Questo sito è ottimizzato
per Internet Explorer.

(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Redazione: piazza Sant'Andrea della Valle, 6 - 00186 Roma
Tel: 0668135132 - 066872777 - Fax: 0668135134
Email: redazione@ideazione.com

L'Europa sceglie il modello lib-lab?
di GIAMPIERO RICCI

[16 mag 08] Da secoli incanalato in una dialettica Labour-Tories, lo scenario politico nel Regno Unito potrebbe essere davvero giunto improvvisamente al cospetto di un inaspettato e radicale mutamento del proprio assetto. In pochi hanno rilevato come, se fosse confermata alle prossime politiche (presumibilmente nel 2010) la tendenza che vuole il New Labour in forte arretramento non solo nei confronti dei Tories di Cameron ma anche dei liberaldemocratici, si assisterebbe ad una divisione quasi paritaria tra le due opposizioni di ciò che resta del consenso elettorale. Insieme, liberaldemocratici (24 per cento) e laburisti (22 per cento) sorpasserebbero nel voto proporzionale i Conservatori, pur venendo sconfitti in ragione della legge uninominale a turno unico; i laburisti potrebbero quindi essere costretti a ragionare su eventuali convergenze verso gli eredi dei Whigs, per evitare una lunga marcia nel deserto dalle molte incognite che gli orfani di Tony Blair non è affatto certo siano in grado o abbiano voglia di affrontare.

L’Economist, al cospetto degli insuccessi di Gordon Brown e della paurosa china del New Labour, giudica la situazione politica venutasi a creare paradossale poiché va considerata come una storica vittoria culturale dei laburisti, l’aver costretto i Tories ad un blairismo da destra, quale appare in effetti la veste programmatica del nuovo Partito conservatore dopo la revisione imposta da Cameron. Va, però, ricordato anche che ad aver rinnegato la sostanza della battaglia anti-thatcheriana e propriamente socialista fu proprio il Tony nazionale e con lui un partito che oggi fatica a trovare un’identità rimasta probabilmente troppo in ombra dietro il carisma del leader. Il dialogo lib-lab in Gran Bretagna e i suoi possibili sviluppi ricordano da vicino, per l’opportunità politica in cui si svolgerebbero, quanto è capitato alla sinistra italiana, messasi alla ricerca di nuovi orizzonti culturali, oltre che politici, individuati poi nel contenitore-sintesi del Partito democratico. Ma oltre a ciò, è impossibile non rilevare che lo stesso Partito democratico americano è con buona approssimazione un contenitore lib-lab, con le dovute sfumature, eccezioni e incongruenze dovute alla logica fusionista che informa il partito dell’asinello, oltre quello dell’elefantino.

La tendenza diventa il segno di un processo diffuso più di quanto si pensi, se si osserva come la stessa analisi valga anche per il risultato delle ultime elezioni politiche francesi che incoronarono Sarkozy. Lì un Partito socialista ridotto ai minimi termini e con una carenza cronica di leadership tentava al secondo turno un apparentamento con il centro cristiano democratico di Bayrou, manovra che già in quei momenti faceva parlare anche in Francia della esigenza della nascita di un Partito democratico. Se a questo uniamo le evidenti pulsioni tedesche per la democrazia diretta, ecco che può rilevarsi come in larga parte dell’Europa continentale la crisi del socialismo e la necessità di semplificazione, di riforme economiche e istituzionali ad ogni livello stia generando una più o meno marcata spinta dal basso per la riforma dei sistemi politici in senso “americano”. Europa continentale e Regno Unito si incontreranno quindi dopo secoli di scontri sanguinosi, rivalità geopolitiche e tradimenti, finalmente negli Usa? Una evoluzione tutta da seguire e condizionata nel breve e medio termine dalla tenuta dei partiti liberal-conservatori, le cui defaillances (vedi il momentum negativo del presidente Sarkozy) possono trasformarsi in positivi elettrochoc per i socialismi europei agonizzanti.

Ma resta il fatto che i partiti liberal-conservatori europei – con l’unica eccezione tedesca – appaiono già ben orientati verso logiche fusioniste, sebbene in modo embrionale e ciascuno secondo la propria specificità nazionale. E resta soprattutto il fatto che nel lungo termine, magari dopo un ulteriore fallimento al governo, diverrebbe evidente – come lo è stato nel caso italiano – come quel tax and spending che resta l’unico minimo comun denominatore dei collettivismi europei, in cui si traducono ancora oggi tutte le istanze profonde del pensiero politico post-marxista, sia oggi ben chiaramente percepito dalla popolazione europea non più come una medicina, bensì come un veleno che il sistema politico per conservarsi inietta in società già provate dalle evidenti difficoltà ad adeguarsi alla globalizzazione. Il processo politico europeo in atto, dunque, è un qualcosa da cui il Regno Unito non si distingue. E questa è già di per sé storia.


Le riflessioni di un filosofo
sul mondo che cambia.

_____________

Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere.
_____________

_____________
IL POST

I migliori post del giorno selezionati dai blog di Ideazione.

_____________
IDEAZIONE DOSSIER
Analisi, approfondimenti
e reportage.

IDEAZIONE VINTAGE
Il meglio dei primi quattordici anni della rivista bimestrale.
_____________
I BLOG DI IDEAZIONE

---

---

---

---



Il governo del premier è un bene
di Daniele Capezzone



Il risveglio
anseatico

di Pierluigi Mennitti



Lost
in translation

di Massimo Lo Cicero



Le favole non diventano realtà
di Barbara Mennitti



L'agguerrito ritorno di Michael Moore
di Domenico Naso



Marco Casella, l'importanza della politica estera
di Stefano Caliciuri