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SE MENO PRECARI SIGNIFICA PIU' DISOCCUPATI
Si fanno sentire i primi effetti del Protocollo sul welfare: i lavoratori a "rischio precarietà" scendono ma aumentano i giovani senza lavoro. E la CGIL esulta.
di FRANCESCO PASQUALI

[13 giu 08]
Il Protocollo sul welfare comincia a mietere le prime vittime tra i giovani con rapporto di lavoro flessibile e il sindacato si conferma incapace di leggere e governare i mutamenti del mercato del lavoro. Un recente rapporto sui lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata Inps, effettuato dall’Osservatorio sul lavoro atipico, costituito da Nidil-Cgil, Ires e dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma, indica che nel 2007 i lavoratori cosiddetti a “rischio precarietà”, sono passati dagli 858.388 del 2006 agli 836.493. Si tratta di una platea costituita perlopiù da under 35. La riduzione di circa 20mila posti di lavoro, oltre ad essere interpretata dagli autori come un segnale positivo, viene attribuita – si legge nella ricerca – al positivo effetto di tre azioni: “la lotta alla precarietà e alle false collaborazioni (anche a seguito di varie visite ispettive), l’aumento del contributo pensionistico di ben 5 punti percentuali rispetto al reddito, che ha reso meno conveniente per le aziende il ricorso alle collaborazioni, e gli incentivi alla stabilizzazione, che hanno introdotto una legislazione premiante per le aziende che trasformano le collaborazioni in lavoro dipendente”. E’ evidente che la missione della Cgil sia indirizzata alla eliminazione della precarietà, anche al costo di peggiorare la condizione occupazionale dei giovani.

Il rapporto della Cgil non ci spiega che fine abbiano fatto questi 20mila lavoratori. Sono alla ricerca di una nuova occupazione? Svolgono un lavoro a tempo indeterminato? O, peggio ancora, sono finiti ad ingrossare le file del sommerso? Limitarsi a sostenere che il numero dei precari sia diminuito grazie alle misure introdotte dal Protocollo sul welfare è una mezza verità. La Cgil omette l’altra faccia della medaglia: il precariato è stato sostituito da un male peggiore e cioè dalla disoccupazione. Le ultime indagini Eurostat, infatti, hanno registrato un aumento progressivo del tasso di disoccupazione giovanile in tutti i trimestri del 2007(oltre il 20 per cento). Il Protocollo del 23 luglio ha introdotto una serie di misure che puntano all’eliminazione della flessibilità con un tratto di penna. Lo sciagurato aumento della contribuzione, da un lato ha diminuito le opportunità occupazionali di quanti sono alla ricerca di un primo impiego senza nessuna reale compensazione in termini previdenziali, dall’altro ha ridotto l’importo netto in busta paga. I lavoratori con lavoro atipico, grazie al governo Prodi, sono nella migliore delle ipotesi più poveri.

Il Protocollo è la sintesi dell’azione sindacale degli ultimi anni per quanto concerne la flessibilità: ciò che non si è in grado di governare si elimina. Non sorprende quindi che tra i lavoratori con contratto di collaborazione in monocommittenza, circa un milione, soltanto poche migliaia (circa 20 mila) siano iscritti ad una sigla sindacale e altrettanti partecipino alle elezioni degli organi collegiali. Ma a far cambiare idea ai giovani parasubordinati non sarà di certo la campagna informativa messa in campo dalla Nidil-Cgil proprio in vista delle prossime elezioni degli organi collegiali presso la gestione separata dell’Inps. La strada della propaganda non aiuta i giovani con lavoro flessibile che hanno potuto registrare direttamente in busta paga i danni prodotti dal Protocollo sul welfare. Il rinnovo degli organi collegiali può rappresentare un momento importante per far riflettere il sindacato sugli enormi errori commessi. I parasubordinati, con il proprio voto, hanno infatti l’opportunità di mettere fine a questa dannosa e falsa rappresentanza portata avanti dalle confederazioni e promuovere quegli interventi che migliorano la qualità della loro condizione occupazionale.


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