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Il Pd e l’incomprensibile tabù delle correnti
di ANTONIO FUNICIELLO

[10 lug 08] Uno degli aspetti più incomprensibili della nuova stagione veltroniana è, fin dall'inizio, l’ostilità verso le correnti. Veltroni proprio non ne vuol sentir parlare. Al primo accenno alla parola corrente, anche se la parola stessa indica tutt’altro - un soffio di vento, un movimento dell’acqua, la danza tipica piemontese dei suoi amici Chiamparino e Morando - il segretario del Pd si rabbuia in viso e perde la sua proverbiale serenità. Sa bene che funziona ovunque così e che più grande è il partito in cui ti ritrovi (e Veltroni ha costruito il più grande dei partiti di centrosinistra mai visti in Italia), più numerose sono le correnti che ne animano la vita interna. Niente da fare: di correnti non si può parlare in nessun modo e in nessun caso.

Eppure Blair conquistò la leadeship del Labour acuendo drammaticamente la dialettica tra le sue correnti interne. Lo stesso, seppure con toni più morbidi, riguardò Zapatero in Spagna all’epoca della sua fortunata ascesa alla guida del Psoe. Il travaglio dell’Spd è oggi sotto gli occhi di tutti. In Francia, nelle file del Partito socialista, è in corso uno scontro durissimo tra le correnti di Delanoe e Royal. Quanto agli Stati Uniti d’America, quello che è accaduto negli scorsi mesi intorno alla sfida tra Barack Obama e Hillary Clinton, e che ha contribuito in maniera decisa a creare il trionfante e immaginifico “mito Obama”, è già oggetto di libri e seminari di approfondimento. Non esiste partito in una qualsiasi democrazia avanzata d’Occidente nel cui seno non si assista a lotte fratricide, lacerazioni pure teatrali e altrettanto repentini ricongiungimenti, talora apparentemente bizzarri, ma spesso precursori della vittoria finale contro il partito del segmento opposto di arco costituzionale.

Cosa succede se si misconosce la funzione della dialettica tra le correnti? Nascono le correnti segrete, che delle società segrete di un tempo serbano molte caratteristiche. Primo: chiunque appartenga ad una corrente, interrogato sul fatto e sull’esistenza di quella corrente medesima, nega risolutamente di appartenervi e che quella corrente esista addirittura. Secondo: chi aderisca ad una corrente segreta, come gli apprendisti della vecchia e gloriosa Carboneria, non è messo al corrente di tutti gli scopi sociali, che restano prerogativa solo dei più fidati. Terzo: le nostre correnti segrete si riuniscono in sedi dai nomi stranissimi. L’ultimo nome stranissimo è ReD (acronimo di Riformisti e Democratici) che, sebbene a quei superficialoni che non hanno avuto una rigida formazione hegeliana, come l’autore di questo articolo, ricordi il baffuto generale Red del cartone animato Dragon Ball che sognava di diventare più alto, raccoglie da qualche settimana i maggiorenti dalemiani.

Le correnti segrete non possono, per definizione, produrre una trasparente e razionale dialettica tra posizionamenti e orientamenti diversi; dialettica che, come già detto, costituisce il vero apparato circolatorio di qualsiasi partito. Le correnti segrete producono invece una dialettica segreta, la quale piuttosto che rappresentare l’elemento di salute maggiore del partito, corrisponde a una specie di potentissimo veleno che ne logora tutti gli organi vitali, pregiudicandone le funzioni fondamentali. Un disastro. Se poi un partito nasce avendo già incorporato nel suo gracile organismo questo veleno, che quasi finisce per sostituire il sangue che dovrebbe fluire nel suo apparato circolatorio, quel partito nasce veramente male. E dovrà in futuro essere sottoposto a radicali trasfusioni per sanare il suo deficit genetico ed espiare tutte le conseguenze di questo assurdo peccato originale.

Per scongiurare simili scenari, Veltroni dovrebbe rilanciare una forma-partito che si nutra di un dibattito interno trasparente, visibile all’esterno nei modi e nei tempi che producono la propria linea politica. Si chiacchiera tanto del radicamento del Pd. Il fattore principale di successo del radicamento di un grande partito popolare consiste proprio nel garantire che la discussione interna, a tutti i livelli, sia accessibile a tutti i potenziali elettori. Veltroni ha voluto uno Statuto in tal senso rivoluzionario. Ebbene, è una contraddizione in termini ottenere delle regole interne che puntano al coinvolgimento del maggior numero di persone e, contemporaneamente, contrastare lo sviluppo di una dialettica trasparente tra sensibilità e proposte differenti. Con lo Statuto di cui il Pd si è dotato, fondato sul virtuoso meccanismo dell’incontro tra iscritti ed elettori “primaristi”, chiudere il dibattito interno nella logica delle correnti segrete equivale da erigere una diga contro il radicamento popolare. Con questa storia delle “correnti segrete” il Pd sta giocando col fuoco; il rischio di appiccare il fuoco a tutta la baracca democratica è davvero alto.


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