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PD-RADICALI, MATRIMONIO ALL'ITALIANA
Piatto ricco per i radicali, che riescono a strappare al Pd condizioni favorevolissime. Ma lasciano sul tavolo delle trattative la testa di Pannella.
di
FEderico Punzi

[22 feb 08] Nove deputati; un ministro in caso (remoto) di vittoria del Pd; 3 milioni di euro in 5 anni (600 mila l'anno); qualche spazio in tv. E passa la paura. Emma e i ragazzi si sono sistemati, l'hanno vinta sul Papà-Pannella che avrebbe voluto continuare a coltivare il sogno di una battaglia solitaria contro tutti, contro “Veltrusconi”. Ma dopo aver gettato al vento occasioni d'oro - come nel biennio 1999-2001, in seguito a quel grande successo dell'8,5 per cento preso alle elezioni europee - negli ultimi anni Pannella si è piegato ad un paterno realismo, pensando anche al futuro dei suoi “ragazzi”. Una signora offerta quella del Pd, di quelle che non si possono rifiutare, anche considerando che l'alternativa era restare di nuovo fuori dal Parlamento. E i radicali, con lo stile che li contraddistingue, si sono persino permessi di accettarla mostrando di turarsi il naso (“Ci assumiamo la responsabilità di subire l'impostazione alternativa di inserimento di candidati radicali nelle liste del Pd, nonostante continuiamo a ritenerla meno efficace”). Ma non c'è ombra di dubbio che quella di ieri notte sia stata la decisione più sensata. Rimane un mistero, infatti, come un partito che ha sempre fatto del bipartitismo una bandiera, proprio oggi che le scelte di Veltroni e Berlusconi sembrano favorire la tendenza verso quel tipo di sistema, potesse impuntarsi come un cespuglio qualsiasi sulla visibilità del proprio simbolo sulla scheda elettorale.

Il vero dissidio, tra Emma e Marco, si è consumato all'inizio, quando dal Pd era trapelato l'interesse di avere nelle sue liste la Bonino e altre due donne radicali. Per Emma l'accordo con il Pd non è mai stato in discussione. Perché alla sua età e dopo un anno e mezzo al governo non aveva davvero alcuna voglia di tornare al Cairo. E perché tutti a Torre Argentina erano consapevoli di quanto fosse difficile raggiungere anche il 2 per cento con il proprio simbolo apparentato al Pd, figurarsi il 4 per cento da soli. Si trattava solo di strappare condizioni talmente vantaggiose da rendere impensabile persino per Pannella opporre veti. Da qui l'idea del bluff di qualche giorno fa, su cui Emma e Marco hanno concordato: quel rilancio in cui si chiedevano a Bettini 15 eletti e 5 milioni di euro. E’ andata di lusso e non c'è dubbio che i radicali abbiano trattato con grande abilità, ricavando il massimo da ciò che ormai è l'unico tesoro che possiedono: l'immagine di Emma Bonino. Ma l'apparenza non inganni. E’ un'immagine in progressivo ridimensionamento, perché se qualche anno fa la Bonino avrebbe potuto imporsi come leader politico e ambire persino alla presidenza del Consiglio, oggi la sua figura appare scesa di qualche piano, a livello di uno stimato ministro quasi "tecnico", capace e leale, e soprattutto in ottimi rapporti con gli imprenditori del nord.

E’ il frutto del modo in cui ha interpretato il suo ruolo di ministro nel governo Prodi. Tanto efficiente negli incarichi che ha ricoperto, quanto remissiva nel promuovere l'agenda radicale. E chi non vorrebbe nelle proprie liste un funzionario fedele, per di più donna, che non crea problemi ed esegue il suo compito spesso con risultati eccellenti ma senza disturbare i veri manovratori? Così la Bonino in questi mesi ha promosso se stessa: dinanzi a Prodi, a D'Alema, a Montezemolo. E’ ciò che ha scelto di fare da grande: dimostrare d'essere un ottimo funzionario senza rischiare di correre anche come leader politico. Per carità, legittimo, ma adesso Pannella e i radicali per sopravvivere sono costretti ad aggrapparsi alla Bonino, un marchio di efficienza e affidabilità per qualsiasi politica, da Berlusconi a Prodi, fino a Veltroni. Ormai sia la strategia che la tattica sono condizionate dalla carriera politica della Bonino, dalla quale in definitiva dipende anche la sopravvivenza di tutti gli altri. C'è da chiedersi, a questo punto, se davvero il partito "appartenga" ancora a Pannella o se non gli stia lentamente scivolando via di mano, deludendo tutti coloro che da anni sono invece in attesa di uno scontro epico con uno dei suoi "figli".

Bravi i radicali, dunque, ma anche favoriti da una congiuntura positiva. Per avanzare una proposta così ghiotta, evidentemente Veltroni doveva tenere davvero molto ad avere Emma Bonino in lista, tanto da accettare di esporsi alle accuse degli avversari (il Pd che non corre più da solo, ripresentando una coalizione eterogenea, dalla Binetti alla Bonino) e alle critiche interne da parte dell'ala teodem. Il segretario del Pd deve aver ritenuto preferibile correre il rischio di perdere qualche voto al centro pur di coprire due fianchi altrimenti scoperti. Di Pietro sul fronte dell'anti-politica, del “grillismo” e del giustizialismo, mentre sul fronte laico e dei diritti civili la presenza della Bonino dovrebbe quanto meno scongiurare eventuali emorragie di voti, a causa della timidezza del Pd, verso la "Cosa rossa". Adesso occorrerà dare dei volti a questi nove nuovi “radical-democratici”: sicuri Bonino, Bernardini, Coscioni, Cappato, Turco, Beltrandi e una tra Zamparutti e Parachini. Chi saranno gli altri due?



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