispongono di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento”. Escluse dunque le baby-sitter e gli altri mestieri in qualche modo legati alle famiglie: cuochi, autisti, dog-sitter. Il ministro Maroni, pur riconoscendo la necessità di salvaguardare “chi svolge lavori socialmente utili”, ha puntualizzato che in materia di immigrazione clandestina non si possono fare deroghe: in sostanza, gli irregolari sono tutti uguali e devono essere allontanati dal territorio italiano. Semmai, si può ancora intervenire sulla definizione delle categorie lavorative, considerate troppo generiche: “C’è l’eventualità – ha spiegato il ministro agli Interni - che arrivino migliaia di ricorsi da parte di chi ha presentato richiesta di permesso e viene invece escluso pur avendo i requisiti”. Secondo la relazione originale, quella redatta da Carfagna e Sacconi, la nuova norma rappresenterebbe una deroga alla legislazione in materia di immigrazione e riguarda soltanto le domande presentate entro il 31 maggio 2008 nell’ambito del decreto flussi. I datori di lavoro o il lavoratore straniero stesso hanno tempo sino al prossimo 30 settembre per integrare la domanda di regolarizzazione che prevede, tra le altre cose, anche il certificato che dimostra la presenza dei requisiti richiesti per l’assistito italiano. Ad oggi sono state inoltrate circa mezzo milione di domande; i dirigenti dello sportello unico per l’immigrazione prevedono che tra queste saranno circa il 15 per cento ad essere accettate e regolarizzate.

Secondo Maroni non si può chiudere un occhio di fronte a casi particolari, oltre a creare dei precedenti, si tratterebbe di una ingiustizia e di una discriminazione vera e propria. “O si è clandestini, o non lo si è”, è stato il suo commento di fronte alla commissione parlamentare. E ha precisato: “Non c’è un modo per sanare i giusti e mandare indietro gli ingiusti. Faccio fatica a definire queste figure intermedie di semiclandestini. E poi perché la badante sì e il muratore con tre figli no? Perché una badante che si occupa di una persona di settant’anni sì e quella che segue una persona di 69 no? Si fa fatica a trovare una logica. E dunque respingo la morale di chi chiede al governo intransigenza delle leggi e poi chiude tutte e due gli occhi per interessi personali. Questa doppia morale non mi appartiene”.


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