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Immigrazione clandestina, reato o contravvenzione?
di VITTORIO MATHIEU

[09 giu 08] Le obiezioni contro il progetto di rendere reato l’immigrazione clandestina sono di due specie. Le une discendono dall’intento di favorire il più possibile l’immigrazione clandestina, e non dobbiamo tenerne conto. Le altre sono dettate dalla giusta preoccupazione di non sovraccaricare la magistratura, dal momento che svolge con inammissibili ritardi i compiti che ha già. Questo secondo tipo di obiezione va discusso attentamente, benché a volte nasconda un pensiero maligno: se affidiamo alla magistratura il compito di difenderci dall’immigrazione siamo fritti, perché i magistrati più attivi desiderano appunto favorire al massimo i clandestini.

Il primo punto è che, nel linguaggio dei codici, i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni. Le contravvenzioni incorrono in sanzioni anche gravi, che raramente però sono irrogate da un giudice. Trovarsi l’auto bloccata da ganasce o, peggio, trasportata in un deposito municipale perché in sosta vietata, è un danno cospicuo, ma è raro che l’eventuale contenzioso giunga fino a un giudice ( anche “di pace”). Analoga la risposta a chi obietta che le carceri sono già affollate e non potrebbero accogliere centinaia di migliaia di clandestini. Oggi si tende a identificare la pena con la pena detentiva, ma questa non è che una delle pene possibili. Accanto alle pene il codice di procedura penale contempla una quantità di “misure cautelari” personali: obblighi, divieti, incompatibilità, misure interdittive. Tra queste non è impossibile includere l’espulsione ad opera delle forze di polizia, così come è incluso il “fermo” per un periodo limitato. In questo tipo di attività l’autorità giudiziaria (in particolare la Procura) ha il compito di controllare l’operato della polizia, non di assumerne il comando diretto. Ciò oggi avviene, ma è un abuso, che può divertire qualche procuratore, ma non serve a garantire i cittadini.

Senza dubbio le idee espresse qui scandalizzeranno molti, ma solo perché si è abituati a confondere le mansioni. Giustizia e difesa sono entrambe compito precipuo dello Stato, ma la loro definizione non dipende dall’arbitrio dello Stato e le autorità chiamate a garantirle sono diverse. Le Procure della Repubblica non hanno il compito di difenderci, ad esempio, dalle invasioni straniere. E queste possono essere di natura molto diversa: avere un carattere militare o non averlo. La decisione dipende dall’invasore e la decisione di come difendersi dipende dalla scelta dell’invasore. Quanto al giudizio su come considerare il tipo di invasione – se sia deleteria, pericolosa, sgradita o eventualmente utile e perfino piacevole – questo va lasciato al governo, controllato a sua volta dal Parlamento.


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