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L'EREDITA' DI VELTRONI, IL SINDACO DELLE "BUCHE"
Il nuovo sindaco Alemanno alle prese con il disastro dei conti del Comune di Roma. Tagli alla spesa e liberalizzazioni le ricette per uscire dall'impasse.
di FEDERICO PUNZI

[24 giu 08]
Il manto stradale di Roma, anche nelle arterie principali, è costellato di buche ampie e profonde. Un incubo per automobilisti e motociclisti, perché le buche sono la causa diretta o indiretta, ogni anno, di incidenti spesso piccoli ma qualche volta tragici, che aggravano la spesa del sistema sanitario nazionale e fanno lievitare i costi assicurativi. I romani continuano a chiedersi come mai nessuna amministrazione sia fino ad oggi riuscita a porre rimedio a un problema che riguarda la sicurezza e l’incolumità di tutti i cittadini e che dovrebbe rientrare tra le principali preoccupazioni di un Comune. Da qualche giorno, al problema delle buche nelle strade si è aggiunto quello del grande buco lasciato da Walter Veltroni nel bilancio comunale. Una tale voragine, caso unico in Europa, che quella dell’ex sindaco e attuale leader del Pd verrà ricordata come un’amministrazione all’insegna delle buche. A presentare i dati ufficiali al Consiglio comunale di Roma è stato il neosindaco, Gianni Alemanno, accompagnato dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La relazione è firmata da un soggetto non di parte, la Ragioneria dello Stato, e quindi lascia davvero pochi dubbi che possa essere frutto di propaganda. Secondo il rapporto, di 34 pagine, il “debito nominale”, ovvero “contrattualizzato”, del Comune di Roma, al 31 dicembre 2007, ammonta a 8,151 miliardi di euro, cui vanno aggiunti “ulteriori investimenti da finanziare con il ricorso al mercato creditizio” per 1,544 miliardi previsti dal bilancio comunale 2008-2010 e altri 660 milioni necessari al completamento delle linee metropolitane a partire dal 2010. Considerando anche il debito programmato, quindi, l’indebitamento totale raggiungerebbe il valore complessivo di circa 9,7 miliardi di euro.

Si legge in cima al rapporto: “Il Comune di Roma non è stato in grado di generare un proprio equilibrio di parte corrente. Ma ha dovuto attingere, in modo sempre più marcato, alla liquidità destinata agli investimenti, senza però essere in grado di generare un surplus di entrate libere per poterla ricostruire, creando un cosiddetto debito di flusso. Questo debito rappresenta l’entità del riequilibrio strutturale che serve perché l’Ente possa ritrovare un proprio equilibrio duraturo dalla parte corrente di bilancio. E’ stato stimato in circa 1.089.698.012 di euro l’entità del riequilibrio strutturale necessario al Comune di Roma”. Tutto questo significa che ogni anno la spesa corrente genera ulteriore debito per un miliardo di euro. Il Comune di Roma, prosegue il documento della Ragioneria, “versa in una situazione di grave difficoltà finanziaria, sia per quanto concerne la competenza, e ancor più per quanto concerne la cassa, con una tendenza, a politiche invariate, al peggioramento nel 2009 e 2010, esercizi sui quali si scaricherà sicuramente un maggior costo del debito”. Senza “un’inversione di tendenza”, non si garantisce “la sostenibilità finanziaria, nemmeno nel breve periodo”. Entrando in Campidoglio, dunque, Alemanno ha trovato le casse vuote, un bilancio che prevede opere pubbliche per i prossimi anni, ma per le quali non ci sono coperture. Tra le principali voci responsabili della crisi di liquidità ci sono anche “la mancata riscossione di ingenti importi” dalla Regione e dallo Stato e 869 milioni anticipati alle municipalizzate. Bisogna poi considerare i “derivati” sottoscritti (pari a circa 3 miliardi), una vera e propria incognita, e alcuni “presunti debiti fuori bilancio” (720 milioni).

Si tratta di quei dati di bilancio “occultati”, a cui si riferiva Alemanno. Aziende, società partecipate (127 milioni da Ama e circa 100 dalle società del trasporto pubblico), che si reggevano in piedi vantando di poter riscuotere crediti da istituzioni, Comune compreso, nei cui bilanci invece non compaiono come debiti. Standard and Poor’s non ha affatto smentito, come si legge nei comunicati degli esponenti del Pd, la situazione debitoria del Comune di Roma. Anzi, l’ha confermata. Solo rispetto all’occultamento dei dati, si limita a dichiarare di non essere al corrente dell’esistenza di crediti inesigibili presentati come attivi nei bilanci di alcune società ma non registrati come passivi nel bilancio del Comune. Un occultamento la cui natura premeditata o dolosa è ancora tutta da accertare. Nei giorni scorsi, esprimendo “l’approvazione” della Corte dei Conti per la due diligence annunciata dal nuovo sindaco, il presidente della sezione regionale di controllo per il Lazio, Vittorio Zambrano, scriveva che la Corte ha “un interesse specifico per i conti delle società partecipate, il cui andamento, non sempre virtuoso, suscita viva preoccupazione, tanto da ispirare alla centrale Sezione delle Autonomie, in sede di coordinamento, la programmazione di un’indagine a rete sull’intero territorio nazionale”. Alcuni giorni fa, sul sito del quotidiano Il Messaggero è comparso il commento di una certa Mara, che scriveva: “E’ tutto vero. Io sono di sinistra e lavoro da 10 anni nel gabinetto del sindaco. Questo mese Alemanno ci ha fatto lavorare come matti, non ci ha sostituito con quelli del suo partito e non ci sostituirà finché non farà definitiva chiarezza, il gabinetto è ancora quello di Veltroni. In effetti non tornano i conti; la cifra è quella, anzi secondo me anche qualcosina in più; ci sono tante cose che non tornano. Ragazzi, ci sarà aria di tempesta perché Alemanno vuole documentare tutto”.

Tuttavia, l’aspetto più allarmante della situazione non è quello dei dati occulti, né la spesa per gli investimenti, né solo l’entità del debito in se, ma è il debito generato dalla spesa corrente. Insomma, la spesa pazza di un fallimentare modello di governo e di un sistema di potere che si fonda sul procurare lavoro alle proprie clientele con il denaro pubblico. “Al buco si è arrivati soprattutto per colpa della Holding Comune di Roma che con le sue 81 società, composte da 34mila dipendenti complessivi, crea sprechi, inefficienze e replica funzioni”, ha spiegato il sindaco Alemanno. Pensate a quelle 81 società, agli amici degli amici – non c’è bisogno di specificare di chi – che “mettono le mani dappertutto”. Ora bisogna riorganizzare la “holding Comune di Roma”, “snellire e modernizzare, riaccorpare i doppioni, come nel caso dei trasporti”. “L’errore più grande di Veltroni – ha aggiunto il sindaco – è stato quello di andare avanti senza mai prendere in mano la situazione. Cominceremo noi, grazie ai nuovi poteri di commissario per il rientro”. Tagli alla spesa e liberalizzazioni, sono le strade maestre indicate da Alemanno. E’ ragionevole, e responsabile da parte del nuovo sindaco, che in una tale situazione ad essere sacrificate siano innanzitutto le voci di bilancio che ricadono sotto la dicitura “circenses”. I grandi eventi culturali “dovranno cambiare pelle”, ha anticipato il nuovo sindaco: “Saranno gli sponsor a promuoverli. Non deve e non può più essere il Comune. Anche la Notte Bianca, con gli sponsor giusti, potrebbe tornare. Ho detto che non si farà più perché non ci sono fondi per realizzarla così come era stata concepita. Ma questo non vuol dire che non si possa ripristinare con risorse nuove”. “Il piano di rientro e la legge per Roma Capitale saranno pronti in autunno, quindi la Provincia sarà accorpata”, ha annunciato Alemanno. Su questo è d’accordo anche il presidente Zingaretti. Inoltre, sono in vista liberalizzazioni dei servizi pubblici: “I privati devono entrare nella gara. Il project financing sarà la parola chiave che useremo in tutti i settori”, ha precisato il sindaco.

Smentendo nei fatti quanti come Rutelli, in campagna elettorale, avevano provato a far leva sulla paura dei romani per il presunto atteggiamento anti-romano della Lega, il governo ha sbloccato subito 500 milioni di euro per Roma. “I colleghi della Lega si sono dimostrati molto responsabili. La verità è che in questo momento, per quanto sia paradossale, sono i nostri migliori alleati. Noi siamo i primi ad usufruire della loro proposta di federalismo fiscale”, ha spiegato Alemanno. Il federalismo, infatti, ha assicurato, “farà bene anche a Roma”, perché la capitale è “un contribuente attivo netto. Riceve un decimo delle tasse che i suoi cittadini pagano allo Stato”. Nel Pd si è aperto il “processo” al candidato uscito sconfitto dalle elezioni e alle sue strategie, ma è per il fallimento di Roma che i democratici dovrebbero “processare” Veltroni e cacciarlo dalla guida del partito. E archiviare il veltronismo, come il bassolinismo, tra le pagine più brutte della politica italiana.


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