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Internazionale socialista, cambiare per non sparire
di ANTONIO FUNICIELLO

[03 lug 08] La stato di salute di un’organizzazione politica è inversamente proporzionale al numero dei suoi vicepresidenti. L’Internazionale socialista, che ha concluso ieri ad Atene i lavori del suo XXIII congresso, di vicepresidenti ne ha rieletti 37, leggasi: trentasette. Un numero che da solo basterebbe già a commentare le fattezze assunte dall’associazione di tutti i socialisti del mondo. Dei tre giorni di congresso greco dell’Is, sui media italiani non s’è vista traccia. Poca roba sui siti del Partito socialista ex boselliano e dei fu Democratici di sinistra, i due partiti italiani membri dell’Is e presenti ad Atene. In tal senso, bizzarra è la situazione dei fu Ds: partito chiuso ormai in Italia, eppure ancora membro effettivo dell’Is, con tanto di delegazione ufficiale al congresso. Episodio che la dice lunga sull’organizzazione che nel mondo può vantare il record dei vicepresidenti.

L’Internazionale socialista conta oggi 102 partiti membri effettivi, 30 consultivi, 14 invitati e 10 organizzazioni associate. Lo slogan del XXIII congresso, che ha confermato in apertura il figlio di Papandreu presidente dell’Is, è stato “Solidarietà globale: il coraggio di fare la differenza”. I lavori sono stati scanditi secondo quattro sessioni: cambiamenti climatici, pace nel mondo, problemi dell’economia globale e immigrazione. Tutto lo scibile umano raccolto in tre giorni. Massimo D’Alema, uno dei 37 (trentasette) vicepresidenti dell'IS, ha tuonato nel suo intervento: "Una visione neoliberista ha prevalso per lungo tempo in tutto il mondo, soprattutto l’idea che, liberando il mercato dal peso della politica, dello Stato e delle ideologie, avremmo vissuto nel migliore dei mondi possibili. Oggi tutti hanno capito che quella non era la verità”. Andiamola a vedere qual è la verità.

Se si scorre la classifica mondiale delle stime sul PIL 2008 (dati del Fondo Monetario Internazionale, tratti dall'ultimo World Economic Outlook dell’ottobre 2007), si nota che delle venti nazioni più industrializzate, che producono la quasi totalità della ricchezza mondiale, i socialisti dell’Is ne governano soltanto tre. Una - il Regno Unito – com’è noto ancora per pochi mesi; un’altra – l’Australia - dopo un domino pluriennale dei conservatori; l’ultima - la Spagna - con merito, ma senz’altro per sbaglio, visto il calcio di rigore senza portiere che Aznar concesse a Zapatero all’ultimo minuto della campagna elettorale del 2004, accusando per fini propagandistici l’Eta della strage di Madrid, voluta invece da Al Qaida. In nove delle venti nazioni in classifica (Usa, Giappone, Cina, Russia, India, Corea del Sud, Iran, Taiwan, Indonesia), l’Is non ha in attività un proprio partito. In Germania l’Spd governa con la Cdu, toccando i minimi storici di gradimento nei sondaggi e perdendo tutte le tornate amministrative. In Francia, Italia, Canada, Brasile, Messico, Polonia, Olanda, i partiti dell’Is sono, infine, all’opposizione. Dei Paesi del G8, i socialisti governano solo il Regno Unito. L’anno prossimo, nell’incontro previsto alla Maddalena, con la certa sconfitta del Labour alle elezioni non governeranno nemmeno quello e saranno fuori dal più importante Forum politico internazionale. L’Is è in forte arretramento anche nella roccaforte del vecchio continente. Partiti socialisti governano solo 5 paesi della famigerata Europa a 15. Pochi anni fa erano il doppio.

Per uscire dalla crisi di irrilevanza politica in cui versa, l’Internazionale socialista dovrebbe anzitutto ammettere che trattasi appunto di “crisi”. Al momento, stando al tono medio degli interventi del XXIII congresso, proprio non se ne parla. Eppure negli anni Novanta i partiti socialisti hanno concluso percorsi di grande rinnovamento culturale, che hanno contraddistinto una fase di recupero di credibilità rispetto al fronte conservatore che aveva spadroneggiato nel decennio precedente. Si tratterrebbe di riprendere da dove si è interrotto, per ridisegnare il profilo del fronte progressista mondiale interagendo strutturalmente con i partiti di sinistra non d’ispirazione socialista. Smontare, dunque, l’Is per dare vita a un’internazionale progressista che si riconosca in tutti i riformismi che oggi operano nel mondo. Un progetto a basso rischio e ad altissimo potenziale rendimento.


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