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Riabilitare Lukashenko, la mission impossible di Bell
di STEFANO GRAZIOLI

[23 giu 08] Hanno detto di lui che non si farebbe problemi a consigliare Bin Laden. E dopo la sua recente scappatella a Minsk, dove regna ancora quello che è stato definito a Washington “l’ultimo dittatore d’Europa”, c’è da pensare che la battuta del suo biografo non sia stata troppo esagerata. Il fatto è che Lord Thimoty Bell è uno che non si preoccupa troppo di chi ha di fronte. In fondo fa il suo lavoro. Sono gli altri che pagano profumatamente per godere dei suoi servigi. Ed è così che dopo Pinochet, la Thatcher, Boris Eltsin, i minatori inglesi, Boris Berezovsky, il Sultano del Brunei, Viktor Yuschenko, il governo iracheno e Alexander Litvinenko è arrivato anche il turno di Alexander Lukashenko. Giusto per non farsi mancare proprio nessuno.

La sfida è di quelle ciclopiche: dare una bella spolverata d’immagine a un Paese e soprattutto al suo presidente che non godono in Europa di una stampa proprio favorevole. Bell, Barone di Belgravia grazie a Tony Blair dal 1998, non ha rilasciato dichiarazioni in merito alla strategia consultiva, si è limitato a dire che il suo nuovo datore di lavoro vuole che il resto del mondo, quella parte almeno che dubita delle sue qualità democratiche, incominci invece ad apprezzare la Bielorussia e i successi costruiti con la regia del suo capo di Stato. Non è però una questione di sostanza (su cui in realtà ci sarebbe ben poco da discutere), quanto di immagine: d’altra parte è lo stesso Bell che afferma di non farsi guidare nel suo business dalla morale, ma solo da regole giuridiche ed economiche. Punto e basta: “It’s the economy, stupid”.

“Lukashenko non è un dittatore”, ha detto il guru delle pubbliche relazioni in un’intervista rilasciata a un quotidiano tedesco. Chi sostiene il contrario è un ipocrita. “Russia e Kazakistan non hanno elezioni libere. Qualcuno parla di dittatura? Gli Usa hanno Guantanamo e Abu Grahib; Bush è stato eletto da meno del 50 per cento degli americani. E’ questa democrazia?”. Forse si o forse no: ma non è questo il punto, almeno secondo alcuni esponenti dell’opposizione bielorussa che hanno accusato Bell di guadagnare milioni sulla pelle degli altri.

Qualcuno ha detto che quella del barone inglese è davvero una missione impossibile. Lukashenko governa con le maniere forti a Minsk dal 1994 e non ha nessuna intenzione di levare le tende in fretta. L’opposizione è tenuta ben sotto controllo e il regime non dà segni di cedimento. Anche se la situazione economica si aggrava. E’ questo il punto chiave che potrebbe servire da grimaldello a Bell: avvicinare investitori stranieri e ammorbidire la linea di approccio dell’Occidente verso la Bielorussia, magari anche con l’obbiettivo di allinearla alle repubbliche postsovietiche già in parte emancipate da Mosca, come Georgia e Ucraina. Non è chiaro ancora se questa sia l’intenzione di Lukashenko. A giudicare dall’ultimo giro di vite sulla libertà di stampa e la strana nomina di Vladimir Putin a primo ministro della fantomatica Unione tra Bielorussia e Russia sembrerebbe di no. Per Bell c’è molto da lavorare. 


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