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Ambiente urbano: la sfida di New York
di GIANGUIDO PIANI

[27 mar 08] Dall’ambiente urbano dipendono salute, consumi energetici, fabbisogno di trasporto e molti altri fattori di sviluppo e benessere, ma l’argomento è purtroppo tra i grandi assenti della campagna elettorale. L’ambientalismo è stato ridotto solo agli slogan di “opposizione del non fare” o di “ambientalismo del fare”, senza entrare nello specifico riguardo il fare che cosa, come e a quali costi e per ottenere quali risultati. Molto diverso è il caso di New York e del suo sindaco Michael Bloomberg, uno dei politici americani più popolari. Da sempre democratico, nel 2001 Bloomberg si è candidato con i repubblicani e ha vinto le elezioni poco dopo l’attentato alle Twin Towers, in continuità con la politica di Rudolph Giuliani. Bloomberg ha identificato le sue sfide in istruzione, lotta alla povertà, vivibilità e sviluppo futuro della città. Riguardo quest’ultimo, la considerazione di partenza è molto semplice: nel 2030 la popolazione di New York avrà nove milioni di abitanti, un milione più di oggi. A causa, però, di un’infrastruttura antiquata, edifici inefficienti, fabbisogni crescenti e limitazioni di mercato, i costi energetici crescono di continuo e causano anche emissioni sempre maggiori di anidride carbonica. Al contrario, con investimenti in energia pulita e tecnologie efficienti si potrebbero risparmiare miliardi di dollari l’anno e ridurre notevolmente le emissioni di gas serra.

Per affrontare questi problemi e canalizzare al meglio gli investimenti, è stato definito il piano “New York 2030”, orientato ad azioni sinergiche nei principali settori infrastrutturali, come edilizia, ambiente, trasporti, energia e servizi, con l’obiettivo esplicito di migliorare la qualità della vita urbana. Il piano è stato discusso con la popolazione durante un periodo di alcuni mesi e presentato da Bloomberg nella sua forma finale il 22 aprile 2007, giornata mondiale della Terra. Uno dei punti principali è il verde urbano, indispensabile per due ambiziosi obiettivi: la riduzione del fabbisogno di riscaldamento o raffreddamento grazie alla funzione microclimatica delle zone verdi e il raggiungimento della migliore qualità dell’aria tra tutte le grandi città americane. Il programma prevede di impiantare un milione di nuovi alberi entro pochi anni e presenta un principio semplice e chiaro: in futuro, la distanza massima per raggiungere un parco o zona verde da un qualsiasi punto della città non dovrà superare i 10 minuti a piedi. Sulla base di questo principio, l’area dove sarà localizzato un parco o un giardino non potrà essere occupata da altra cubatura e anche parte dell’attuale superficie dedicata a strade e parcheggi dovrà essere riconvertita. La tempistica del piano è ambiziosa ma concreta e sono prese in considerazione solo tecnologie già esistenti e provate. Gli interventi sono stati divisi in base ai finanziamenti necessari e ai loro tempi di realizzazione e le azioni più efficaci sul breve termine sono già state avviate, senza comodi rimandi al futuro. Inoltre, il piano è scritto in maniera semplice e comprensibile, senza espressioni formali e legalistiche, ed è così accessibile a ogni persona interessata. La sua lettura rappresenta un’ottima lezione di politica moderna e pragmatica.

Una novità del piano “New York 2030” è che esso non demanda le soluzioni a un mercato astratto, ma ristabilisce un ruolo guida per la pubblica amministrazione. Si prenda ad esempio il settore elettrico: il blackout di alcuni giorni dell’estate 2003 ha trovato le società elettriche impreparate nel fornire risposte adeguate e nel piano i mercati liberalizzati dell’elettricità sono definiti “complicati, inefficienti, inadeguati sia per la gestione del sistema elettrico sia per procurare capitali di investimento”. La risposta è oggi un Energy Planning Board che riunisce l’amministrazione pubblica e le principali società elettriche e al quale spetta prevedere la domanda e definire i piani di offerta di elettricità. Questo rende possibile il confronto diretto tra progetti di costruzione di nuove centrali e programmi di risparmio e facilita a sua volta l’identificazione di misure di efficienza energetica economicamente sostenibili; crolla però il principio della concorrenza pura e del mercato come strumento ultimo per trovare le soluzioni meno costose e più efficaci. Bloomberg stesso si è più volte espresso a favore della tassazione dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra e contro il lasciare solamente a mercati astratti la ricerca di soluzioni nei settori energetico e ambientale. Il piano per New York offre la giusta combinazione di definizione del problema, presentazione di una strategia a lungo termine e ripartizione dei dettagli operativi tra i diversi attori pubblici e privati, il tutto in una visione fortemente innovativa ma pur sempre realistica nell’identificazione delle soluzioni. Quando vedremo un approccio simile anche in Europa e in Italia?


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