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Afshari: la questione iraniana passa per la democrazia
di
MARTA BRACHINI

[11 lug 08] Il 9 luglio 1999 il ministero dell’Interno iraniano decise la chiusura del giornale universitario Salam, di ispirazione riformista. Gli studenti dell’Università Amir Kabir di Teheran, dopo essersi appellati inutilmente all’allora presidente Mohammad Khatami, organizzarono massicce manifestazioni nella capitale che furono duramente represse dalle forze speciali. Ali Afshari, leader storico del movimento studentesco iraniano Daftar-e Tahkim-e Vahdat (Dtv), è in visita a Roma a nove anni da quel giorno per ricordare che l’associazione studentesca non è stata completamente ridotta al silenzio. Vive oggi negli Stati Uniti come dissidente ed afferma con convinzione, durante la conferenza stampa organizzata dall’Adn Kronos, che sono “i diritti prima della questione nucleare” gli argomenti da affrontare per far pressione sull’Iran perché “l’atomica in un regime democratico non è più una minaccia”. Tre leader del suo movimento sono ancora in carcere, altri sono a rischio espulsione dalle università e più di duecentocinquanta giornalisti hanno preso “le stelle” (simili a veri e propri cartellini gialli che li avvisano di una sicura punizione alla prossima mossa falsa). Lo stesso Afshari venne arrestato con l’accusa di aver attentato alla sicurezza nazionale e condannato a più di 400 giorni di isolamento. Non ha mai abbandonato la sua battaglia per l’affermazione della democrazia e dei diritti umani in Iran.

“Ahamadinejad - dice - sta alzando un muro sulla società iraniana. Il nostro compito è quello di impedire che quel muro venga completato”. Per far questo è necessario tenere viva l’attenzione del mondo occidentale sulla dinamica società iraniana. “Il futuro e il destino dei cittadini iraniani sta nelle mani di movimenti sociali come quello degli studenti, delle donne, dei sindacati, dei professori universitari”. Per questo ha espresso pieno apprezzamento per la proposta dell’Associazione giovani ebrei d’Italia, appoggiata dal Riformista ed accolta dal sindaco Alemanno, di chiamare la strada dove ha sede l’Ambasciata iraniana “via del 9 luglio”, a memoria delle lotte studentesche per le riforme. La situazione interna dell’Iran oggi non è buona, lo ammette lo stesso Afshari nell’intervista che ci ha concesso: “Le problematiche sono innumerevoli. La principale però è una situazione economica catastrofica. La gente comune sente molto questo problema. La presidenza di Ahamadinejad e le sue politiche hanno contribuito al deterioramento della già cattiva gestione economica del Paese. Alcuni esperti ritengono che proprio l’economia potrebbe essere il motivo scatenante di una grande rivolta che potrebbe partire dai sindacati e coinvolgere gli strati sociali più deboli della popolazione. Tutto potrebbe partire da semplici dimostrazioni di protesta”.

Ma politicamente non sembra esserci alcuna speranza di cambiamento poiché “la stretta oppressione di questo governo sulla società continua. Non viene tollerata alcun tipo di attività indipendente proveniente dalla popolazione. Cercano di bloccare in partenza qualsiasi iniziativa diversa da quelle di tipo religioso. E l’opposizione politica, la parte riformista, non ha un ruolo effettivo al momento e in generale nessuno di loro ha scelto comunque un approccio di opposizione radicale al governo. Sono tutti consapevoli che il problema centrale è innanzitutto quello di cambiare la costituzione. E’ questo il fattore chiave che può portare riforme, benessere, giustizia e libertà al popolo iraniano”. Abbiamo chiesto, infine, quanto spazio rimane a una visione ottimistica su un possibile cambiamento (pacifico) della situazione in Iran: “La risposta dipende da come gli stessi cittadini iraniani, intendo gli attivisti, riusciranno a combinare insieme gli elementi di malcontento economico con quello politico. Generalmente chi protesta per motivi economici non è interessato a problemi legati ai diritti democratici. Il cambiamento che cercano riguarda la loro situazione individuale e non quella della società in generale. Ma l’abilità degli attivisti sta appunto nell’incoraggiare la loro mobilitazione. Tuttavia sono ottimista perché la stessa situazione dell’Iran, dello Stato e del governo iraniano, non può andare avanti così com’è. Perché le sfide che deve affrontare potrebbero porre seri problemi, soprattutto se si basano su una società instabile e inaffidabile. Questi elementi potrebbero portare al cambiamento.” La prima regola per un attivista politico, in fondo, è la tenacia.

           


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