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Il deficit liberale dei conservatori tedeschi
dal nostro corrispondente PIERLUIGI MENNITTI

[04 mar 08] Tutta colpa della sigaretta. La politica tedesca, a volte, riserva lati surreali che stridono con il cliché che vorrebbe i politici di questo Paese sempre seri ed equilibrati. Sì, la Csu – la costola social-conservatrice bavarese della Cdu – prende in casa una delle batoste più grandi della sua storia. Le elezioni comunali di domenica l’hanno vista arretrare in tutta la regione. Nelle grandi città ha trionfato una Spd che, a livello nazionale, viene descritta come il grande malato della politica tedesca. A Monaco, il borgomastro uscente dell’Spd ha vinto con un vantaggio del 40 per cento sullo sfidante della Csu. E anche a Norimberga il sindaco uscente socialdemocratico ha ottenuto il 64 per cento: per quanto scontate fossero tali riconferme, la misura della sconfitta per i cristiano-democratici è enorme. La Csu vacilla aggrappata a una leadership debole e bizzarra, una diarchia composta da Erwin Huber alla guida del partito e Günter Beckstein a capo del governo regionale. Paga l’assenza di uomini forti, che nel bene e nel male hanno interpretato lo spirito forte e conservatore di queste terre, da Joseph Strauss a Edmund Stoiber. Quest’ultimo ha lasciato una compagine lacerata dalle faide interne che hanno segnato il suo tramonto politico. E il rovescio elettorale delle comunali fa addirittura intravvedere la possibilità che la Csu possa perdere la maggioranza, dopo oltre cinquant’anni di governo, alle prossime elezioni regionali di autunno, la vera posta in palio. Ma la colpa è della sigaretta.

Sì, tutto questo non sembra preoccupare i vertici del partito di Monaco. La colpa è della sigaretta. Ovvero della legge sul divieto di fumo in tutti i locali pubblici, kneipe e ristoranti compresi, che gli uomini della Csu, in onore al vecchio motto “ordine e legalità”, avevano voluto presentare dura, durissima. La più repressiva fra tutte le leggi emesse in questi mesi nei vari Länder della Germania. Il presidente della regione Beckstein ha trovato la soluzione: alleggerire la legge e ovattare le polemiche: non avevamo descritto la scorsa settimana una Germania un po’ italiana?   Ma se è vero che questa legge ha creato polemiche e risentimenti tra i poveri bavaresi costretti a rinunciare a bionde, sigari e pipe tra una birra e l’altra, è ancor più vero che le ragioni della sconfitta sono innanzitutto politiche, e con il tabacco hanno poco a che fare.

Condizionati dalla dimensione regionale del partito bavarese, i commentatori politici hanno focalizzato sui partiti nazionali l’attenzione sui cambiamenti in corso nel panorama politico tedesco. Ma accanto all’instabilità complessiva, all’irruzione della Linke, al declino dei grandi partiti di massa, alle nuove e inedite alleanze che si profilano nel futuro, la caduta della Csu in Baviera è l’ultimo tassello che mancava al quadro. Adesso il caos è completo. E, come sempre, le opportunità si moltiplicano. I socialdemocratici sembrano trovare nella Germania del sud una nuova frontiera, anche se le aspettative adesso si fanno un po’ troppo grandi e il distacco a livello regionale resta davvero difficile da colmare. Tuttavia, se imposterà la sua battaglia solo sull’alleggerimento del divieto di fumo, la Csu potrebbe anche perdere la maggioranza assoluta e allora i giochi potrebbero davvero riaprirsi.

La crisi della Csu, tuttavia, sembra anche essere la spia di una più generale crisi dei partiti conservatori in Germania. Da mesi, i periodici di informazione politica più attenti alle dinamiche del Paese, segnalavano un poderoso slittamento a sinistra dell’opinione pubblica tedesca che ha in qualche modo investito anche le linee programmatiche dei partiti. L’ascesa della Linke, ormai stabilmente sbarcata anche nelle regioni dell’ex Germania ovest, ha costretto l’Spd a una virata programmatica verso sinistra, nel tentativo (finora senza successo) di arginarne la crescita di consensi. Di conseguenza anche il governo di Grossa Coalizione ha iniziato a pendere verso sinistra: riforme di tipo liberale al palo e accresciuta conflittualità nella coalizione. Anche la Cdu si è mossa verso il centro, con una politica di tipo sociale molto accentuata che è divenuta la linea guida dell’azione di Angela Merkel. La cancelliera è anzi la punta di diamante di quel centrodestra continentale che ha abbandonato le linee guida del neoliberismo degli anni Ottanta (quello del binomio Thatcher e Reagan, per intenderci) per riabbracciare le teorie dello stato sociale di mercato su cui la Germania del dopoguerra ha costruito il suo benessere e la sua stabilità democratica.

La Merkel intende così tranquillizzare un elettorato assai scettico sugli effetti positivi della globalizzazione, anche se la Germania ha saputo affrontare le sfide dei tempi nuovi, come testimonia il successo del suo export, la dinamicità del suo comparto industriale, la riduzione della disoccupazione, dovuta in gran parte alle riforme liberali introdotte dal precedente governo di Gerhard Schröder, che tutt’oggi godono di (immeritata) pessima fama. La Merkel vola nei sondaggi. Il suo partito no. E la debacle della Csu può complicare le cose, sia in vista delle prossime amministrative che delle elezioni nazionali nel 2009. Le analisi sulla composizione degli elettori nelle recenti amministrative ad Amburgo, in Assia e in Bassa Sassonia, indicano che l’elettorato dei conservatori invecchia sempre di più. L’istituto di ricerca elettorale di Mannheim ha calcolato che, fra i giovani elettori di Amburgo, l’Spd ha ottenuto il 43 per cento, la Cdu solo il 16. Il fatto che nella città anseatica il partito della Merkel abbia nettamente vinto non rassicura riguardo al futuro. La domanda che circola fra le teste d’uovo dei cristiano-democratici è se la miscela di destra sociale (Merkel) e destra identitaria (Koch) che ha confusamente prevalso all’interno del partito sia quella giusta per guardare con fiducia agli interessi del Paese e ai prossimi appuntamenti elettorali.



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