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Independence Day, la celebrazione della democrazia
di PEPPE CARIDI

[04 lug 08] “No taxation without representation”: è questo slogan popolare che guida la ribellione delle colonie britanniche Americane nell’estate di 232 anni fa. La classe dirigente risponde al sentire comune con grande spirito di identità, democrazia e giustizia firmando la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America: è il 4 luglio 1776. Oggi è festa negli States: si celebra l’Independence Day, molto più che un semplice giorno segnato in rosso sul calendario. Ogni anno il 4 luglio l’America rinnova il proprio sentimento che emerge dalle parole, chiare e scandite, di quella dichiarazione che ha rivoluzionato più di ogni altro evento al mondo il sistema amministrativo degli Stati moderni, rinnovando la democrazia delle polis greche nell’era della modernità.

Thomas Jefferson, John Adams, Benjamin Franklin e gli altri redattori diedero forma a quella che può essere definita la sintesi di un perfetto manuale di scienza politica, con una chiara percezione della concezione del potere e delle legittime finalità del governo: la teoria di un “giusto ordine politico” che possa amministrare uno Stato nel miglior modo possibile. Negli Stati Uniti non si celebra questa giornata solamente per rivivere nostalgie di tempi passati, o per dare la giusta riconoscenza a quel mondo di intellettuali che diede vita a quella che è ancora oggi la più grande potenza del pianeta: è bensì un giorno importante perché rinnova ogni anno lo spirito di ogni statunitense che si riconosce nei valori e nei principi di quella dichiarazione, tanto lungimirante quanto intrisa di un denso significato politico che ha posto le basi per quella democrazia ritrovata della società moderna: il 4 luglio 1776 nascono gli Stati Uniti d’America nelle tredici colonie firmatarie, e nasce una nuova società ben differente rispetto al mondo dell’Europa.

In America si farà strada la cultura del pluralismo, che sostituirà la tolleranza al contrario di un’Europa in cui ancora per un secolo e mezzo la storia sarà costretta ad archiviare tirannidi, dittature, persecuzioni, violenze, fanatismi e in cui proprio la “tolleranza” viene vista come una grande forma di apertura e rispetto dell’altro. E così dietro ai pic-nic, alle grigliate sui barbecue e alla giornata passata in famiglia da tutti gli americani, dietro le parate militari e i fuochi d’artificio, si cela la voglia di testimoniare con orgoglio e dignità quello che è un manifesto valoriale della concezione del mondo statunitense, quel mondo in cui avere determinati valori (democrazia e libertà), significa essere riconosciuti e accettati nella società senza alcun tipo di differenziazione di razza, sesso o religione.

Questa, in un certo senso, è la festa di tutti noi. La festa di chi crede in una determinata cultura, e di chi si riconosce nell’identità di libertà e democrazia che la Dichiarazione d’Indipendenza professava tanti anni fa con queste parole: “Noi riteniamo che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili: fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità; riteniamo che allo scopo di garantire questi diritti sono creati fra gli uomini i governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; crediamo che ogni qual volta una qualsiasi forma di governo tende a negare tali fini, è diritto del popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare sicurezza e felicità”. Firmato: Founding Fathers, i “padri fondatori”.


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