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Cloverfield, manifesto di un'era
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I giovani tuareg di
Francesco Delzio

di Stefano Caliciuri

[22 feb 08]

Elogio della vecchiaia. Anche in politica

Addio giovinezza è il titolo di una celebra operetta che diede luogo a un noto inno. Poi abbiamo vissuto o subito un giovanilismo oscillante tra destra e sinistra, fino al 1980. Solo nei paesi comunisti vigeva una rigorosa gerontocrazia: o di fatto, come nell’Unione Sovietica, o di principio come in Cina. A Roma un latinista reazionario diede da tradurre per l’esame di latino scritto alcuni pensieri di Mao: prescrivevano il massimo rispetto per gli anziani.

Oggi “largo ai giovani” è di nuovo il motto della campagna elettorale in corso. Il Pd, prima ancora di nascere, invitava al nuovo. Ora che è nato prematuro (sarebbe sleale dirlo abortito) polemizza contro i settant’anni di Berlusconi e contro la sua pretesa di tornare al governo addirittura per la terza volta. Anche all’interno della ex Casa delle Libertà c’è o c’era chi auspicava un ricambio generazionale. La gioventù – che nella gerarchia ecclesiastica era considerata come “un difetto di cui ci si corregge ogni giorno” – sembra sia diventata una carta magnetica per entrare in politica. Peccato che si smagnetizzi presto. Per chi non accede all’agone politico la gioventù si associa nell’immaginario alla qualità di pensionato. Prese separatamente, le due qualità di giovane e di pensionato sono negative, ma prese insieme sono la prerogativa dell’uomo di successo. C’è chi nasce stanco, ed è un male; ma c’è chi nasce pensionato e vigoroso al tempo stesso, ed è una fortuna.

In politica, però, fino al Sessantotto il giovanilismo di destra o di sinistra stava all’opposizione. Al governo si avvicendavano personaggi intramontabili come Fanfani (detto “il Rieccolo”) o Giulio Andreotti, che già da lattante era un senatore a vita. Oggi, per contro, essendo difficile correggere la carta di identità, la si nasconde per mostrarsi giovani, o “ancora giovani”, o, alla peggio, “sempre giovani”. Eppure alla presidenza della Repubblica abbiamo un personaggio che con la speranza di vita di un tempo sarebbe stato giudicato un matusalemme. E altri presidenti, non più giovani di lui, passati i sette anni nascondevano poco e male il desiderio di vedersi rinnovare il mandato.


 

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