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ISTAT: "E' LA CRISI PIU' GRAVE DEGLI ULTIMI 12 ANNI"
Inflazione record, costi di produzione in aumento, salari bloccati. Cresce il prezzo degli alimentari e dei combustibili.  E si ritorna a parlare di tesoretto.
di STEFANO CALICIURI

[01 apr 08] Ci risiamo col “tesoretto”. L’Istat pubblica i dati relativi all’andamento economico, dei prezzi, delle entrate e dell’inflazione nel primo trimestre 2008 e c’è già chi parla di come reinvestire le ipotetiche entrate supplementari. Se è pur vero che le entrate sono aumentate del 10,1 per cento rispetto lo stesso periodo dell’anno scorso (20,4 miliardi di euro contro i 19,1 del 2007), è altrettanto vero che l’inflazione a marzo è schizzata al 3,3 per cento, contro il 2,9 di febbraio: un livello così alto non lo si raggiungeva dal mese di settembre del 1996. Le rilevazioni dell’istituto nazionale di statistica dicono anche che i prezzi alla produzione siano aumentati di oltre il 5 per cento in un solo mese. Quali sono le cause dell’impennata? Innanzitutto la crescita costante del prezzo dei combustibili (il greggio ha toccato un picco di crescita di quasi il 20 per cento) e dell’energia che, a cascata, si riflette su tutti i comparti essenziali. Il prezzo del pane sale del 13,2 per cento tendenziale, la pasta del 3 per cento se ci si riferisce alla comparazione mensile ma del 17 per cento su base annua. Il prezzo del latte è salito del 10,5 per cento tendenziale. Seppure non a questi livelli, rincari anche per la frutta, gli ortaggi e la macelleria. Pesante crescita anche per i trasporti: 5,8 per cento. Gli unici comparti che hanno segnato un trend tendenziale negativo sono quelli relativi alle comunicazioni (sceso del 2,1 per cento) e ai servizi sanitari e spese per la salute (- 0,3 per cento).

Stangata anche sul fronte del gasolio che ha toccato un aumento tendenziale del 20,2 per cento. Il prezzo del prodotto finito alla pompa non è mai stato così prossimo a quello della benzina, che pure ha visto un rincaro del 2,1 per cento su scala mensile e del 21 per cento su scala annua. I soli prodotti petroliferi raffinati sono cresciuti del 29 per cento su base annua. In netta crescita anche i prezzi alla produzione: a febbraio, trascinati dai costi dell’energia, hanno registrato un rialzo del 5,7 per cento. Se dalle medie statistiche si toglie il prezzo dell’energia, il risultato per gli italiani non è comunque roseo. I prezzi rispetto allo stesso periodo del 2007 sono aumentati del 3,4 per cento, rispetto a gennaio del 5 per mille. L'aumento tendenziale dell'indice di febbraio è il più elevato da agosto 2006 (+ 6,6 per cento). Per gli italiani si prospetta un 2008 nero. Come se non bastassero gli aumenti dei prezzi di tutti i comparti, anche sul fronte della tassazione le cose non vanno meglio. Dalle Finanze comunicano che le entrate fiscali a marzo sono aumentate del 10,1 per cento rispetto lo stesso mese dell’anno scorso. Questo significa che le casse dello Stato si sono arricchite di quasi tre miliardi di euro. Sempre dal ministero fanno sapere che se l’andamento continuerà su questi ritmi, l’ipotesi “tesoretto” sarà una realtà più che verosimile. “Nonostante il peggioramento del quadro macroeconomico nazionale ed internazionale - si legge in una nota - questo andamento delle entrate segnala dunque che, se verrà mantenuta la politica del recupero dell’evasione e dell’elusione fiscale, anche nei prossimi mesi le entrate rispetteranno le stime per il 2008 e l’anno si potrà chiudere con un possibile extragettito”.

Ritorna dunque quella parolina tanto cara al tridente Prodi, Visco, Padoa Schioppa: “tesoretto”. E’ un’immagine offuscata della realtà: non si può dare una connotazione positiva ad un concetto che invece preme, e entra, nelle tasche degli italiani. Se da una parte si prende, dall’altra non si dà. I salari e gli stipendi sono infatti bloccati, mentre aumentano prezzi di produzione e tassazione. Il problema sarebbe da risolvere a monte: offrendo maggiori opportunità d’investimento alle aziende e tagliando il più possibile i costi delle attività, soprattutto in fase di start-up. Non è più tempo di contentini o di benefit una tantum: il mondo del lavoro è arrivato ad un punto di non ritorno. Soltanto producendo, vendendo e consumando a ciclo continuo si può garantire una reale circolazione di denaro e, di riflesso, un aumento dei salari. La differenza tra populismo e realismo è molto sottile. Sostenere le aziende non significa aiutare i “ricchi”, significa soprattutto aiutare a lunga scadenza tutti i lavoratori direttamente coinvolti nei cicli produttivi. La povertà non si combatte regalando una monetina al mendicante, si combatte creando gli strumenti utili affinché riesca lui stesso a guadagnarsela.


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