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Il Medio Oriente fa spazio alle donne
di BRUNO PAMPALONI

[26 giu 08] Si chiamerà Tejarati Holding Co. Kscc la prima compagnia di investimento islamica interamente fondata, diretta e pensata per le donne. E a fine giugno sarà pronta ad operare sul mercato del Kuwait. Il capitale sociale (30 milioni in valuta locale) è aperto soprattutto al sesso femminile. Si tratta di 300 milioni di “pezzi” a disposizione dei singoli azionisti, che dovranno possederne un minimo di 100mila. Per acquistare azioni ci sarà tempo fino al 30 giugno. “Forse non riusciremo a soddisfare tutte le domande di sottoscrizione, che sono molto più ampie del capitale a disposizione. Per questo, in futuro, ci proponiamo di ampliare la base azionaria e di stabilire nuove filiali”, ha detto Haya Al-Sahli, a capo del comitato fondatore. Tejarati Holding sarà la capofila di alcune società con forti potenzialità di crescita. Attualmente sono in fase di conclusione gli accordi con partner operanti in diversi settori economici. “Ci impegneremo seriamente per raggiungere i nostri obiettivi di sviluppo strategico”, ha aggiunto Haya Al-Sahli.  

Secondo la responsabile del comitato fondatore, la compagnia intende “aumentare il ruolo della donna nel processo di sviluppo del Paese”. Haya Al-Sahli si augura ancora che il “progetto possa avere un forte impatto in tutta la società del Kuwait”. Anche se si tratta di un’impresa “al femminile”, Tejarati Holding Co KSCC è stata pensata “per creare valore per gli azionisti” e, dunque, non mira ad alcuna discriminazione di genere. Il che, tradotto, significa assunzione di chiunque (anche maschi dunque) venga ritenuto capace di contribuire al successo della compagnia. “Tejarati ha già individuato alcuni partner strategici, sia a livello di società che di singoli. E alcuni di quest’ultimi sono uomini. Il 51 per cento della holding resta comunque composto da donne. Molte di loro hanno esigenze, ambizioni e obiettivi particolari che non sono stati soddisfatti dalle aziende attualmente operative in molti settori d’impresa. Perciò abbiamo deciso di compiere questo passo”, ha detto Nabeela Al-Anjeri, coordinatore generale della compagnia. “Le donne avranno sicuramente buone possibilità di migliorare le loro competenze, e di investire in campi quali l’istruzione o la salute. Vogliamo anche collaborare con organismi internazionali come la World Woman’s Banking Union”, ha concluso Al-Anjeri. Vi è da sperare che, per davvero, nei Paesi arabi le spinte della globalizzazione stiano favorendo una società più aperta verso il sesso femminile e le minoranze in genere.

 

Lo confermerebbero le notizie provenienti in questo senso anche dal Bahrain. Manama, infatti, ha nominato ambasciatrice presso gli Stati Uniti una donna ebrea, Huda Nunu. In Bahrain si aspetta ora la ratifica della designazione da parte di Washington. Nel regno, la popolazione di origine ebraica è composta da 37 persone (su un totale di 667.000 abitanti). Il Paese è l’unico fra quelli del Golfo Arabo ad avere una comunità israelita. Sotto la giurisdizione britannica (1919), il nonno della Nunu, Ibrahim Nunu, fungeva da rappresentante della comunità presso il concilio municipale del Bahrain. Secondo le autorità locali, la nomina di Huda Nunu non risponde ad alcun criterio propagandistico, ma rifletterebbe “il clima di tolleranza verso le minoranze del Bahrain”. Il regno è governato da una dinastia sunnita, che deve fronteggiare le inquietudini e lo scontento della maggioranza sciita. Se accettata da Washington, Huda Nunu sarà la terza donna ambasciatrice di Manama, dopo Sheikha Haya al-Khalifa, rappresentante del Bahrain in Francia, e Shiite Bibi Alawi, nominata appena qualche mese fa ambasciatrice in Cina.


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